martedì 14 luglio 2020

I corpi che abitano gli spazi

In quest'epoca un po' strana per i bambini e in un certo senso invivibile, non si gioca più in strada, non si può più fare perchè le strade sono invase dalle macchine e da pericoli di ogni tipo... Chi come me ha avuto la fortuna di vivere l'esperienza libera dei giochi di strada può sapere quanto è stata importante per comprendere le potenzialità del proprio corpo e per imparare a gestirlo anche nella relazione con gli altri. In alcuni momenti ci si sentiva forti in una maniera invincibile, sani abbronzati dal sole e accarezzati dall'aria con qualunque tempo, perchè sia nel freddo che nel caldo si possono scoprire tesori. I pomeriggi dei bambini di oggi sono gestiti e scanditi da un'attivita sportiva in strutture organizzate (piscine e palestre) che per fortuna esistono, ma che purtroppo vengono inquinate spesso da un avviamento ad un'attività preagonistica/agonistica, o comunque incanalata in schemi rigidi, troppo precoce. Il gioco viene sostituito dal sacrificio, dalla competitività, dall'ansia di raggiungere un risultato a tutti i costi e il bambino non scopre più da solo le potenzialità del suo corpo che lo rendono assolutamente unico, perchè viene imprigionato in schemi che lo costringono a ripetere gesti e movimenti che gli vengono imposti come se fosse una marionetta. Cavalli selvaggi, mustang vengono trasformati in cavalli da circo che danzano sulla pista, polli ruspanti trasformati in polli allevati in batteria. Il corpo viene poi seppellito sotto strati di vestiti che lo mortificano anche in climi non rigidi come il nostro... Spesso incontriamo a scuola bambini con magliette a mezze maniche in pieno inverno che non provengono da Marte, ma da Paesi del Nord Europa dove hanno imparato a non mortificare la termoregolazione... E ci sono mamme apprensive che vorrebbero accompagnare i propri pargoletti in macchina sin dentro la classe temendo di vederli morire assiderati o affogati sotto la pioggia. Si può quindi facilmente comprendere quanto importante sia in questo campo il ruolo delle insegnanti e delle educatrici che devono seguire la crescita del bambino permettendogli di scoprire liberamente la sua corporeità. Importantissimo è anche stimolare la manualità del bambino, spesso soffocata dall'utilizzo sbagliato di dispositivi elettronici, con l'uso di piccoli strumenti e con giochi fatti con ciò che è a portata di mano, che saranno una difesa contro l'uso ossessivo dei videogiochi. 

Queste riflessioni sono precedenti alla pandemia che stiamo vivendo, ma sono così tremendamente attuali, perché oggi più che mai i bambini e i ragazzi sono quelli che maggiormente stanno soffrendo l'immobilità a cui siamo stati tutti costretti. Nella fase della ripresa non si può in alcun modo prescindere da una proposta che viaggi nella direzione del rispetto e dell'avere cura dei messaggi provenienti dal corpo che sono alla base di un'educazione che contrasta i problemi causati dall'ipocinesia. 
Tutto ciò è previsto già nei nidi e nelle scuole dell'infanzia che pianificano le progettualità tenendo conto dei tempi e dei modi di tutti i bambini, accettando ed apprezzando le diversità etniche, culturali, linguistiche, ma anche le ridotte abilità di compagni meno dotati, che spesso sono vissute dai singoli come barriera, come ostacolo e, talvolta, con senso di rifiuto. Perché non ci dimentichiamo che il linguaggio del corpo è anche uno strumento di comunicazione e di relazione. Quando anni fa portammo il mimometro all'interno dei nostri progetti in biblioteca, ci consideravano un po' folli, ma la narrazione passa anche attraverso il corpo e non c'è momento più entusiasmante di quando si lasciano liberi i bambini di interpretare, con la loro corporeità, la storia che hanno appena raccontato. Fateci caso, la prima cosa che fanno i bambini quando entrano in un ambiente è abitarlo, spostando le sedie o altri oggetti per avere la giusta dimensione del movimento dei loro corpi. Quando andranno prese decisioni sul futuro della formazione dei ragazzi, ricordiamoci di permettere loro di vivere, con il proprio corpo, tutte le esperienze possibili, di scoprirne le varie parti che lo compongono, di sperimentare i vari movimenti nello spazio con tempi e ritmi diversi, da soli, con gli altri e con o senza oggetti. Perché se è vero che in questo particolare momento drammatico, i social e i mezzi informatici in genere hanno accorciato le distanze fisiche, sono strumenti che non potranno mai sostituirsi alle relazioni umane.
Dario Amadei e Elena Sbaraglia

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