mercoledì 22 gennaio 2014

Voci di quartiere

Accade alle volte... di Alfredo Tagliavia

Accade alle volte che il pedonale della Portuense non scatti mai, sembra di aspettare una vita o due, vien voglia di tornare indietro due trecento metri per dirigersi a quello precedente, di fronte al supermercato biologico, quello che si prenota col pulsantino, pochi secondi e scatta, come per magia, ma ecco, proprio mentre rare macchine sfrecciano veloci, e il camminatore solitario è affaccendato in questi pensieri, il semaforo scatta senza preavviso: ora è verde, si può attraversare.
Alle volte accade che sia domenica mattina, magari una bella giornata di sole, nonostante la fine dell’autunno vicina, accade che il camminatore solitario si trovi su di una strada larga e lunga, tutta palazzotti e magri alberelli, piantati come coltelli sul cemento, ora anche più magri (hanno perso quasi tutte le foglie rossastre catapultate sull’asfalto), e nemmeno un negozio, solo un angolo commerciale con grande catena ristoratrice, banca e centro privato di analisi cliniche : sequenza commercialmente perfetta, viene da pensare al camminatore solitario, prelevare al bancomat, abbuffarsi di cibo geneticamente modificato, e infine, con il resto dei già pochi soldi a disposizione, correre a farsi un controllo d’urgenza per complicazioni intestinali sopraggiunte, tutto a portata di mano.
Ma accade alle volte che la via percorsa susciti un ricordo improvviso, al camminatore solitario ora potrebbe tornare in mente, quella strada un tempo non era così, non c’erano palazzotti né alberelli, né catene di ristoratori o banchieri, quella strada in discesa un tempo era tutta campagna, se lo ricorda il camminatore, l’odore di rugiada nelle fredde mattine d’inverno, il profumo d’erba bagnata quando all’alba aveva piovuto, la mano di sua madre che lo accompagnava fino a scuola, le pecore sullo spiazzale che attraversavano solo un po’ più in giù, non era tanto tempo fa, gli anni delle sue scuole elementari, metà anni Ottanta forse, e quella strada di periferia di Monteverde nuovo era così, campagna brulla, vergine.
Alle volte accade di vivere nei ricordi, ora però basta col passato, bisogna vivere il presente, i ricordi non sono mai veri, soltanto menzogne che il pensiero racconta a se stesso, idealizzazioni di felicità mai accadute, nostalgie di altezze mai raggiunte, e lo sa bene il camminatore solitario, ora che la discesa è terminata, è arrivato dritto allo spiazzale della concessionaria, l’orologio della farmacia potrebbe segnare mezzogiorno, si potrebbe addirittura arrivare in tempo alla messa di don Giampiero (o almeno così potrebbe pensare, il camminatore solitario).
     Ma invece di andare dritti si cincischia (accade alle volte), così a zig zag, tra bambini che si danno il turno sulle altalene, raggi di sole poco più forti che illuminano una piazzetta, laboriose trattative di acquisti in un piccolo mercatino, trambusto lieve della domenica mattina, così può accadere che il camminatore solitario arrivi alla messa in ritardo, quando si è già arrivati all’omelia, don Giampiero è una specie di piccolo don Milani, ora grida parole con enfasi dall’altare della sua piccola parrocchia, una costruzione in legno in cui a malapena filtrano i raggi, lontana dagli sfarzi kitsch di altre chiese della zona, si agita con semplicità, chiama i ragazzi per nome, a volte li fa andare all’altare, altre volte scende dal pulpito e va a cercarli lui, microfono alla mano, pone domande importanti, pare che ora stia dicendo che Dio vuole comunicare davvero con loro, che non dice “più tardi ti invio un sms”, oppure “whatsappiamoci”, che vuole davvero entrare nel loro cuore, nonostante questo mondo tecnologico e tecnocratico, chissà cosa capiranno delle sue parole quei ragazzi, studenti delle medie o dei primi anni delle superiori, si starà chiedendo il camminatore solitario, e però l’atmosfera che si respira in quelle quattro scarne mura gli piace, è bella, sa di verità almeno per un’ora a settimana, per questo potrebbe tornarci anche domenica prossima, chi lo sa.
Ma il camminatore solitario ora potrebbe voler andare via, uscire fuori dalla chiesa all’improvviso, prima che finisca la messa (alle volte accade), e all’uscita imbattersi in Evasio, avrà più di cinquant’anni ormai, di domenica a quell’ora se ne sta sempre là, buttato a terra, la motoretta scassata vicino, un tempo girava con una vespetta, ora ha uno scooter bianco che sembra abbia fatto la guerra, lo conoscono tutti come mezzapiotta, da decenni passa a chiedere spicci in giro per il quartiere, la barba sempre lunga, i capelli sempre più ricci e alti sulla fronte, la tuta sempre sporca, e pensare che un tempo era un brillante studente di medicina, una famiglia benestante alle spalle, poi ha cominciato a farsi, a vivere così alla rinfusa, pensa la vita che direzioni impreviste può prendere, viene da dire fra sé e sé al camminatore solitario, lui è sempre incuriosito dalla presenza di dettagli poco ordinari delle vite degli altri, ora potrebbe aver voglia di avvicinare Evasio, fargli delle domande, sapere di più sulla sua vita, magari anche realizzare una bella intervista e registrarla, ma come al solito non ne avrà coraggio, probabilmente scapperà svoltando al primo angolo dietro la piazzetta.
Accade alle volte di preferire strade secondarie, evitare il frastuono delle arterie principali, addentrarsi in vicoletti inaspettati, ogni volta che si percorrono è una sorpresa, come adesso ad esempio, il camminatore solitario potrebbe aver preferito la deviazione di vicolo della Serpe, il sole splendere un po’ più forte e deciso, la stradina una stretta e sottile curva ad u, per qualche minuto nasconde la città al camminatore solitario, casette da un lato, campagna che nessuno sa dove porta dall’altro lato, ricorda la strada di Martino Testadura, quella che nella favola di Rodari non porta da nessuna parte, qui quando passa una macchina si avverte da lontano, ci si sposta sul lato dell’erba stoppacciosa, non c’è spazio per due camminatori a vicolo della Serpe, ora si è alzato anche un venticello leggero, scosta le foglie da terra, fa cadere le ultime rimaste attaccate agli alberi, il camminatore solitario lo avverte per un piccolo brivido alle spalle, ora un soffio improvviso un po’ più forte,  è arrivato quasi alla fine del tunnel di alberi e foglie, la città sta per ricominciare, si capisce dal rumore sordo dello sfrecciare delle macchine, un bidone stracolmo d’immondizia, uno straniero che sta frugando dentro, una coppia che gli grida qualcosa contro in romanesco, un dialogo che degenera presto in battibecco, poi turbine di parolacce e insulti, il camminatore solitario potrebbe voler intervenire, dire qualcosa, forse gli verrebbe di insultare a sua volta i due romaneschi ma non lo fa, e poi non servirebbe a niente, non capirebbero, ora deve accelerare il passo, andare oltre, ha una certa fretta, potrebbe già essere l’una passata, di domenica a quest’ora scatta il coprifuoco, anche nei supermercati e nei centri commerciali, già c’è poca gente in giro, il vento lieve è pure calato, il sole velato da una nuvola innocua, le serrande dei palazzi mezze abbassate, l’atmosfera è ferma, il pedonale della Portuense stranamente è già scattato, alle volte accade.                                    

(Alfredo  Tagliavia)

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