Ci sono attività che regalano grandi emozioni ed hanno tra gli aspetti fondamentali quello di fermarsi ad ascoltare, arte ormai rara in un mondo come quello attuale, dominato dalla tecnologia e legato alle performance.
Quando gli interlocutori principali sono i bambini e le insegnanti l’unico atteggiamento che si può assumere è quello umano, empatico, proteso verso l’altro.
Secondo Dario Amadei (medico, co-fondatore di Magic BlueRay, autore di libri per ragazzi ed esperto di bibliolettura interattiva e narrazione creativa) quando si entra in una classe per la prima volta è fondamentale presentarsi in punta di piedi, lasciando fuori dalla porta ogni delirio di onniscienza e aspettare che i bambini accolgano nel loro mondo. Parlare il loro stesso linguaggio è ciò che distingue un bravo educatore da un educatore bravo.
“Le storie esistono già dentro di noi” dice sempre Amadei in apertura dei suoi seminari “basta solo saperle ascoltare e dar loro voce”. Preparare i bambini alla ricerca della storia che hanno dentro è tra le basi di una buona didattica e per farlo è necessario lasciare vagare l’immaginazione, essere recettivi, aperti e disponibili ad ascoltare in modo positivo e libero da pregiudizi. Non bisogna frenare lo spirito creativo che emerge, anche se sembra che abbia lontanamente a che fare con quanto si sta producendo e questo perché ogni bambino ha i suoi tempi e i suoi modi per arrivare all’obiettivo. Se viene posto un freno all’elaborazione il bambino si autocensurerà e confinerà lo spirito creativo dentro di sé.
Lo psicologo Jerome Bruner affermava che il bambino non è un recipiente vuoto da riempire di nozioni, ma è qualcuno capace di ragionare, di fare senso, sia per conto proprio che attraverso il dialogo con gli altri. Il bambino viene considerato capace non meno dell’adulto di riflettere sul suo stesso pensiero e di correggere le sue idee e le sue nozioni attraverso la riflessione.
"È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena". Questa frase di Michel de Montaigne, ripresa dal filosofo e sociologo Edgar Morin, racchiude l’essenza di quanto sperimentato in questi anni di laboratori di narrazione creativa.
I bambini amano raccontare, amano le parole che danno senso alle loro idee, cercano il confronto, stanno sempre con le mani alzate desiderosi di esprimersi e sanno ascoltare gli interventi dei loro compagni e degli adulti.
Il principio narrativo aiuta i bambini a creare una versione del mondo in cui possono immaginare un posto per sé, un mondo personale. Introdurre strumenti narrativi, come la fiaba, o il racconto breve di diverso genere letterario, permette di elaborare la storia della propria vita facendo intervenire personaggi e ambienti in cui identificarsi.
È noto che i bambini apprendono per imitazione, imparano dall’esposizione didattica, ma vanno visti anche come pensatori. La comprensione viene promossa tramite la discussione e la collaborazione, che incoraggiano il bambino a esprimere meglio le sue idee, attuando un incontro con le menti di altri che possono avere dei punti di vista diversi.
E di apprendimento collaborativo si parla quando i bambini esprimono e correggono le proprie credenze nel dialogo.
Durante la giornata finale di un laboratorio ci piace sempre ringraziare i bambini perché nelle ore in cui siamo stati insieme ci hanno regalato tanto. Ci hanno insegnato a guardare il mondo con i loro occhi, ci hanno fatto capire che per raggiungere un obiettivo, che nel nostro caso è raccontare una storia, sono necessarie le idee di tutti e tutti aggiungono qualcosa durante il viaggio sulle ali della fantasia. I bambini ci hanno insegnato che lavorando insieme ci si diverte di più e che ci si può esprimere liberamente senza essere giudicati. Ci hanno anche insegnato che si può imparare giocando e che è bello nutrirsi di pane e meraviglia.
L’interazione che la narrazione creativa genera fa sperimentare ai bambini un senso di efficacia personale e di piacere, perché si sentono riconosciuti e confermati. La narrazione aiuta a riflettere, a produrre idee e a identificarsi con l'altro. È uno strumento didattico potente e allo stesso tempo ludico, che educa al rispetto reciproco e al confronto i bambini, sempre più smarriti nell’incomunicabilità generata da una “Tecnologia Nera” (cit. Dario Amadei) spietata.
I bambini purtroppo tendono ad imitare i protagonisti e i gesti dei loro videogiochi preferiti e dei cartoni animati che li bombardano quotidianamente ed è per questo che l’emozionalità nata durante la narrazione creativa assume un valore educativo molto importante.
Raccontare fiabe è identificarsi con il personaggio a cui danno vita e il compito dell’insegnante o dell’esperto, che in quel momento li guida lungo la scala della narrazione, è quello di incoraggiarli a far fluire liberamente le loro idee, a confrontarsi e ad ascoltare i compagni per giungere insieme al traguardo comune che è quello di dar vita alla loro storia.
Ognuno di noi ha la possibilità, con la narrazione, di esternare il suo mondo interiore, trasmettendo le sue emozioni e rendendo concrete, nella parola scritta, delle situazioni importanti della sua vita.
Come dice spesso Dario Amadei, il mondo attuale vuole sempre più convincerci che solo alcune persone sono abilitate a raccontare storie (gli sceneggiatori, gli scrittori, i giornalisti) ed è quindi un importantissimo compito degli educatori far recuperare ai bambini la capacità di raccontare delle storie che altrimenti rimarrebbero per sempre imprigionate dentro di loro.
Elena Sbaraglia
Bibliografia
Bruner J., La fabbrica delle storie, Editori Laterza, 2002
Bruner J., La cultura dell’educazione, Feltrinelli, 2001
Goleman D., Ray M., Kaufman P., Lo spirito creativo, Rizzoli, 1999
Sbaraglia E., Step by step, la tecnica di scrittura creativa di Dario Amadei, Edizioni Simple, 2013
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