lunedì 31 marzo 2014

Recensione di "Almond il fiore dei mondi paralleli"

Almond – Il fiore dei mondi paralleli di Selina Giomarelli e Liliana Manetti

Esistono infiniti mondi che esploriamo di notte, nei nostri sogni. Di questi luoghi fantastici ci rimangono al risveglio dei ricordi impalpabili che ci accompagnano per qualche ora nella solita frenetica vita quotidiana e poi lentamente svaniscono lasciando curiosità e rimpianto.
Ma servendosi dell’immenso potere della fantasia è possibile andare oltre e spingersi in sconfinati universi paralleli alla ricerca di qualcosa d’importante, del significato vero del bene e del male.
Ed è proprio quello che accade in “Almond il fiore dei mondi paralleli” un libro che ci guida alla scoperta dei segreti di orizzonti apparentemente molto lontani dal nostro, ma in realtà incredibilmente vicini.
Sibilla, la protagonista, ogni volta che si addormenta viene trasportata in un’altra dimensione, popolata da misteriose creature alate e da draghi malvagi e si trova a vivere un’avventura al di là del bene e del male.
Le giovani autrici, alla loro prima prova letteraria importante, riescono a districarsi agevolmente in una trama assolutamente non facile da gestire e costruiscono un mosaico complesso in cui alla fine ogni tassello è perfettamente al suo posto.
Dario Amadei                               
Selina Giomarelli e Liliana Manetti
Almond – Il fiore dei mondi paralleli 
egoEdizioni di David and Matthaus

venerdì 21 marzo 2014

Recensione di La gatta Miomao di Beppi Zancan

La gatta Miomao di Beppi Zancan

“Lo Zen e l’arte dell’allevamento del gatto”, così probabilmente Robert Pirsig definirebbe questo libro che parla di un uomo che fece l’alba ascoltando una storia.
Il narratore è Guido, uno stralunato individuo per certi aspetti un po’ inquietante, che racconta la triste vicenda della sua gatta Miomao, dolorosamente scomparsa dopo tredici anni di convivenza, a Renzo Merlin incontrato per caso in una notte di metà luglio.
È un lungo monologo che dura fino al mattino e l’esibizione di Guido, che in alcuni momenti si fa davvero spettacolare, lascia il lettore sospeso e indeciso tra illusione e realtà.
Ci viene regalata una visione filosofica della vita, interamente ispirata al recupero dei valori di quelle piccole cose che spesso e volentieri trascuriamo,  perdendoci qualcosa d’irripetibile.
Il “cogito ergo sum” di Cartesio viene attaccato ferocemente e messo in discussione, per affermare in maniera appassionata e convinta l’esistenza di un’anima negli animali, che per molti motivi Guido considera migliori degli uomini. Ormai non riesce più a parlare utilmente con gli esseri umani, che secondo lui sono troppo incrostati da sovrastrutture contro le quali va continuamente a sbattere, già sapendo in anticipo le parole che il suo interlocutore gli dirà. Si sente circondato da robot cartesiani che pretendono di possedere un’anima che invece non hanno e per questo preferisce la sua gatta, anche se corre il rischio di essere preso per pazzo.
Strani personaggi completano il cast di questa commedia a cielo aperto e Renzo Merlin, all’inizio molto diffidente, viene, pagina dopo pagina, sempre più coinvolto dal suo interlocutore sino a diventare l’aedo delle immortali gesta della gatta Miomao.
E’ una storia che travolge e commuove dedicata dall’autore “ai fortunati che hanno amato un animale non appartenente alla specie Homo sapiens, e che da lui hanno saputo trarre insegnamenti”
E sicuramente tutti coloro che non hanno mai fatto un’esperienza del genere, dopo la lettura di questo libro avranno voglia di farla.
Dario Amadei

Beppi Zancan
La gatta Miomao
Edizioni Angolo Manzoni

sabato 15 marzo 2014

Let it Lok: Pace... a cominciare da noi

La pace, quale meta più ambita per l’umanità? L’utopia di un mondo pacifico è viva nei sogni di tutti, ma probabilmente non abbastanza incisiva da porci nelle condizioni di “generare” pace. Proprio così l’uomo auspica il bene e maledice il suo prossimo; parla di filantropia e inganna il suo amico; predica  pace e si arma, attacca, distrugge. È a causa di questa contraddizione di fondo tipica dell’uomo che la pace rappresenta (e forse lo sarà per sempre) solo ed esclusivamente  un’utopia, un sogno, un desiderio. Lo conferma persino il Dalai Lama: <<Tutti parlano di pace, ma non si può realizzare la pace all’esterno se si coltivano nel proprio animo la collera o l’odio>>.
Fortunatamente, nel corso della storia non sono mai mancate le personalità determinate a raggiungere la loro meta: coloro che non hanno mai smesso di crederci; coloro che sono stati in grado di rinunciare a tutto in nome di un ideale;coloro per i quali la pace non era un semplice obiettivo, ma una vera e propria fonte di ispirazione per la vita quotidiana; coloro che hanno condotto una guerra fatta di amore, solidarietà e servizio. I paladini della pace: Madre Teresa di Calcutta, Martin Luther King, papa Wojtyla, Gandhi, alcuni dei nomi più significativi.
Ma non è indispensabile essere degli eroi, né finire sui libri di storia: ognuno di noi può rendersi fautore e promotore di pace nel mondo. Occorre partire dal proprio spirito: ricongiungere cuore e anima; trovare un pacifico equilibrio interiore; annullare qualsiasi tipo di negatività, cattiveria, odio, invidia;  sentirsi pienamente soddisfatti e orgogliosi di condividere la propria estasi con gli altri, ma senza presunzione o senso di superiorità; AMARE PER AMORE.
E poi dalla propria essenza propagare questi valori innanzitutto nel proprio microcosmo. Perché non iniziare a diffondere la propria luce nell’ambito del nucleo familiare? È comune identificare la guerra come conflitti mondiali, bombardamenti a città, attacchi sottomarini, combattimenti truci e violenti; la guerra non appartiene solo ad Afghanistan, Israele, Libia! La guerra è ovunque: vaga per le nostre strade quando tra autisti ci si aggredisce per non aver rispettato la precedenza; impazza per i banchi di scuola quando si litiga, ci si sbraita a vicenda, non si rispetta il pensiero del compagno; divora le famiglie ogni volta che un marito sputa in faccia a sua moglie, ogni volta che un figlio manda il genitore a quel paese, ogni volta che una madre maledice il giorno in cui si è sposata; la guerra è in noi stessi ogni volta che auguriamo del male a qualcun altro. La guerra siamo noi quando ci priviamo dell’amore per l’esistenza, sopraffatti dall’oscurità della negatività.
E allora come potrebbe una mamma insegnare il concetto di pace a suo figlio, l’istante dopo aver litigato con suo marito?
Dunque l’uomo trovi la sua beatitudine interiore; annienti le bombe nucleari che minacciose regnano nel suo animo; impari ad amarsi, piuttosto che autodistruggersi con la violenza quotidiana; apprenda la gioia di consacrare la vita all’amore e alla serenità; e poi diffonda la sua profumata e candida essenza, a partire dal nucleo familiare fino ad ambienti macrocosmici; lasci che la sua pace esploda, inondando tutto ciò che lo circondi. Allora la pace sarà l’indiscutibile regina: non un’utopia, un sogno, bensì una tenera realtà. E i Tg non ci tartasseranno  più con notizie di bullismo, violenze, suicidi, femminicidi, stragi, catastrofi umane, città e animi rasi al suolo; bensì mostreranno gente che si ama, uomini che fanno l’amore, bambini che imparano a volersi bene, piuttosto che giocare con armi da fuoco. I quotidiani racconteranno di quanto l’umanità viva beatamente nel cosmo della pace. E allora, il mondo sarà diventato dimora pacifica, perché l’animo sarà covo d’ amore.
Filomena Locantore

giovedì 13 marzo 2014

Incipit nomination - Elena Sbaraglia legge Tsugumi di Banana Yoshimoto

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IL TUO INCIPIT PER IL CONTAGIO DELLA LETTERATURA.

CONTRO L'IDIOZIA DI SVUOTARE UN BICCHIERE IN DIRETTA, INVITO CHI AMA I LIBRI A LEGGERE L'INCIPIT DI UN LIBRO E A NOMINARE TRE AMICI PER FARE ALTRETTANTO!

Incipit nomination - Dario Amadei legge Memorie dal sottosuolo di Fedor ...

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IL TUO INCIPIT PER IL CONTAGIO DELLA LETTERATURA.
CONTRO L'IDIOZIA DI SVUOTARE UN BICCHIERE IN DIRETTA, INVITO CHI AMA I LIBRI A LEGGERE L'INCIPIT DI UN LIBRO E A NOMINARE TRE AMICI PER FARE ALTRETTANTO!

lunedì 10 marzo 2014

Recensione di Due margherite dispari di Roberto Miano

Due margherite dispari di Roberto Miano 

Uno di quei libri che non ti aspetti, che ti prende alle spalle e ti lascia senza parole, anche se di parole ne racconta molte, orchestrate ad arte per comporre un linguaggio nuovo, a volte un po’ criptico, ma sempre molto efficace.
In copertina, i corpi con il volto nascosto, di due donne misteriose dalle lunghe braccia, accolgono il lettore unendosi nella penombra a descrivere un’immagine che, come spesso fa la vita, muta forma ad ogni sguardo. E poi, con “il cuore in stand-by, in una sorta di indefinita attesa”* si comincia a leggere.
“Ho aperto mille cassetti. Non pensavo di averne tanti a casa.”*
Così ci dice il protagonista di uno dei racconti e così è questo libro, una raccolta di storie in cui il lettore s’imbatte, quasi ad ogni riga, in tantissimi cassetti che racchiudono mille e più consigli utili per vivere. Non è obbligatorio aprirli e spesso non è facile, ma chi non vuole farlo o non ci riesce si perde davvero qualcosa d’importante. Si respira tanta rabbia e il tono è spesso aggressivo, ma si percepisce che questo serve per mascherare una grande sofferenza e per provare a scuotere la vita come un vecchio flipper, uno di quelli che quando se la vedevano brutta nascondevano la testa sotto la sabbia, andando in tilt. I racconti hanno spesso degli incredibili finali a sorpresa, ma non sempre un lieto fine, anche se questo apparente pessimismo è in realtà omeopatico e trasmette l’energia necessaria per tirare avanti e perché no, per spiccare il volo: “Ha sorriso perché, riflesso nel vetro, un gioco di luci lontane le ha restituito quelle ali che un uomo, prima di morire, le aveva spiegato.”*
Dire altro è impossibile perché questo è un libro che si può scoprire solo leggendo, ed è consigliato a tutti, ma in particolare a chi è stanco delle solite vecchie storie e magari ha sempre sognato di andare a caccia di margherite in una notte buia e senza luna.
Dario Amadei  

                        
Due margherite dispari*
 Racconti
Autore: Roberto Miano
Editore: FusibiliaLibri
Collana: sentire-errare (prosa)
Anno 2013
 pp. 136

domenica 2 marzo 2014

"Confidenzialmente". Le interviste di Michela Zanarella

INTERVISTA A LUCA FRUDA'

Luca Frudà, scrittore di versi e prose, è nato a Catania. Dopo aver trascorso l’infanzia a Taormina (Me) nella zona di Villagonia, all’età di otto anni si è trasferito a Giardini Naxos (Me), dove ha vissuto fino al 2009. Si è laureato nel luglio del 2003 in Lettere moderne presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Catania con la tesi Per un’analisi semantica dei Malavoglia. Successivamente ha assolto al servizio di leva come obiettore di coscienza presso il WWF nell’Isola Bella di Taormina. Si è quindi trasferito a Roma dove attualmente vive e insegna nella scuola secondaria.
Ha collaborato con diverse riviste letterarie e ha partecipato a concorsi nazionali di poesia con diversi riconoscimenti. Sue liriche compaiono in antologie e riviste.
Ha pubblicato "Io, il mio amore", "Poesia cortese", "Uomo allo specchio", "Sole notturno", "Logica sentimentale", "I segreti", "Sentimenti del tempo", "I Malavoglia: semantica e genesi del titolo".


D- Luca Frudà sei autore di poesia, narrativa e saggistica, cosa ti ha fatto avvicinare alla scrittura?
R- Ho iniziato a scrivere un po’ per gioco, facendo rime giocose. Poi ho sentito il bisogno di comunicare quello che provavo dentro e che non riuscivo a dire in altro modo, per solitudine e per timidezza. Ho scoperto così l’importanza della parola e la possibilità di dare agli altri qualcosa di me tramite essa. Mi sono posto umilmente sotto la guida dei classici (in particolare latini, greci e italiani) e ho dialogato con loro. Il saggio su I Malavoglia, nasce proprio da questo dialogo e dalla scoperta della poetica verghiana, una poetica di gesti e silenzi, con squarci di poesia in prosa.

D- Il tuo libro "Sentimenti del tempo" edito da Edizioni Smasher è una raccolta di trenta racconti,
c'è un filo conduttore che li lega tra loro? Quali sono le tematiche che affronti?
R- Non è facile poter rispondere a entrambe le domande. Quello che è portante nel libro, è lo spirito che lo anima. Ogni racconto potrebbe essere inteso come il frammento, il sogno, la domanda che un’anima rivolge a se stessa e al mondo. Ogni racconto è indipendente, eppure insieme agli altri trova una completezza che mi sembra sia quella stessa della nostra specie: siamo tutti diversi, ma siamo tutti esseri umani. Le tematiche allo stesso modo sono diverse: la natura, l’amicizia, la solitudine, l’amore, la giustizia, il rapporto tra la vita e la morte, tra padre e figlio, tra realtà inventate e invenzioni reali. Credo che il libro sia un viaggio nel quale accompagno il lettore senza la presunzione di insegnargli nulla, ma con l’intento di provocare riflessioni sulla nostra realtà contemporanea.

D- Che valore assume il tempo nella tua quotidianità?
R- Il tempo è una trappola, un inganno. Non dura mai quanto vorremmo. Nei momenti felici fugge a creare ricordi sbiaditi, nei momenti più tristi o noiosi sembra stare lì a godersi con calma la tua insofferenza. Per uno scrittore è importante il tempo dedicato alla riflessione e al confronto con gli altri, e l’otium litterarium credo sia la massima aspirazione di qualsiasi vero scrittore. Tuttavia qualsiasi pausa poetica riesca a interrompere il consueto vivere è un ristoro. Soprattutto nelle giornate più frenetiche, fermarsi a leggere o a scrivere una pagina o una poesia, può sconvolgere il senso delle ore e del tempo. Del resto chi scrive, spesso, lo fa in un non-tempo, perdendo la cognizione dello scorrere delle ore.

D-Cos'è per te la poesia?
R- La poesia è la parola del tutto, la poesia è una scienza dell’anima, è la parola che ti prende dentro, che ti trasmette il dolore o la speranza, che ti fa sorridere, che ti fa riflettere. La poesia è comunicazione e, se è vera e grande e sincera, è un darsi con tutta l’anima per gli altri e non per la gloria. La poesia è ciò che consente a un poeta di dare senso alla sua esistenza, è il suo contributo al bene dell’umanità. Il poeta non può esimersi dal suo compito, deve scrivere, deve far sudare le carte con le emozioni delle sue mani. Se io non scrivo quando la parola mi cerca, mi assale uno strano senso di colpa, un rimorso che è difficile spiegare.

D- Ho avuto modo di visitare il tuo blog, ci racconti come è nato? Qual è il tuo rapporto con i social network?
R- Il blog, che il 19 marzo prossimo compirà tra l’altro10 anni, è nato con l’intento di presentarmi ai viandanti del web e di far conoscere i miei pensieri e le mie opere, ma non soltanto. Mi serviva un luogo nel quale potermi confrontare con tematiche e persone diverse. Il blog era ed è ancora uno spazio nel quale affrontare argomenti in maniera più diretta e veloce: l’importanza del donare sangue, l’entusiasmo crescente per l’unità europea, l’amore per la natura, tutte le arti… Con i social network sono stato invece un po’ più diffidente. Solo da qualche anno e con un utilizzo ponderato mi sono ‘affacciato’ su Facebook.

D- Mi hanno colpito alcuni versi di una tua poesia, la chiusa in particolare di "Nel cuore dell'autunno": C’è vita/in ogni istante/che noi/rendiamo vivo". Cosa ti ha portato a scrivere questa lirica?
R- La solitudine è stata per me sempre una condizione su cui riflettere. L’occasione per scrivere questa lirica mi è stata offerta da un concorso di poesia sul tema dell’anziano che si svolse ad Acireale (CT). Vi partecipai con uno pseudonimo e con “Nel cuore dell’autunno”. In quei versi avevo vissuto un’esistenza intera: mi ero proiettato in un futuro nel quale non mi sarei mai rassegnato a perdere il mio tempo o la mia speranza. L’incontro con la felicità, la realizzazione di una speranza può accadere in qualsiasi momento, e qualsiasi momento può spingerci incontro alla possibile felicità.

D- Eugène Godin scrisse: "Il sentimento colma le lacune dell'ignoranza". Una tua riflessione.
R- Forse, più che il sentimento, è la sensibilità, specie se rivolta verso gli altri, a creare le condizioni necessarie al superamento di molte barriere mentali e a facilitare le riflessioni più profonde. La sensibilità ci consente di creare quei ponti di pensiero, spesso intensi, nel bene e nel male, che sono appunto i sentimenti. Il sentire della mente è in sostanza ciò che ci permette di cogliere con pienezza il fuori e dentro di noi.

D- Prossimi impegni?

R- Ho parecchi desideri letterari da realizzare, alcune opere sono già sul punto di essere terminate, altre in cantiere. In particolare dovrei solo limare la prossima silloge di poesie, così come una nuova raccolta di racconti, quella successiva a “Sentimenti del tempo”, che attende soltanto di essere ripulita della polvere e delle più evidenti imperfezioni. Tuttavia sono molto legato a “Sentimenti del tempo” e spero di poter continuare a far conoscere a un pubblico sempre più vasto questo libro con i suoi racconti di umanità. Questo nell’ottica di un neoumanesimo che auspico come fondamentale per questa società sempre più alienante e alla ricerca di se stessa. In tal senso vorrei realizzare anche delle traduzioni dal latino da rendere gratuite e pubbliche, ma è presto per dire altro. Intanto grazie per queste domande e per l’attenzione.

Michela Zanarella