martedì 28 luglio 2020

Galateo ed empatia nelle relazioni

Tra la gente in confusione
di quest'epoca un po' stanca
ci si accorge a proprie spese
che una certa forma manca.

Baci e abbracci son vietati
ci si guarda diffidenti
e restando ben distanti
le emozioni sono assenti.

Galateo è parola antica
degna di una vecchia zia
si recuperi al più presto
per diffondere empatia. 
Dario Amadei

È notizia di ieri (27 luglio 2020) su Forbes, che Adrian Cheng, miliardario di Hong Kong ambasciatore della cultura italiana, ha dichiarato: “Indossare la mascherina è galateo sociale”. Sono rimasta molto colpita da queste parole, perché esprimono un concetto che ho avuto in mente fin dall'inizio della pandemia, ma che non ero riuscita ad esprimere con la parola “galateo”. 
Avere corrette relazioni sociali, adottando parole e comportamenti consoni all'ambiente e al ruolo di ciascuno, rispettare usi e tradizioni, accogliere consapevolmente e avere a cuore persone e luoghi consente di vivere l'ambiente circostante e quello lavorativo in modo positivo e sereno. Salire su un autobus, entrare in un negozio, recarsi in un ufficio, in ospedale, in un ristorante, lavorare in una scuola richiedono da parte nostra atteggiamenti empatici che non dobbiamo dare per scontati, perché non sono abilità sociali innate, ma vengono apprese modellando ed educando la nostra intelligenza emotiva. 
La buona educazione è un concetto che purtroppo ha smarrito il suo significato, si è creduto (io no, sinceramente) che quanto ci è capitato ci avesse reso migliori ed invece non solo non è accaduto il miracolo, ma non ci stiamo neanche lontanamente avvicinando ad un qualcosa che sia simile al bon ton sociale. Ognuno di noi, però, nella propria bolla di realtà può iniziare a prendere lezioni di empatia e galateo per far sì che le relazioni sociali se ne possano giovare. Non è difficile, si può partire recuperando quelle semplici parole gentili come grazie, buongiorno, scusi che al momento hanno smarrito la strada di casa. Accendiamo la lanterna della gentilezza, ci sentiremo tutti migliori.
Elena Sbaraglia




giovedì 23 luglio 2020

Schegge di nati per raccontare: le artiterapie in dialogo con Viviana Rubichi

L'ottavo appuntamento della rubrica "Schegge di Nati per raccontare" è stato con Viviana Rubichi per conoscere l'importanza delle artiterapie.
Viviana Rubichi, docente presso l'università degli studi Guglielmo Marconi, è una nata per raccontare che ci farà scoprire le storie meravigliose e benefiche che si possono raccontare con le immagini.

martedì 21 luglio 2020

Elena Sbaraglia racconta Uno nessuno centomila per Radio Blog

«Che fai?» mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio.
«Niente» le risposi, «mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino.»
Mia moglie sorrise e disse: «Credevo ti guardassi da che parte ti pende.»
Uno degli incipit più famosi della letteratura italiana, quello di "Uno,nessuno centomila" di Luigi Pirandello.
Elena Sbaraglia ce ne parlerà a modo suo, raccontandoci il suo personale "incontro" con questo straordinario romanzo.
Buon ascolto!



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giovedì 16 luglio 2020

Schegge di Nati per raccontare: PerCorsi sensoriali in dialogo con Michela Zanarella

Il settimo appuntamento della rubrica "Schegge di Nati per raccontare" è stato con Michela Zanarella e i suoi PerCorsi sensoriali.
Michela Zanaralla è una nata per raccontare sensibile e attenta che attraverso i suoi incantevoli versi racconta di emozioni e di vita.

martedì 14 luglio 2020

I corpi che abitano gli spazi

In quest'epoca un po' strana per i bambini e in un certo senso invivibile, non si gioca più in strada, non si può più fare perchè le strade sono invase dalle macchine e da pericoli di ogni tipo... Chi come me ha avuto la fortuna di vivere l'esperienza libera dei giochi di strada può sapere quanto è stata importante per comprendere le potenzialità del proprio corpo e per imparare a gestirlo anche nella relazione con gli altri. In alcuni momenti ci si sentiva forti in una maniera invincibile, sani abbronzati dal sole e accarezzati dall'aria con qualunque tempo, perchè sia nel freddo che nel caldo si possono scoprire tesori. I pomeriggi dei bambini di oggi sono gestiti e scanditi da un'attivita sportiva in strutture organizzate (piscine e palestre) che per fortuna esistono, ma che purtroppo vengono inquinate spesso da un avviamento ad un'attività preagonistica/agonistica, o comunque incanalata in schemi rigidi, troppo precoce. Il gioco viene sostituito dal sacrificio, dalla competitività, dall'ansia di raggiungere un risultato a tutti i costi e il bambino non scopre più da solo le potenzialità del suo corpo che lo rendono assolutamente unico, perchè viene imprigionato in schemi che lo costringono a ripetere gesti e movimenti che gli vengono imposti come se fosse una marionetta. Cavalli selvaggi, mustang vengono trasformati in cavalli da circo che danzano sulla pista, polli ruspanti trasformati in polli allevati in batteria. Il corpo viene poi seppellito sotto strati di vestiti che lo mortificano anche in climi non rigidi come il nostro... Spesso incontriamo a scuola bambini con magliette a mezze maniche in pieno inverno che non provengono da Marte, ma da Paesi del Nord Europa dove hanno imparato a non mortificare la termoregolazione... E ci sono mamme apprensive che vorrebbero accompagnare i propri pargoletti in macchina sin dentro la classe temendo di vederli morire assiderati o affogati sotto la pioggia. Si può quindi facilmente comprendere quanto importante sia in questo campo il ruolo delle insegnanti e delle educatrici che devono seguire la crescita del bambino permettendogli di scoprire liberamente la sua corporeità. Importantissimo è anche stimolare la manualità del bambino, spesso soffocata dall'utilizzo sbagliato di dispositivi elettronici, con l'uso di piccoli strumenti e con giochi fatti con ciò che è a portata di mano, che saranno una difesa contro l'uso ossessivo dei videogiochi. 

Queste riflessioni sono precedenti alla pandemia che stiamo vivendo, ma sono così tremendamente attuali, perché oggi più che mai i bambini e i ragazzi sono quelli che maggiormente stanno soffrendo l'immobilità a cui siamo stati tutti costretti. Nella fase della ripresa non si può in alcun modo prescindere da una proposta che viaggi nella direzione del rispetto e dell'avere cura dei messaggi provenienti dal corpo che sono alla base di un'educazione che contrasta i problemi causati dall'ipocinesia. 
Tutto ciò è previsto già nei nidi e nelle scuole dell'infanzia che pianificano le progettualità tenendo conto dei tempi e dei modi di tutti i bambini, accettando ed apprezzando le diversità etniche, culturali, linguistiche, ma anche le ridotte abilità di compagni meno dotati, che spesso sono vissute dai singoli come barriera, come ostacolo e, talvolta, con senso di rifiuto. Perché non ci dimentichiamo che il linguaggio del corpo è anche uno strumento di comunicazione e di relazione. Quando anni fa portammo il mimometro all'interno dei nostri progetti in biblioteca, ci consideravano un po' folli, ma la narrazione passa anche attraverso il corpo e non c'è momento più entusiasmante di quando si lasciano liberi i bambini di interpretare, con la loro corporeità, la storia che hanno appena raccontato. Fateci caso, la prima cosa che fanno i bambini quando entrano in un ambiente è abitarlo, spostando le sedie o altri oggetti per avere la giusta dimensione del movimento dei loro corpi. Quando andranno prese decisioni sul futuro della formazione dei ragazzi, ricordiamoci di permettere loro di vivere, con il proprio corpo, tutte le esperienze possibili, di scoprirne le varie parti che lo compongono, di sperimentare i vari movimenti nello spazio con tempi e ritmi diversi, da soli, con gli altri e con o senza oggetti. Perché se è vero che in questo particolare momento drammatico, i social e i mezzi informatici in genere hanno accorciato le distanze fisiche, sono strumenti che non potranno mai sostituirsi alle relazioni umane.
Dario Amadei e Elena Sbaraglia

lunedì 13 luglio 2020

Dario Amadei racconta "Le fiabe" dei fratelli Grimm per Radio Blog

Ascoltando questo interessante audio di Dario Amadei sulle fiabe dei fratelli Grimm, scoprirete che le fiabe come ve le avete sempre sentire raccontare sono una versione diversa e ben più edulcorata di quelle originali, nelle quali non c'era affatto tanta bontà! Non ci credete? 
Ascoltate questo audio e rimarrete stupiti!


Per contattarci: inf@radioblognews.it
Musica tratta da www.incompetech.com

giovedì 9 luglio 2020

Schegge di Nati per raccontare

Schegge di Nati per raccontare, una nuova rubrica in diretta facebook riservata a tutti i nati per raccontare





Rivedi la puntata su L'insostenibile leggerezza del comunicare con Ludovica Valori


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