venerdì 29 gennaio 2021

Archiviare i saperi: conservare la memoria in continuità con il futuro

La documentazione è parte dell’esperienza educativa di bambini e adulti nel percorso 0-6 e nelle scuole di ogni ordine e grado. Per i bambini la rielaborazione/documentazione delle proprie esperienze (attrav
erso verbalizzazioni, produzione di immagini, costruzione di plastici, rielaborazione di sequenze ed eventi) è una potente forma di apprendimento che permette di rendere visibili e comunicabili le proprie conquiste conoscitive. Gli adulti, attraverso la documentazione, raccolgono materiali e tracce che consentono di narrare il percorso compiuto, i traguardi raggiunti, il tratto di strada ancora da affrontare, il confronto tra ciò che era prima e ciò che è ora. La documentazione realizzata in itinere viene rivista, ricostruita, risignificata, valutata e interpretata nel confronto e con il contributo di diversi punti di vista per progettare nuovi contesti che evolvono nelle zone di sviluppo potenziali emerse dall’osservazione. I documenti raccolti, nella loro analisi e discussione collegiale, diventano materiali per l’aggiornamento degli insegnanti ed educatori, strumenti educativi per i bambini (per ripercorrere insieme i loro percorsi di elaborazione e per lasciarne memorie nello spazio) e oggetto dello scambio comunicativo con i genitori.
Per me la documentazione è sempre stata un’esigenza primaria durante i miei laboratori scolastici. Sin dall’inizio ho ritenuto importante produrre qualcosa di concreto che coronasse il lavoro svolto, certificandone la qualità e gratificando i bambini, i loro genitori e il gruppo educativo.
“Tante ore di lavoro, tanto impegno da parte dei partecipanti, devono per forza produrre qualcosa di concreto” pensavo “il laboratorio non può finire nel nulla altrimenti sarebbe fiato sprecato”.
Non è stato facile identificare il prodotto giusto, ma alla fine ci sono riuscito, grazie anche alla collaborazione con Elena Sbaraglia che è stata decisiva. Nei laboratori di narrazione creativa siamo partiti quasi vent’anni fa, facendo le fotocopie dei testi scritti a penna e dei disegni colorati con i pastelli dai bambini, che venivano poi spillati insieme. Si realizzavano dei manoscritti anche abbastanza corposi, molto disordinati e un po’ raccogliticci che inevitabilmente si sfogliavano male e dei cartelloni sicuramente belli che però escludevano gran parte della storia. Non era nemmeno da trascurare il costo delle fotocopie, molte delle quali a colori e il tempo sprecato per fare fotocopie per l’intera classe. Insomma un documento finale veramente insoddisfacente, bisognava inventarsi qualcosa di nuovo. Così ho cominciato a trasferire nel mio pc sia i testi che i disegni e il risultato finale era un file che veniva stampato e poi spillato o rilegato in maniera rudimentale, a volte anche con l’intervento di una tipografia quando i genitori si entusiasmavano particolarmente per il lavoro dei loro figli. Ma c’erano sempre dei costi spesso non trascurabili, compreso il consumo della cartuccia della stampante se si faceva una stampa domestica.
La svolta è arrivata con il progetto “Dieci mosse per salvare il pianeta”, un lavoro molto bello, citato anche sul sito dell’Unesco. Il risultato finale era di novantanove pagine, tutte a colori veramente costose da stampare e così ho avuto un’intuizione: l’ho trasformato in una presentazione power point trasferita in un floppy disc che poteva essere proiettato durante un evento con i genitori, copiato con pochi spiccioli per tutti i bambini che poi avrebbero potuto sfogliarlo a loro piacimento sul loro pc. 
È stato un successo e la strada ormai era tracciata e i documenti hanno subito un’impennata con il miglioramento dei mezzi a disposizione e con l’avvento di Elena Sbaraglia, che negli anni è diventata una specialista in videoracconti. Le presentazioni sono diventate video realizzati con programmi sempre più sofisticati che ci hanno permesso di inserire effetti speciali, colonne sonore e tracce audio. I video sono stati caricati su youtube nel nostro canale e così i bambini hanno potuto guardarli a loro piacimento senza nemmeno ricorrere al Dvd e la nostra tecnica è stata argomento delle tesi di laurea in Scienze della Formazione di tre insegnanti che avevano collaborato con noi e questo ovviamente ci ha fatto molto piacere, perché ci ha fatto capire di essere sulla strada giusta, ma non ci sentiamo mai arrivati, perché pensiamo che nella vita ci si debba sempre migliorare.
Dario Amadei

sabato 16 gennaio 2021

Come avere fiducia in se stessi e negli altri

"Come avere fiducia in se stessi e negli altri" è stato il quarto incontro di bibliolettura interattiva e indagine narrativa sul benessere. Le letture scelte dai partecipanti hanno dato vita ad un'interazione intensa e ricca di riflessioni, grazie alle quali siamo riusciti a rispondere alle tante domande sul significato profondo di fiducia. 
Il linguaggio segreto dei fiori di Vanessa DIffenbaugh, per Dario Amadei, è il libro della fiducia. La storia di una bambina priva di fiducia in se stessa e negli altri, che, dopo continue reazioni violente verso le sfide che la vita le pone davanti, riuscirà finalmente a fare amicizia con la fiducia grazie alla scoperta di una sua qualità: la conoscenza del linguaggio segreto dei fiori, grazie alla quale capirà di potersi fidare di se stessa ma anche che gli altri ripongono fiducia in lei. 
Il ragazzo invisibile per Carolina Ragucci è il libro che racconta di un ragazzo sfiduciato, un po' timido, incapace di reagire alle difficoltà, che grazie ad un'esperienza, che protremmo definire magica, rafforza la fiducia in se stesso e comprende come farsi strada nella vita. 
Il signore degli anelli di Tolkien per Claudia è arrivato nel momento di massima sfiducia e, come sempre accade quando veniamo scelti dai libri, ha posto le basi per comprendere il significato della fiducia: credere in se stessi, affidarsi agli altri e dare valore all'amicizia. 
Non buttiamoci già di Nick Hornby per Riccardo Castellana è la storia giusta per far capire che quando si è persa completamente la fiducia in se stessi e negli altri, si possono fare degli incontri inaspettati tra persone completamente diverse tra loro che però creano una sintonia tale da far riacquisire la fiducia, dandosi il giusto tempo. 
Il Golem di Elie Wiesel, invece, sempre per Riccardo, racconta il legame tra fede e fiducia: infondere fiducia alle persone invitandole a credere. 
Divergent di Veronica Roth per Laura Marotta è quel romanzo che, grazie alla protagonista Beatrice e al suo mondo distopico, riusciamo a comprendere che sì, esistono le difficoltà e gli aspetti negativi e che questi si possono superare non nascondendo le proprie debolezze ma accettandole. Non serve indossare il mantello dei supereroi, perché è già in noi. 
Un'estate con la strega dell'Ovest di Kaho Nashiki è il libro che per Elena Sbaraglia invita a riflettere su come, troppo spesso, la diffidenza verso gli altri e verso le nostre capacità ci isola e non ci fa vedere oltre, ma grazie ai giusti insegnamenti e ad un buon allenamento, si potranno rivelare tante meraviglie invisibili che ci faranno acquisire sicurezza in noi stessi e fiducia negli altri.
Buona lettura

sabato 2 gennaio 2021

Abbrutimento social(e)

Per quelli della mia generazione, cresciuti televisivamente parlando con le americane Dallas, Sentieri, Santa Barbara e con le sudamericane Topazio, Manuela, Anche i ricchi piangono e poi con Beverly Hills 90210, Melrose Place (solo per citarne alcune) fino ad arrivare alla primissima serie televisiva Lost, che è stata uno spartiacque tra le vecchie telenovelas, o soap opera che dir si voglia e le nuove serie tv, rimane un mondo abbastanza sconosciuto tutto quello che ruota intorno a queste ultime e che porta il nome di Fandom, una comunità di appassionati (o vogliamo chiamarli ossessionati?) che aleggiano intorno ai loro personaggi, montando situazioni pseudoreali che viaggiano in parallelo con quelle delle fiction. Ai nostri tempi, dicevo, il massimo della nostra “ossessione” era andare a comprare Cioè in edicola e appendere sulla parete della nostra camera il poster del nostro beniamino e scambarci con le amiche qualche commento, sogno o risata. Non voglio fare la nostalgica, perché vivo anche io nel mondo social con tutte e due le scarpe e non demonizzo la tecnologia, tutt'altro, so che i tempi evolvono e tutto, a livello mediatico, viene esposto e sovraesposto, troppo spesso senza filtri. 
Penso, però, che io e molti come me abbiamo gli strumenti per difenderci e per saper stare con discrezione in queste new community. Non tutti, ovvio, altrimenti non dovremmo inorridire per le gogne che debbono subire alcune persone, l'ultima in ordine di tempo la prima infermiera ad essere vaccinata contro il Covid, solo perché i cosiddetti “leoni da tastiera” (termine a mio avviso inappropriato perché i leoni sono animali intelligenti che attaccano solo se attaccati o per procacciarsi il cibo) non condividono quel pensiero o quell'azione e si sentono in dovere di attaccare solo per il malato senso di esistere come identità sociale. 
Siamo persone libere fin quando non si invade la libertà altrui non è solo una frase da baci Perugina, ma dovrebbe essere un tratto del nostro DNA. E quello che accade in queste comunità di ossessionati è proprio l'esatto contrario. Di queste fandom ne sono venuta a conoscenza per puro caso, tramite Instagram, quando mi sono capitati dei post su una serie televisiva turca Erkenci Kus (Day dreamer in Italia) interpretata da Can Yaman e Demet Ozdemir. 
Un vero e proprio successo mondiale per questi due attori, che però, sui social non hanno più un briciolo di libertà (e forse anche nelle loro vite private).
Quando si intraprende una carriera nello spettacolo è vero che il confine tra vita privata e pubblica è sottile, ma in questa specifica circostanza le varie fandom entrano a gamba tesa nella quotidianità degli attori come mai avevo visto fare fino ad ora. Non è che nel nostro Bel Paese manchino episodi di intromissione nelle vite altrui al limite del legale, ma in questo caso sono rimasta allibita. Non me ne vogliano le fan di uno o dell'altra, o quelle delle loro dizi (eh sì, molte scrivono anche in turco) che li sostengono come è giusto che sia, né quelle che hanno creato fandom in cui vorrebbero Yaman e Ozdemir insieme anche nella vita reale, perché è plausibile sognare visto che entrambi si sono dichiarati single. Mi rivolgo invece a quelle ossessionate che “odiano” lui o lei (più la Ozdemir, mi sembra, che ha la sola colpa di essere bellissima, indiscutibilmente e a detta di molti bravissima) e che legano Can Yaman ad un'altra attrice con cui ha lavorato in precedenza e che però è felicemente fidanzata da diversi anni. Ecco, quotidianamente assisto a post in cui li immaginano follemente innamorati, ma impossibilitati a vivere questo amore, ogni post che lui pubblica lo riferiscono a questa sofferenza amorosa e insultano verbalmente con una violenza inaudita chi va loro contro. Sono così cieche che non si rendono affatto conto di offendere in questo modo proprio i loro beniamini. 
Ora, a prescindere che tutto ciò che pubblichiamo diventa automaticamente di dominio pubblico e aperto alle libere interpretazioni di chi legge, trovo scandaloso l'accanimento morboso e sintomatico di giudizio sulla vita privata altrui che lo stesso David Rossi di Criminal Minds (per restare in tema televisivo) avrebbe difficoltà a spiegare. 
Ciò che spaventa di più, dicevo, è la guerra che si apre tra una e l'altra sponda a colpi di post che personalmente mi lasciano a dir poco perplessa, sia perché la produzione di botta e risposta è tale che non capisco quando le ossessionate hanno tempo per vivere la loro vita e sia perché leggerle è stato il pretesto per chiedermi (ci pensavo da molto in realtà ma questa faida, che trovo davvero insulsa, è stata la famosa goccia) quando e come è avvenuto questo abbrutimento social(e) che, purtroppo tocca problemi ben più gravi di questi. 
Quando siamo arrivati a questo punto di non ritorno? Non ci si poteva fermare prima? Siamo ancora in tempo per scendere? È anche questo figlio della C2B esperienziale? È giusto che i consumer (in questo specifico caso spettatori) siano liberi di interferire fino a questo punto nel business mediatico? 
Le grandi connessioni della nostra epoca dovrebbero servire per esportare conoscenza ed invece i cervelli si sono non solo appiattiti, ma uniformati ad un sentimento bruto e cieco. 
I social, se da un lato uniscono e fanno sentire parte di una grande comunità, dall'altro hanno sicuramente assunto il ruolo di sfiatatoi delle proprie frustrazioni, che invece di accettare e convertire in energia positiva, risulta più facile vomitare addosso a bersagli (umani), che siano attori, politici, sanitari o semplicemente persone che la pensano diversamente. Tutto quello che ci è successo questo anno non ci ha insomma reso migliori e non ci resta che sperare, nel 2021, in una radicale inversione di tendenza.
Elena Sbaraglia