sabato 29 ottobre 2011

Affascinanti misteri. A proposito del traffico cittadino

Siamo tanti, tantissimi. E tutti hanno tanto da fare. Tragicomici paradossi del traffico cittadino. ..un esempio romano.

Roma è un immenso e ininterrotto ingorgo. Tra le ore trascorse nell'ingorgo e quelle nella ricerca del parcheggio, la gente svolge il più rapidamente possibile le faccende della vita, tipo lavorare, sposarsi, avere dei figli. Spesso queste cose si fanno anche restando sulla soglia, controllando la macchina parcheggiata in quarta fila.
L'ingorgo è tentacolare, si snoda intorno ai monumenti, si infila nei vicoli, si ingigantisce sulla tangenziale, la sua velocità di movimento è quasi sempre impercettibile, eppure piano piano, inspiegabilmente, tra ripetuti blocchi, si arriva.
L'ingorgo però non si ferma mai, anche se per qualche minuto qualcuno ne esce, lui continua a tempo pieno, alle due di notte come a mezzogiorno, alle quattro del mattino come alle otto e mezza. Dove vanno tutti quanti, a tutte le ore del giorno e della notte? Inutile chiederselo: l'importante per noi è muoverci.
Il fatto è che siamo tanti, tantissimi. E tutti abbiamo tanto da fare, a partire dai bambini che a tre anni ogni pomeriggio devono attraversare la città per andare in piscina, al campo di polo, alle lezioni di recitazione, al corso simultaneo di inglese, arabo e cinese, al coro e alle prove di free climbing.
E poi i romani lo sanno che le strade sono strette, che non ci si passa, che non c'è parcheggio, però non sanno resistere al fascino della macchinona. E così imbottigliati nel familiare ingorgo ci sono migliaia di bolidi rombanti, con il solito unico passeggero che, sentendosi molto “figo” sulla sua macchinona, sterza a destra e a sinistra, sale sui marciapiedi, uccide tre o quattro passanti e rientra nell'ingorgo una macchina dopo, avendo guadagnato un bel metro di strada tondo tondo.
Ma i romani sono felici, perché così non si annoiano, e anche perché quasi tutti preferiscono di gran lunga l'ingorgo alla terrificante idea di dover fare un metro a piedi o ancor peggio di prendere un autobus.
Ormai siamo geneticamente modificati: respiriamo benzene e polveri sottili al posto dell’ossigeno e quando andiamo in vacanza ci mettiamo in auto, tutti in fila sul lungomare per prendere il gelato a 100 metri di distanza.
Ma se provassimo a scendere?

Original post: http://www.terranauta.it/a297/l_urlo/affascinanti_misteri_a_proposito_del_traffico_cittadino.html

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