domenica 15 gennaio 2012

Una volta c'era il pensiero...

Emmaus di Alessandro Baricco
L’io narrante è  un adolescente della media borghesia,  vive la propria fede cristiana condividendola con tre amici Luca, Bobby e il Santo senza contraddizioni o latitanze, con un impegno rigoroso e convinto. Il resto del mondo, quello oltre la parrocchia, l’ospedale dove i ragazzi praticano volontariato, sembra ostinatamente costretto al di fuori. Ma il gruppo percepisce, anche se inconsciamente, che ai margini di quella esistenza c'è un'altra realtà: un universo non attraversato da binari religiosi ma segnato dal disordine, dalla violenza e dal sesso, strade in cui si cammina e si inciampa…
Il romanzo si snoda con movimenti lenti o a tratti velocissimi, storie che viaggiano su un percorso inedito e inconsueto, quello del cattolicesimo praticante, declinato con la formazione di giovani vite: i protagonisti della storia. Tutto si compie, si ripete o si ricompone in un’apparente confusione e mancanza di un fine che in conclusione è solo la ricerca o l’impossibilità di restare sulla strada tracciata dal vecchio o dalla tradizione; lo sguardo non può non vagare oltre, il sesso non può continuare nelle collaudate e quasi incomplete pratiche, l’irrompere sulla scena della bellezza quasi androgina della giovane Andrè dimostra che la vita non è tracciata neanche da una fede che tutto prevede sulle modalità del “come stare al mondo”.
Emmaus è la metafora dell’incapacità di riconoscere nonostante la conoscenza. Come nell'episodio dei discepoli di Emmaus, il brano del Vangelo preferito dai protagonisti, in cui la natura del Messia si rivela quando lui è ormai svanito. E la stessa certezza della conoscenza diviene effimera.
È la parabola dell’irrompere del vero, inteso come contraddizione, domanda, inquietudine, ambivalenza, perché il vero non è VERITÀ, è tutt’altro. Non sarà il cattolicesimo a salvare i protagonisti dalla contraddizione, non sarà il gruppo: se vorrai vedere sul serio, sperimentare la conoscenza con prove ed errori praticherai l’esercizio del dubbio oltre le certezze indotte, accetterai di non capire, aspetterai che il mosaico si componga. Forse.
"Siamo molto normali, non è previsto un altro piano che essere normali, è un'inclinazione che abbiamo ereditato nel sangue. Per generazioni le nostre famiglie hanno lavorato a limare la vita fino a toglierle ogni evidenza – qualsiasi asperità che potesse segnalarci all'occhio umano". E questa presentazione dell’io narrante mi pare la cifra su cui ragionare, il filo d’Arianna da tenere stretto in mano mentre si legge il romanzo.
Ombretta D’Ulisse

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