Chi ci conosce e segue da anni, sa quanto la scelta di intitolare il nostro libro Nati per raccontare non sia affatto casuale, perché senza alcun dubbio, crediamo da sempre nell'immenso potere della narrazione orale. Non solo, siamo sempre stati fermamente convinti che raccontare sia un'esigenza primaria di fondamentale importanza per lo sviluppo della persona. Pertanto, stimolando precocemente il pensiero narrativo nei bambini, si potenzia anche il loro pensiero logico e quello critico, come ci insegna la neuroeducazione che negli ultimi anni sta svolgendo un ruolo importantissimo in pedagogia.
La neuroscienziata e pediatra Kimberly Noble definisce ambiente linguistico di una famiglia il numero di parole ascoltate dai bambini e il numero delle conversazioni a cui partecipano ogni giorno e ritiene che questa sia per loro l'esperienza più utile a sviluppare il connettoma e a migliorare la capacità di apprendimento. Secondo la Noble, nei primi anni di vita, i bambini avvantaggiati ascoltano in media trenta milioni di parole in più rispetto ai loro coetanei svantaggiati. I bambini, sollecitati da conversazioni attive, tendono ad avere una maggiore estensione delle aree responsabili delle abilità linguistiche e di lettura. È importantissimo, quindi, facilitarli alle conversazioni piuttosto che al solo ascolto.
L'economista Irene Tinagli dice che il maggior divario cognitivo si ha nella fascia di età al di sotto dei cinque anni; è in questa fase che i bambini iniziano ad apprendere parole e linguaggi, a sviluppare e “organizzare” le attività cerebrali e cognitive e, soprattutto, a interagire col mondo esterno, acquisire socialità, curiosità e sicurezza in sé stessi. Ed è in questo periodo che il background familiare e le scelte educative fanno la differenza... Se dalle università escono il 15% di professionisti, dall’infanzia esce il 100% del nostro futuro.
In Spiriti animali, Akerlof e Shiller scrivono: «La mente umana è progettata per pensare in termini narrativi: sequenze di eventi con una logica e una dinamica interna che ci appaiono come un’unità di senso compiuto. [...] La conversazione umana, come sottolineavano Schank e Abelson, tende ad assumere la forma di racconto reciproco». È capitato a tutti: quando una persona sta raccontando una storia, l’altra che ascolta pensa a una storia correlata che racconterà a sua volta e si innescherà così uno scambio di storie tra i due interlocutori, come se stessero giocando una partita di tennis. Solo in apparenza casuali, queste narrazioni reciproche, in realtà, rinforzano e sono centrali per l’intelligenza, perché hanno il potere di animare l’azione umana. Capita più spesso di quanto si pensi e a volte in maniera involontaria, di zittire i bambini nel momento in cui vogliono entrare nella conversazione con un adulto che sta parlando e questo è un errore che può causare grandi inibizioni nel bambino che possono rimanere salde nei suoi comportamenti futuri. Un esempio per noi molto bello da riferire è quando, nei nostri laboratori scolastici paragoniamo, la narrazione alla discesa lungo una scala molto ripida e i bambini, in seguito a questo stimolo, iniziano spontaneamente a raccontare le loro esperienze di scale molto ripide in una maniera meravigliosamente inarrestabile. Fermare queste conversazioni sarebbe catastrofico, non solo per la riuscita del laboratorio, ma soprattutto per l'autostima e la fiducia che i bambini in questi momenti stanno sperimentando. Purtroppo abbiamo assistito a tante situazioni, anche durante presentazioni di libri, in cui gli adulti stoppano sul nascere il dialogo che un bambino vorrebbe iniziare e su questo auspichiamo davvero un'attenzione maggiore da parte di tutti.
Nel capitolo di Nati per raccontare che abbiamo dedicato all'educazione attraverso la narrazione, si può leggere che l’intelletto dei bambini, stimolato precocemente attraverso dalle storie, diventa più vivace e inoltre educare al racconto potenzia la personalità e genera apertura mentale. I rapporti interpersonali in ambito familiare, scolastico, professionale e sociale migliorano grazie a una narrazione condivisa che riesce a interpretare i sentimenti, i valori, i bisogni reciproci e ad attivare la fiducia, un elemento essenziale nella costruzione del proprio sé e nella percezione dell’altro. Dare fiducia alle narrazioni che ispirano renderà il mondo migliore.
Dario Amadei e Elena Sbaraglia
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