lunedì 23 gennaio 2012

Ti racconto un autore - Dario Amadei

Per la rubrica di MagicTV "Ti racconto un autore" Magic BlueRay presenta Dario Amadei e il suo nuovo libro Cronache di Monterotto... un viaggio nella vita di Dario tra passato presente e futuro.

Chi è Dario Amadei, scrittore?  
Io sono una persona come tante in effetti. Però cerco di non lasciarmi risucchiare dal frullatore che oggi sta divorando la vita di tanti. Il mondo moderno impone delle regole e dei ritmi a volte disumani che ti trascinano in una specie di grande frullatore che ti fa perdere di vista quello che poi è lo scopo principale della nostra vita: vivere. E questo perché si dedica tutto il tempo al lavoro, al dovere e alla fine non ne rimane per se stessi. Io credo molto nella lettura e nella scrittura come strumenti che permettono alle persone di riscattarsi da questa situazione. La lettura permette di esplorare dei mondi lontani senza muoversi da casa propria e si può leggere sempre. A me le persone che dicono “Ah io non leggo perché non ho tempo” fanno un po’ tenerezza in effetti, perché se si vuole il tempo per leggere si trova sempre: si può leggere la mattina appena ci si sveglia, la sera quando si va a dormire, ma anche durante il giorno nelle pause delle proprie attività. E i libri hanno questa caratteristica, cioè stanno sempre lì ad attendere e le storie non scadono mai. La scrittura poi è uno strumento potente, se si riesce ad uscire un po’ da quella che è la scrittura imposta dalle scuole, dove viene vista come un mezzo che deve essere assunto come una medicina e spesso i ragazzi scrivono mal volentieri proprio perché sviluppano un’idea sbagliata della scrittura che invece è uno strumento importante per ognuno di noi perché ci permette di esprimerci. A volte in maniera palese, altre volte riusciamo ad esternare dei concetti che altrimenti non avremmo il coraggio di esprimere chiaramente e questo perché li possiamo ammantare di una struttura narrativa che li rende unici.
Quando è nata la tua passione per la parola scritta?  
Il liceo Virgilio e il fiume Tevere rivestono una grandissima importanza nella mia vita, perché in questo liceo ho fatto le esperienze più importanti della mia giovinezza, che hanno poi condizionato tutta la mia vita futura. Ed è stato proprio qui in questa scuola che ho scoperto il mio amore per la scrittura. La mia aula era una di quelle che guardano sul Tevere. Sono poche le finestre della scuola che guardano sul Tevere ed io ho avuto la fortuna di passare tre anni in una di queste aule, quindi anche questo secondo me è stato un segno del destino. Debbo dire che in quegli anni ho seguito molto poco le lezioni, perché passavo la maggior parte del tempo a guardare fuori dalla finestra l’acqua del Tevere che scorreva. Poteva sembrare una perdita di tempo? Mah, in realtà così non è stato, perché il fiume mi ha regalato tantissimi suoi segreti ed io ne ho confidato moltissimi al fiume. Poi gli anni sono passati, io sono stato coinvolto dalla vita in tante altre storie, in tante altre avventure, però quei momenti passati qui nella scuola a guardare il Tevere sono stati i più importanti della mia vita. Quando ci torno, è inutile dirlo, provo sempre un’emozione molto forte e rimango sempre affascinato dal fiume perché penso che lui sta lì che continua a scorrere tranquillo come già scorreva tranquillo centinaia di anni fa, mentre io nel mio corso verso la foce cominciò a perdere colpi dopo una cinquantina d’anni. Comunque anche adesso quando ho un problema o quando ho qualche novità importante nella mia vita, vengo sempre qui, davanti al Virgilio sulla riva del fiume e confido al Tevere, cerco in lui delle risposte. E devo dire che il fiume, adesso come quando ero ragazzo, è sempre pronto a rispondermi nella maniera più giusta.  
Voglio aggiungere due ricordi su tutti, che ho di questo tratto di lungotevere: il primo quando sono venuto la prima volta con mia madre per iscrivermi al primo anno. Venimmo qui un pomeriggio con la sua 500 scassata e quando attraversai il fiume e mi trovai di fronte la costruzione maestosa del Virgilio devo dire che rimasi affascinato ma anche intimorito. Poi un ricordo invece legato più strettamente al fiume: il sabato mattina noi entravamo alle 8 perché poi c’era il collettivo di classe e quindi le lezioni dovevano finire entro mezzogiorno. Mio padre, che lavorava a viale Trastevere, mi accompagnava con la sua macchina e mi lasciava dall’altra parte del fiume. Io ricordo alcune mattine di fine primavera, quasi estate, quando il sabato alle 8 meno un quarto attraversavo questo fiume, c’era una luce, un profumo, un’aria che mi regalavano una grande felicità, una grande speranza per il futuro. Ecco io in quei momenti sentivo veramente che la mia vita futura sarebbe stata meravigliosa.
Perché Cronache di Monterotto?  
Monterotto, dov’è ambientato il mio nuovo libro, è un posto immaginario. Rappresenta la trasposizione letteraria di un luogo, di mille luoghi, di infiniti luoghi direi, che fanno parte della mia vita reale. Quindi, qualcuno che conosce le cose più segrete o più palesi della mia vita, leggendo il libro potrebbe riconoscere dei personaggi, delle situazioni, dei posti. Oppure no, perché poi quando si scrive un libro del genere in realtà è bene che lo scrittore lasci sempre un piccolo mistero da decriptare al lettore. Mi è stato detto che i personaggi di Monterotto sono dei personaggi mostruosi e questo fatto un po’ mi preoccupa, perché in realtà questi personaggi definiti mostruosi si possono incontrare nella vita di tutti i giorni. Quindi questo significa che il mondo moderno sta diventando un po’ mostruoso. Io a questo non voglio assolutamente credere.
Monterotto si chiama “rotto” perché un tempo era sicuramente aggiustato. per quale motivo si è rotto io questo non lo so, i motivi possono essere molteplici. Spero che in un futuro, non troppo lontano, torni ad aggiustarsi e questo accadrà solo se tutto noi ci impegneremo. Io mi impegno quotidianamente, ma questo potrebbe in effetti non essere sufficiente. Sono contento di parlare di Monterotto qui a Piazza Navona perché Piazza Navona è uno dei luoghi importanti di Magic BlueRay. Proprio qui tantissimi anni fa, quando avevo 16 anni, una zingara fece la profezia del delfino: mi disse che io sarei morto prima di quarant’anni, dopo aver avuto tre figli da tre donne diverse. C’ho creduto, non c’ho creduto, questo non si può dire in maniera definitiva: anche se razionalmente non ci credo, quella profezia qualcosa mi ha lasciato dentro. La zingara aveva aggiunto che, dopo la mia morte, mi sarei rincarnato in un delfino e il delfino è diventato uno dei personaggi importanti di tanti miei libri ma è diventato anche l’animale che ha creato Magic BlueRay dal nulla. Quindi io ringrazio quella zingara, dovunque lei sia in questo momento. Magari anche se era solamente una ciarlatana, che per tante volte aveva fatto delle profezie false, questa volta invece ha fatto una profezia importante e che si è avverata, almeno in parte.
Quali sono gli aspetti che rendono Cronache di Monterotto un libro ambientalista?  
Tutti mi chiedono perché Cronache di Monterotto è un libro ambientalista. In effetti il messaggio è molto preciso anche se è posto in una maniera particolare, che non salta agli occhi in maniera evidente come in altre storie, come ad esempio in Un mondo migliore. È ambientato in un futuro prossimo o lontano, questo non si può dire, io spero sia un futuro lontano, anzi io spero che questo tempo descritto nella storia non venga mai. Si parla della Tecnologia Nera. La Tecnologia Nera è l’equivalente di quello che è la magia nera nei confronti della magia bianca. È un tipo di tecnologia che non ha più come scopo il bene dell’umanità, ma ha solo quello di arricchire chi la produce. La tecnologia ha cambiato la storia dell’umanità: le grandi invenzioni dei primi anni del novecento, che hanno poi attraversato tutto il secolo, hanno veramente cambiato la nostra vita, l’hanno resa migliore. Poi però sono cominciate ad apparire, sulla scena della nostra vita, delle invenzioni che ci hanno in effetti invaso. Ma che se ci fermiamo a riflettere un attimo poi, non sono così utili come sembrano e soprattutto vengono usate in una maniera sbagliata. Potrei fare degli esempi, esempi che fanno parte della vita di tutti i giorni, anche se molti non condivideranno quello che sto per dire. Ad esempio il telefono cellulare. Il telefono cellulare è una bellissima invenzione. Mio padre, che lavorava alle ferrovie, per tanti anni ha studiato la possibilità di telefonare dal treno in stazione (perché si potevano creare delle emergenze, ci poteva essere qualcuno che si sentiva male, oppure semplicemente qualcuno voleva contattare i parenti avvertendoli che stava arrivando). Quindi in questo senso il telefono cellulare, che ha superato l’idea iniziale di mio padre del telefono terra treno, è sulla carta un’invenzione molto utile. Il problema è che poi il cellulare non viene più usato in maniera utile, ma diventa uno strumento quasi diabolico. Intanto è diventato un oggetto di culto. La tecnologia ci propone telefoni cellulari che sono sempre più complessi, hanno miliardi di funzioni, sono sempre più costosi, sempre nuovi così veniamo spinti a buttare quello che abbiamo per comprarne un altro. Quindi ci portiamo a casa questi aggeggi, che sappiamo usare per un centesimo di quelle che sono le loro possibilità e ci stiamo ore ed ore attaccati anche se non ne abbiamo bisogno. Così come stiamo ore ed ore attaccati ad internet, finché praticamente il nostro cervello corre veramente il rischio di essere bruciato. Io sono preoccupato soprattutto per le nuove generazioni, perché vedo che tanti ragazzi giovani stanno finendo davvero schiavi di questa tecnologia che sta annientando le loro coscienze e li sta trasformando in robot. Robot che, tra qualche anno, al di fuori del mondo virtuale e di internet, se le cose continueranno ad andare avanti come stanno andando, non saranno più in grado di fare nulla. Qualche giorno fa siamo andati in una scuola ed io debbo dire che ho raccolto le impressioni dei ragazzi, perché si parlava appunto di questo argomento. In questa scuola hanno adottato Cronache di Monterotto ed una ragazza di tredici, quattordici anni mi diceva che il giorno prima era andata a casa di una sua amica… ecco ora andare a casa di un’amica è da sempre stato un momento importante, di socializzazione, un’occasione per scambiarsi delle confidenze, per fare qualcosa insieme… queste due ragazze invece si sono guardate in faccia e dopo un po’ non sapevano più cosa fare, quindi si sono messa ognuna su un computer diverso e hanno cominciato a chattare tra loro nella stessa stanza. Penso che una cosa del genere non abbia bisogno di alcuna spiegazione, penso sia un episodio che definisce in maniera perfetta quello che è la Tecnologia Nera e quello che, diciamo, è lo scopo di Cronache di Monterotto. Cioè quello di diffondere un messaggio tra i ragazzi per sperare che loro veramente, un domani, sentano dentro la necessità non di distruggere completamente il mondo che hanno avuto in eredità dai loro genitori, ma sentano veramente la necessità di rendere il mondo sempre migliore, al di là di tutte le imposizioni, al di là di tutte le mode, al di là di tutte i condizionamenti.
Come ti immagini i tuoi lettori?  
Io ho avuto una grossa fortuna perché negli anni ho incontrato tantissimi dei miei lettori, perché i miei libri sono stati adottati nelle scuole e inseriti nei progetti di lettura e di scrittura. Quindi i lettori più che immaginarli li ho veramente conosciuti. I miei lettori chi sono? Sono ragazzi di tutte le età: i miei libri vengono considerati libri per ragazzi, però in realtà sono rivolti ad un pubblico più vasto, perché anche gli adulti possono trovarci qualcosa d’importante, a patto che siano adulti che sanno ancora sognare. Adulti che non abbiano serrato ancora il cassetto della fantasia, quello famoso, che ci ha descritto un bambino, che sta nella mente di tutti noi e che nei bambini è ben aperto, mentre negli adulti spesso è chiuso, serrato, perché noi adulti corriamo il rischio un po’ di farci coinvolgere e travolgere dalla razionalità. Invece, alcune volte, molto spesso, dovremmo lasciarci andare, perché questo ci fa bene, migliora la nostra vita. E i miei libri, appunto, hanno questo secondo me come caratteristica importante: aiutano la fantasia e permettono alla fantasia di liberarsi e di volare in alto. Spero in futuro di scrivere un libro che definisca bene questo concetto. L’ho già iniziato ed è un libro che ha per protagonista una ragazzina che ad un certo punto, dopo averlo desiderato per anni, riesce ad attraversare la linea dell’orizzonte e lì trova un mondo che l’aspetta e che spiegherà e le farà capire tantissime cose.
Elena Sbaraglia

giovedì 19 gennaio 2012

Nel Pacifico l'Isola della spazzatura per l'80 per cento formata di plastica

Lo chiamano Pacific Trash Vortex, il vortice di spazzatura dell'Oceano Pacifico, ha un diametro di circa 2500 chilometri è profondo 30 metri ed è composto per l'80% da plastica e il resto da altri rifiuti che giungono da ogni dove. "E' come se fosse un'immensa isola nel mezzo dell'Oceano Pacifico composta da spazzatura anziché rocce. Nelle ultime settimane la densità di tale materiale ha raggiunto un tale valore che il peso complessiva di questa "isola" di rifiuti raggiunge i 3,5 milioni di tonnellate", spiega Chris Parry del California Coastal Commission di San Francisco, che è da poco tornato da un sopralluogo.
Questa incredibile e poco conosciuta discarica si è formata a partire dagli anni Cinquanta, in seguito all'esistenza della North Pacific Subtropical Gyre, una lenta corrente oceanica che si muove in senso orario a spirale, prodotta da un sistema di correnti ad alta pressione. L'area è una specie di deserto oceanico, dove la vita è ridotta solo a pochi grandi mammiferi o pesci.
Per la mancanza di vita questa superficie oceanica è pochissimo frequentata da pescherecci e assai raramente è attraversata anche da altre imbarcazioni. Ed è per questo che è poco conosciuta ai più. Ma proprio a causa di quel vortice l'area si è riempita di plastica al punto da essere considerata una vera e propria isola galleggiante. Il materiale poi, talvolta, finisce al di fuori di tale vortice per terminare la propria vita su alcune spiagge delle Isole Hawaii o addirittura su quelle della California.
In alcuni casi la quantità di plastica che si arena su tali spiagge è tale che si rende necessario un intervento per ripulirle, in quanto si formano veri e propri strati spessi anche 3 metri. La maggior parte della plastica giunge dai continenti, circa l'80%, solo il resto proviene da navi private o commerciali e da navi pescherecce.
Nel mondo vengono prodotti circa 100 miliardi di chilogrammi all'anno di plastica, dei quali, grosso modo, il 10% finisce in mare. Il 70% di questa plastica poi, finirà sul fondo degli oceani danneggiando la vita dei fondali. Il resto continua a galleggiare.
La maggior parte di questa plastica è poco biodegradabile e finisce per sminuzzarsi in particelle piccolissime che poi finiscono nello stomaco di molti animali marini portandoli alla loro morte. Quella che rimane si decomporrà solo tra centinaia di anni, provocando da qui ad allora danni alla vita marina.

domenica 15 gennaio 2012

Una volta c'era il pensiero...

Emmaus di Alessandro Baricco
L’io narrante è  un adolescente della media borghesia,  vive la propria fede cristiana condividendola con tre amici Luca, Bobby e il Santo senza contraddizioni o latitanze, con un impegno rigoroso e convinto. Il resto del mondo, quello oltre la parrocchia, l’ospedale dove i ragazzi praticano volontariato, sembra ostinatamente costretto al di fuori. Ma il gruppo percepisce, anche se inconsciamente, che ai margini di quella esistenza c'è un'altra realtà: un universo non attraversato da binari religiosi ma segnato dal disordine, dalla violenza e dal sesso, strade in cui si cammina e si inciampa…
Il romanzo si snoda con movimenti lenti o a tratti velocissimi, storie che viaggiano su un percorso inedito e inconsueto, quello del cattolicesimo praticante, declinato con la formazione di giovani vite: i protagonisti della storia. Tutto si compie, si ripete o si ricompone in un’apparente confusione e mancanza di un fine che in conclusione è solo la ricerca o l’impossibilità di restare sulla strada tracciata dal vecchio o dalla tradizione; lo sguardo non può non vagare oltre, il sesso non può continuare nelle collaudate e quasi incomplete pratiche, l’irrompere sulla scena della bellezza quasi androgina della giovane Andrè dimostra che la vita non è tracciata neanche da una fede che tutto prevede sulle modalità del “come stare al mondo”.
Emmaus è la metafora dell’incapacità di riconoscere nonostante la conoscenza. Come nell'episodio dei discepoli di Emmaus, il brano del Vangelo preferito dai protagonisti, in cui la natura del Messia si rivela quando lui è ormai svanito. E la stessa certezza della conoscenza diviene effimera.
È la parabola dell’irrompere del vero, inteso come contraddizione, domanda, inquietudine, ambivalenza, perché il vero non è VERITÀ, è tutt’altro. Non sarà il cattolicesimo a salvare i protagonisti dalla contraddizione, non sarà il gruppo: se vorrai vedere sul serio, sperimentare la conoscenza con prove ed errori praticherai l’esercizio del dubbio oltre le certezze indotte, accetterai di non capire, aspetterai che il mosaico si componga. Forse.
"Siamo molto normali, non è previsto un altro piano che essere normali, è un'inclinazione che abbiamo ereditato nel sangue. Per generazioni le nostre famiglie hanno lavorato a limare la vita fino a toglierle ogni evidenza – qualsiasi asperità che potesse segnalarci all'occhio umano". E questa presentazione dell’io narrante mi pare la cifra su cui ragionare, il filo d’Arianna da tenere stretto in mano mentre si legge il romanzo.
Ombretta D’Ulisse

venerdì 13 gennaio 2012

Un tè con l'autore - Dario Amadei a Corviale sabato 28 gennaio alle 17:00

WebAppunti di Antonio Trimarco

Le Idi di marzo
"Le idi di marzo, liberamente tratto dall’opera teatrale Farragut North di Beau Willimon, ex aiutante di Hillary Clinton, si apre sulla fase finale della campagna elettorale alle primarie democratiche." (da panoramablog)
"I pugnali delle Idi di marzo possono anche uccidere ma, soprattutto, sono in grado di infliggere ferite che sembrano apparentemente rimarginarsi mentre in realtà danno inizio a un processo di putrefazione delle coscienze che rischia di coinvolgerci tutti." (da my movies).
Forse è ancora più amaro il film di Clooney "Le Idi di marzo" intanto perché sarebbe semplicistico pensare che le dinamiche che vediamo riguardino solo la politica e non tutte le situazioni di potere, rimane dopo il film un amaro in bocca che a voler guardare bene ci coinvolge un po’ tutti.
Molti di noi, credo la maggioranza delle persone credono nella propria costituzione e nelle regole comuni che ci diamo, ma? Riusciamo a rispettarle? Ma qui il punto non è solo critico o autocritico, la questione riguarda forse la natura stessa dell'uomo (e della donna), diciamo meglio dell'umanità e delle sue debolezze, fragilità , ma anche della ferocia di cui siamo capaci.
Qui è l'anello più debole a cadere, una giovane stagista, troppo giovane, troppo bella e che ha forse troppa necessità (psicologica interna) di sedurre, ma che soprattutto è molto sfortunata.
I duri del film sono i politici, i loro capistaff, i giornalisti. Qui ciò che conta è vincere, affermarsi, mantenere il controllo ed il potere.
Un film che lascia poche speranze sulle scene che illumina, e sulla vita in generale. sarà forse questo tempo così difficile e che ci impaurisce un po’ tutti, ma Clooney coglie nel segno e con questo film ci consegna la realtà che stiamo vivendo dove per i più forti conta potere e/o profitto e agli altri rimane la paura e con la paura la possibilità concreta della fine.
Da vedere  
Antonio Trimarco

Per saperne di più:

sabato 7 gennaio 2012

Il giorno in più - incontro di bibliolettura interattiva

L’incontro di bibliolettura sul libro “Il giorno in più” di Fabio Volo è stato davvero interessante!!! Abbiamo deciso di proporlo, su consiglio di una nostra affezionata amica, con l’idea di studiare il “fenomeno Fabio Volo”, un personaggio televisivo molto noto, che decide ad un certo punto della sua carriera di scrivere romanzi. Inutile nascondersi dietro un dito, sappiamo che questo tipo di narrativa viene un po’ snobbata da molti che preferiscono letture più impegnative e stroncano certi libri senza nemmeno averli letti. Per noi di Magic BlueRay che leggiamo tutto senza pregiudizi  Fabio Volo è stata una bella scoperta.
Secondo noi questo autore piace non solo per la sua notorietà, ma perché la sua scrittura è diretta, essenziale, non si perde in particolari inutili, insopportabili per una generazione che vive a ritmi elevatissimi. Nei suoi libri racconta bene la società moderna, usa un linguaggio che il lettore sente suo ed ha uno stile narrativo per molti versi moraviano, nel senso che le sue pagine sanno regalare i profumi e i sapori della città che i personaggi vivono intensamente, come tutti noi vorremmo vivere.
Nel libro “Il giorno in più” si parla della “relazione complicata”, definizione che spesso leggiamo sugli stati di Facebook e che descrive quell’amore un po’ agonizzante, figlio del disagio che ormai da qualche anno contraddistingue la nostra società. Giacomo è una persona anaffettiva, con i genitori separati che non riesce a impegnarsi seriamente nei rapporti con le donne,  perché è scottato da una precedente relazione e perché sua madre è stata da sempre per lui un esempio estremamente negativo. Ha paura di mettersi in gioco, di scoprire i suoi punti deboli, teme di farsi male e così preferisce rapporti mordi e fuggi che si consumano rapidamente e lasciano il vuoto assoluto. Improvvisamente però viene attratto da una situazione che lo stuzzica, lo fa emozionare, e gli fa gustare il sapore dell’attesa:  tutte le mattine incontra sul tram una ragazza che lo affascina e cresce in lui la speranza di essere ricambiato.  Quando scopre che l’interesse è reciproco, subisce però uno strano scherzo del destino: la ragazza deve trasferirsi per lavoro negli Stati Uniti. Giacomo ricade nella sua vita tediosa, ma ormai  non la sente più sua e così decide di rischiare e parte per New York, sperando di incontrare la donna che tanto ha scosso il suo cuore e la sua mente. Tra i due nasce una storia che si potrebbe definire semplicisticamente poco reale, ma che invece descrive alla perfezione le scelte di un uomo e di una donna che, non credendo più nel rapporto di coppia tradizionale, decidono coraggiosamente di percorrere una nuova via.
Non mancano intorno a loro altri personaggi che descrivono aspetti umani, sociali e caratteriali tipici della nostra epoca. La mamma e la nonna che hanno cresciuto Giacomo facendo molto ma non abbastanza; l’amica del cuore, sposata e insoddisfatta figlia di una famiglia borghese perbenista  e con qualche scheletro nell’armadio; l’amico solo e rompiscatole che cerca di “accollarsi” in tutti i modi.
Dunque non meravigliamoci se i libri di Fabio Volo piacciono: sono libri in cui tutti si possono ritrovare, scavano il mondo dei sentimenti con una sensibilità profonda e fanno sognare… il che al giorno d’oggi non è davvero superfluo.

Dario ed Elena

giovedì 5 gennaio 2012

Una volta c'era il pensiero...

BEFANE DI QUINTA, SESTA, SETTIMA…
C’era una volta una Befana. Non era sempre stata Befana ma  con l’avanzare dell’età lo era diventata; no,non solo anziana: proprio Befana. Del tipo: le spalle si erano incurvate,le gambe un po’ arcuate, il naso, una volta diritto, aveva preso una strana piaga all’ingiù,il mento,prima graziosamente appuntito si era allungato esageratamente tanto da potersi definire “scucchia”, i capelli avevano perso l’originale lucentezza ed erano ribelli al pettine… Ma lei non sembrava accorgersi dei cambiamenti del suo apparire e si credeva ancora attraente,sciupa uomini e rovina famiglie. Per il suo pensare aveva, però, una scusante: in effetti durante la sua lunga vita era stata sempre molto ammirata tanto da collezionare tre mariti (l’ultimo dei quali dignitosamente sotterrato qualche anno addietro) e un numero incalcolabile di maschietti che non avevano resistito al suo fascino. E ciò, anche se può sembrare strano, era accaduto fino ad età avanzata della nostra protagonista, il suo ultimo amante aveva quarant’anni e lei lo aveva fatto suo per parecchi mesi quando aveva già compiuto i sessantacinque!!! Dopo di lui, però, da troppo tempo, nessun fremito amoroso aveva più scaldato le serate della signora e, per quanto non se ne desse per vinta,per quanto nel corso delle sue innumerevoli frequentazioni, cercasse di abbordare qualche malcapitato, niente, non succedeva proprio niente, accidenti!!! Al massimo,alla fine della serata,qualcuno si offriva di accompagnarla a casa più preoccupato del suo incedere ,ormai palesemente malfermo, che voglioso di una conoscenza più ravvicinata.
I settanta ormai erano del tutto evidenti ma la nostra non sapeva proprio come affrontarli: nella sua vita non c’era stato altro che l’appagamento della sua avvenenza, la gratificazione datale dalla conquista seriale. Che fare? I nipoti? Ma non se ne parlava neanche … le amiche? Non ne aveva, quasi tutte se la erano date a gambe,già da tempo, per paura di subire attentati ai propri matrimoni … aveva una sorellina,però,più giovane e piuttosto ben messa … Già, come mai non dimostrava quasi i suoi sessanta, la cara sorellina?
Una telefonatina, due moine, dobbiamo stare un po’ insieme et voilà: il segreto della sorellina è presto svelato,e il numero di telefono del chirurgo già memorizzato nel telefonino.
In capo ad un mese il naso aveva perduto la gobba all’ingiù, le gote erano floride, paffute e le labbra,sebbene un po’ violacee, erano rigonfie di procaci promesse.
La nostra si guardava allo specchio, si truccava si sistemava il reggiseno sulle protesi quinta misura e soddisfatta da quella nuova lei, era pronta a riappropriarsi della sua  identità.
Fu proprio il 5 gennaio che la signora decise di prendere l’auto e di avvicinarsi a Piazza Navona per curiosare tra le bancarelle, ma il destino, che non fà sconti a nessuno,quel giorno non le fu propizio. Fu infatti svoltando per corso Rinascimento  senza mettere la freccia che tagliò la strada ad un ragazzotto su uno scooter il quale,dopo aver frenato,essersi piegato tutto da un lato,aver allargato le gambe per tenersi in equilibrio ed essersi,infine, fermato a qualche millimetro dallo sportello della macchina tirava un gran sospiro mentre la signora lo apostrofava con le seguenti parole:
 - Stia attento con quel trabiccolo, io ho fretta! Sto andando a Piazza Navona non vede che stavo andando da quella parte? Impari a guidare … 
Il ragazzo vide le mani protese dal finestrino e ne notò la rugosità poi alzò gli occhi su  un collo raggrinzito sormontato da un viso quasi di gomma,lucido come il plexiglas; anche le poche parole che aveva udito erano state pronunciate da una voce rauca  e lo sguardo che vedeva fisso nei suoi occhi era stanco e appannato. Premette allora sul bottone della messa in moto e prima di andarsene gridò all’incauta guidatrice:
-Ah, Befana, vai, vai a lavorà a Piazza Navona che è mejo… scendi dalla machina sali sulla scopa!!!-
Ora, se la notte tra il cinque e sei Gennaio guarderete bene in su vi accorgerete che, staccato dalle altre che non le hanno volute con loro,vaga per i cieli un gruppo di Befane, dette “le rifattone”, non dovreste avere difficoltà nel riconoscerle perché, dritte sulle scope, fanno stagliare contro il riflesso lunare le loro quinte,seste,settime misure….
Buona Epifania a tutte, Befane e non                                                                  
Ombretta D’Ulisse

mercoledì 4 gennaio 2012

Tessuti naturali: quali i vantaggi?

I vestiti che indossiamo oltre a permetterci di esprimere i molteplici lati di noi stessi in contesti sociali differenti, ricoprono la funzione base di proteggerci dal freddo, dal caldo e da possibili contaminazioni batteriche.
Fibre naturali o sintetiche? Animali o vegetali? Sono tante le scelte che deve affrontare il consumatore quando entra in un negozio di vestiti;
e poiché il materiale e la provenienza dei capi non sempre sono segnalati come prevede la legge, per realizzare un acquisto consapevole bisogna fare ordine nella giungla delle informazioni reperibili.
Dopo il cibo, l’abbigliamento è ciò con cui entriamo più a stretto contatto nella vita quotidiana; i tessuti, attraverso la pelle, rilasciano nel nostro corpo le particelle chimiche derivanti dai trattamenti industriali subiti.
La natura mette a disposizione molte materie prime che possono trasformarsi in meravigliosi tessuti con differenti caratteristiche: dalle più comuni come cotone, lino e lana, alle meno conosciute quali canapa e kapok; dalle stoffe più pregiate come cachemire e seta, a quelle più esotiche come la fibra di bambù.
Nonostante l’ampia offerta naturale il consumo di fibre sintetiche continua ad aumentare a causa del basso costo di commercializzazione, ma ci sono degli svantaggi nell’indossare usualmente abbigliamento sintetico.
Le fibre sintetiche, non permettendo la circolazione dell’aria e l’evaporazione del sudore, non lasciano “respirare la pelle”; dal punto di vista igienico un ambiente umido crea le condizioni per la proliferazione batterica. Per questo motivo gli indumenti sintetici devono essere lavati più spesso  ed è facile che le pelli più sensibili possano sviluppare allergie ai poliesteri come nylon ed acrilico.
Anche dal punto di vista strettamente tecnico i tessuti sintetici esposti ad un numero elevato di lavaggi sono soggetti ad  usura maggiore, oltre ad essere per la loro struttura chimica meno resistenti all’acqua calda. Con l’acquisto di un “vestito naturale” il consumatore potrà vestirsi con un capo resistente da poter usare negli anni e potrà sostenere direttamente le economie di produzione che rispettano il nostro corpo e l’ambiente.



La salvaguardia del patrimonio forestale

Quanto vale un bosco? Rappresenta solo il legname che è possibile ricavarne oppure porta con sé altri valori? A conclusione dell’anno internazionale per le foreste abbiamo una visione decisamente più chiara sull’argomento. Il valore delle foreste va ben oltre la semplice produzione di legname e di biomassa per il riscaldamento e la produzione di energia.
Delle foreste oggi viene studiata e valutata la capacità di fornire una grande varietà di beni e servizi che influenzano l’intero ecosistema: la salvaguardia della biodiversità, la  cattura di CO2, la regolazione delle risorse idriche, il contenimento dell’erosione, l’infiltrazione delle acque e la funzione di ritenzione.
Aumentare dunque la superficie forestale, e proteggere quella esistente, rappresenta per l’intero pianeta l’opportunità più naturale attraverso la quale creare valore in ultima analisi anche economico. E’  proprio questo che mette in luce la Conferenza “Le risorse forestali nazionali e i servizi ecosistemici. Il ruolo delle Istituzioni”, organizzata dall’ISPRA tenutasi a Roma lo  scorso 6 dicembre.
In Italia, ad esempio, è stato calcolato, sarebbero disponibili circa 9,5 milioni di ettari, quasi un terzo del territorio nazionale, per interventi di riforestazione che avrebbero il vantaggio di mettere in sicurezza il territorio contribuendo a frenare l’erosione dei suoli.
Solo 1 di questi potrebbe essere, infatti, destinato alla creazione di grandi  foreste chiuse; gli altri 8,5 sarebbero costituiti da tante piccole aree verdi sparse sul territorio nazionale e integrate in altre destinazioni d’uso del territorio, comprese quelle agricole, urbana e industriale.
Al contrario, ci ricordano gli esperti dell’Ispra presenti al convegno, “la trasformazione delle aree naturali in parcheggi e centri commerciali non fa altro che rallentare o impedire il ruscellamento delle piogge il cui deflusso viene accelerato e gli effetti diventano a volte distruttivi.
Anche a livello di riduzione dell’inquinamento atmosferico le foreste italiane giocano un ruolo chiave, immagazzinando una quantità di carbonio pari a quella che viene emessa in atmosfera in 9 anni dal nostro Paese. Al prezzo attuale d’una tonnellata di anidride carbonica sul mercato delle quote europee delle emissioni di gas-serra (circa 8 euro), la capacità fissativa delle foreste italiane avrebbe un valore di circa 520 milioni di euro l’anno.
Se non bastassero i dati economici a giustificare la necessità di un’azione urgente, ci sono da considerare anche aspetti culturali come la memoria “boschiva” profonda  presente in ciascuno di noi, ed il legame tra il godimento di boschi e foreste e il benessere individuale e culturale.
E benché la misurazione economica dei servizi culturali e di ricreazione risulta difficile, rappresenta il tentativo di assegnare un peso ad aspetti importanti per la nostra vita e per il nostro futuro, al fine di renderli tangibili a noi stessi e alle istituzioni.

Ecologia urbana: ripensare al modello per tutelare l’eco-sistema

Vi siete mai fermati a pensare alla forma che stanno prendendo le nostre città e a quanto il loro sviluppo possa essere determinante per la vita del nostro eco-sistema?
Probabilmente non siamo molto abituati a fare questo tipo di considerazioni. Ma secondo la ricerca “Time for a change: dynamic urban ecology”, pubblicata da Trends in Ecology & Evolution, le città contemporanee si stanno espandendo molto rapidamente e soprattutto in un modo spazialmente complesso e non sempre lineare.
Scopo del presente studio è quello di fornire «gli elementi essenziali di un nuovo quadro per l’ecologia urbana, che integra le caratteristiche dell’urbanizzazione contemporanea e consente così agli ecologisti di capire e intervenire nella pianificazione e nella gestione delle città», secondo le parole degli autori.
I ricercatori, infatti, ritengono che gli attuali modelli utilizzati dagli ambientalisti per valutare l’urbanizzazione guardano a questo problema in un modo «piuttosto semplificato», utilizzando ampie categorie come urbano, suburbano e rurale.
Mentre in passato le città sono cresciute lentamente ma in modo abbastanza “compatto” e secondo un modello definito ad “anelli progressivi”, ora le nostre metropoli prendono dimensioni sempre più ampie ma disperse, diventando «[…] tentacolari, in configurazioni simili a tele di ragni sulle grandi distanze, e incorporano frammenti di terreni con altri usi in un paesaggio in rapido cambiamento».
Da un punto di vista ecologico, questo tipo di espansione crea degli impatti negativi al nostro eco-sistema, causando la frammentazione e la perdita su larga scala degli habitat naturali e semi-naturali.
In Paesi come Usa ed Australia, ad esempio, l’urbanizzazione attualmente è uno dei principali fattori di perdita della biodiversità.
Uno stimolo di riflessione per gli ambientalisti "una prospettiva temporale, che consideri la frammentazione, l’uso del territorio e la storia, può fornire una conoscenza delle condizioni ambientali e dei residui valori di conservazione e, quindi, essere utilizzata per stabilire le priorità di intervento e di conservazione. Priorità che potrebbero essere, ad esempio, assegnate ai resti significativi rimasti sui territori che sono stati recentemente frammentati".

Lazio ai primi posti dell’economia verde italiana

Il Lazio, con le sue 30.240 imprese che tra il 2008 e il 2010 hanno investito in prodotti e tecnologie green, è al terzo posto nella graduatoria italiana solo dopo la Lombardia e il Veneto. Questo quanto rileva il rapporto Green Italy 2011, presentato pochi giorni fa da Unioncamere a Milano, e testimone del salto in avanti di tutta l'economia verde del nostro Paese.
Il rapporto mette in evidenza, infatti, che è l'intero tessuto economico italiano a muoversi seguendo un "filo verde" che attraversa e innova non solo i comparti tradizionalmente ambientali – come per esempio il risparmio energetico, le fonti rinnovabili o il riciclo dei rifiuti – ma anche i settori più maturi della nostra economia, perché la peculiarità della green economy italiana sta proprio nella riconversione in chiave ecosostenibile dei comparti tradizionali dell’industria italiana di punta.
Sembra essere in atto una vera rivoluzione verde: il 23,9% delle imprese italiane hanno investito in prodotti e tecnologie green e il 38% delle assunzioni programmate per l’anno in corso è per figure professionali legate alla sostenibilità. 
Altro dato positivo è che quest'onda di cambiamento attraversa il Paese da nord a sud, tanto che le prime dieci posizioni della classifica regionale per diffusione delle imprese che investono in tecnologie green, sono occupate equamente da cinque regioni settentrionali e cinque meridionali.
Claudio Gagliardi, segretario generale Unioncamere, nel suo contributo alla presentazione del rapporto Green Italy 2011, mette in evidenza come il modello italiano di green economy non sia frutto di politiche pubbliche ma il risultato di un processo bottom-up. Un processo  guidato da 6 milioni di imprese e fondato sia sullo sviluppo di settori alternativi "classici" che sulla rivitalizzazione dell'offerta economica legata al territorio e ai saperi delle PMI. La strada verde dell’industria italiana, a cui il rapporto Green Italy ha dato voce, è il “racconto collettivo” delle tante imprese protagoniste, spesso inconsapevoli, di questa riconversione "silenziosa".
Sempre Gagliardi ci offre un approfondimento nella lettura di quanto è accaduto, nei vari settori produttivi:
Conciario - Dall'emergenza ambientale all'efficienza: il 95% delle acque utilizzate nel processo viene depurato, mentre il 75% dei rifiuti viene riutilizzato all‟interno dello stesso ciclo conciario o in altre filiere.
Cartario - Ha ridotto di un terzo i consumi energetici, mentre il macero del riciclato rappresenta la prima fonte di fibre per i prodotti cartari italiani, con una percentuale del 50% sul totale delle materie prime utilizzate.
Legno e arredo - Forte crescita delle certificazioni forestali che riguardano l‟origine stessa dei prodotti in legno e sviluppo di innovazioni nel segno della sostenibilità in tutte le fasi della filiera.
Agricoltura - Boom del biologico in Italia: ottava al mondo per superficie bio e seconda in UE, maggior esportatore mondiale di prodotti bio, prima in UE per n° di imprese agricole che hanno scelto il metodo biologico.

Per approfondire: www.unioncamere.gov.it

Carta d’identità per i pini di Villa Borghese

Un check up completo per i 600 pini ultracentenari di Villa Borghese.
Questo prevede il piano deciso, e già avviato, dall’Assessorato all’Ambiente del Comune di Roma per salvaguardare gli alberi ultracentenari e garantire la sicurezza dei visitatori del famoso parco cittadino.
Ogni pino verrà “visitato” e analizzato da forestali “tree-climbers” in 30 punti diversi, dal bulbo ai rami più alti, attraverso l’impiego di uno speciale strumento che misura la densità del legno.
Al termine dei controlli ogni albero avrà la sua carta d’identità, con il numero di serie, età, circonferenza, localizzazione sul territorio e annotazioni sanitarie.
Tutte queste informazioni faranno parte dell'anagrafe delle circa 8000 piante di Villa Borghese e saranno utilizzate per stilare una graduatoria di intervento e di manutenzione.

Città italiane e nuove insicurezze urbane

L’insicurezza urbana? Non è solo quella legata alla microcriminalità o alla percezione del  rischio, ma è anche quella che viviamo in modo inconsapevole e che riguarda la vivibilità e la salute delle città, dallo smog, al traffico, ai  rifiuti, agli sprechi d’acqua, alle industrie e alle abitazioni a rischio.
I risultati del 18esimo Rapporto Ecosistema Urbano, l’annuale ricerca di Legambiente e dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia, presentati lo scorso ottobre, hanno messo in evidenza proprio questo tipo di insicurezze, di cui si parla troppo poco.
La ricerca, che ha interessato 104 città suddivise in 3 fasce in base alla loro popolosità, mette in evidenza uno scenario decisamente preoccupante e rivela che, una delle prime emergenze ambientali delle città italiane capoluogo di provincia, è quella dello smog.
Sono ancora molti i casi in cui le concentrazioni di sostanze tossiche nell'aria continuano a superare le soglie considerate pericolose per la salute umana. In particolare in circa 50 città, infatti, si rileva la presenza di aree critiche per le concentrazioni da biossido di azoto, e in  6 quelle delle polveri sottili.
Per quel che riguarda il problema della dispersione idrica sono 12 le città che continuano ad avere perdite idriche superiori al 50% (Siracusa, L’Aquila, Potenza, Catania, Grosseto, Avellino, Pescara, Trieste, Latina, Campobasso, Gorizia e  Cosenza), mentre negli altri capoluoghi le percentuali variano dall’11% di Milano al 73% di Cosenza.
Questione rifiuti: in una situazione di stallo generale, alcuni centri fanno lievi progressi, posizionandosi ai primi posti della classifica in termini di qualità urbana. È il caso del Nord est (Venezia, Bolzano, Belluno), a cui però si contrappone il caso della Sicilia che precipita in fondo alle graduatorie, sia che si parli di  grandi capoluoghi come Palermo, Messina e Catania, che di città medie come Siracusa.
La nuova impostazione della ricerca non rende possibile un confronto diretto con gli anni precedenti, ma consente di avere una fotografia sicuramente più equilibrata rispetto al passato.
Ecco allora che per le grandi città troviamo al primo posto di vivibilità Venezia, per le medie città conquista la vetta Bolzano, mentre la regina dei piccoli centri è Belluno.

Per approfondimenti: www.legambiente.it

Riscaldamenti: consigli utili per risparmiare

D’estate, quando ci basta una t-shirt ed un paio di sandali non è molto difficile essere ecologisti e risparmiare sui consumi casalinghi.
In vista dell’inverno la questione cambia molto e i riscaldamenti iniziano ad assorbire la maggior parte dei consumi domestici. 
Possiamo fare molto per risparmiare energia senza sentire freddo!

Ecco alcuni consigli:
- Tenere una stanza a una temperatura inferiore di 1° permette un risparmio energetico del 6%. Indossiamo un maglione caldo ed evitiamo di alzare il riscaldamento.
- La notte la temperatura può diminuire di 5°. Teniamo chiuse le porte degli ambienti più freddi.
- Ogni ambiente ha la sua temperatura ideale: le camere da letto intorno ai 16°, la sala da pranzo, il salotto e la camera dei bambini tra i 18° e i 21°. Il bagno può essere caldo solo al mattino e la sera. Riscaldiamo a temperature differenti le singole stanze. Con termostati elettronici possiamo controllare le temperature e con apposite valvole montate sui termosifoni possiamo gestirne l'afflusso di acqua calda.
- Arieggiare bene, ma velocemente, i locali: più volte al giorno a finestre spalancate e per pochi minuti. Avremo aria sempre fresca, ma pareti e pavimento caldi.
- Non coprire i termosifoni.
- Finestre e porte isolate male possono causare importanti perdite di calore: utilizziamo paraspifferi o guarnizioni isolanti per migliorarne la chiusura.
- Le persiane aiutano a mantenere il calore. Chiudiamole sempre nelle ore notturne.

Impronta idrica: usare l’acqua consapevolmente

Le pratiche quotidiane di risparmio idrico sono semplici da ricordare e da concepire; azioni come chiudere l’acqua quando non è necessaria, sono entrate a far parte della nostra educazione al non spreco.  Ogni persona nel suo (grande) piccolo ha modo di controllare tutti gli sprechi nelle azioni quotidiane.
Esistono però altre azioni, magari meno visibili, ma che determinano in maniera significativa l’ammontare del nostro consumo di acqua. Acquistare un capo di abbigliamento porta con sé, attraverso la tecnica di produzione, la quantità d’acqua necessaria affinché il capo venga prodotto ed arrivi sui banchi dei negozi.
A monitorare la quantità di acqua utilizzata sul nostro pianeta ci pensa il Water Footprint, ovvero “impronta idrica”: uno studio a livello mondiale che raccoglie ed analizza i tanti usi (e gli sprechi) dell’acqua.
Grazie a questo strumento è possibile conoscere precisamente la quantità d’acqua necessaria a produrre la nostra automobile, il nostro frigorifero o i nostri pantaloni.
Risparmiare acqua, quindi, non significa soltanto fare attenzione quando innaffiamo o ci laviamo. Oltre alla rete idrica pubblica, anche l’industria, l’agricoltura e il turismo sono fra i principali consumatori di acqua. Uno dei settori più “idro-dipendenti”, ad esempio, è la produzione di energia elettrica in quanto arriva a consumare il 44% sul totale dell’acqua consumata a livello mondiale.
Sempre più numerose sono le prove scientifiche che sottolineano il legame tra i cambiamenti climatici e la disponibilità di risorse idriche.
L’importanza di queste evidenze esprime l’urgenza, a livello sistemico, di favorire un uso quanto più possibile “cosciente” delle risorse idriche.
In tal senso ci fanno ben sperare i risultati di un nuovo studio relativo al risparmio idrico dell’UE: la quantità d’acqua utilizzata in Europa potrebbe essere ridotta anche del 40% grazie a nuove tecnologie per il risparmio idrico nell’industria, a migliori tecniche di irrigazione e, chiaramente, alla riduzione degli sprechi domestici. Secondo la relazione, l’acqua utilizzata a fini personali potrebbe  essere quasi dimezzata, da una media attuale di 150 litri a 80 litri al giorno.
Secondo l’ente Europeo IPCC, esperto di cambiamento climatico, negli ultimi 30 anni almeno il 17% del territorio europeo e l’11% della sua popolazione sono stati colpiti da carenza idrica, e l’accelerazione del cambiamento climatico accentuerà questa tendenza.
Pensare all’intero ciclo di vita dei prodotti che compriamo significa anche essere consapevoli della quantità di acqua reale che è stata necessaria per produrli, utilizzarli e smaltirli.
Se non troviamo metodi innovativi per utilizzarla al meglio, l’acqua è destinata a diventare “il nuovo petrolio”, con la differenza che guidare un’auto non è essenziale alla sopravvivenza, mentre bere acqua lo è; considerazione questa che ci aiuta a dare il giusto valore alle cose.

Per approfondimenti: www.waterfootprint.org