lunedì 26 gennaio 2015

Let it Lok: Paura

Quando ci siamo dentro è difficile uscirne, e soprattutto renderci consapevoli. Perché in qualche arcana maniera conosciamo la verità, ma preferiamo non dischiuderla a noi stessi, perché abbiamo paura. Dare libero sfogo alla nostra primordiale essenza, al nostro puro essere ci terrorizza. E allora ci creiamo le prigioni.
Temiamo la mutabilità, ci ancoriamo all’abitudine, alla sicurezza. Ci muriamo nei castelli della nostra mente, visto che ciò che è al di là delle mura di cinta ci fa tremare; e allora prediligiamo la confortevole consuetudine di professare la libertà, mentre in realtà, stiamo erigendo, mattone dopo mattone, la nostra peggiore galera.
Nel pozzo sepolto, giace muta la certezza di essere ammanettati, eppure optiamo ogni nuova mattina, ogni notte di sconforto, per l’illusione di vivere la vita che desideriamo. Scegliamo di persuaderci che tutto sia esattamente come lo vorremmo, e che ci troviamo nel posto dove desidereremmo essere. E così facendo, ci allontaniamo via a gambe levate: via dalla meritevole conoscenza, via dalla realistica essenza, via da noi stessi.
È un po’ come l’attimo in cui devi attraversare la strada, e non ci sono semafori a infonderti rassicurazione. Guardi, e riguardi, e pensi, aspettando l’attimo meno rischioso; le auto sono ancora troppo lontane, anzi neanche ne vedi l’ombra, eppure c’è qualcosa che blocca la pianta dei tuoi piedi, una super potente colla vinilica che ti tiene in trappola tra l’ansia di raggiungere il marciapiede opposto e l’insinuante pensiero  di essere stroncato da un pirata della strada. Forse è tutto inconscio, ma questo meccanismo agisce, e ti incatena. E mentre le tue mani sudano a freddo, i tuoi insidiosi pensieri manipolano la realtà, e la sponda di fronte a te appare sempre più irraggiungibile, tic toc, tic toc, il tempo scorre, e una nuova paura si insedia sinuosamente nei meandri della tua mente: ti accorgi, disperato, di essere in procinto di perdere il bus. L’orchestra della tue testa continua a suonare con eleganza paranoiche sinfonie. E il paradosso accade: una nuova paura scaccia quella vecchia e finalmente ti lanci sulle strisce pedonali. In quel momento non ti sei liberato, anzi hai aggiunto un altro mattone alla tua cella: il tuo coraggio è fittizio. E nel frattempo, scopri deluso che hai anche perso l’autobus, e senza di quello non potrai mai arrivare puntuale all’occasione della tua vita. Perché? Perché senza un dispositivo meccanico che ti suggerisca il momento perfetto per attraversare ti senti perso. Sapete da dove nasce l’appellativo pirati della strada? Beh, la risposta è ovvia: non rispettano il codice della strada, quindi figuratevi se una luce verde o rossa faccia la differenza. Eppure hai lasciato condizionare te stesso e la tua esistenza da un pensiero tenebroso, e futile. È ciò che accade quotidianamente, ed in ogni momento: la paura guida le nostre azioni, i nostri desideri, i nostri modi di fare. Siamo incastrati in meccanismi impercettibili e non vogliamo rendercene conto, e questa stessa consapevolezza, piuttosto che darci stimoli per liberarci, ci rende ancora più prigionieri. E allora l’unica soluzione, per raggiungere il marciapiede opposto è lanciarsi, naturalmente scrutando a destra e a manca con consapevolezza e pienezza, ma senza bombardarsi la mente e distruggere la realtà, ed imparare così a vivere senza semafori!
Filomena "Lok" Locantore

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