Della fiaba di Cenerentola ho sempre mal retto che il destino benevolo di una ragazza dovesse arrivare ‘via principe innamorato’.Erano altri tempi, si dirà: già ma quelle favole le raccontiamo alle bimbe di oggi, così come le leggevano a me da bambina, spesso senza stimolare nessuna riflessione critica sul tema. Insomma, tu femmina, anche nella sventura, pensa solo ad apparire bella e accalappiati un buon partito...
Tuttavia, nella fiaba originale, ‘La Gatta Cenerentola’ di Giambattista Basile potremmo dire che la protagonista, Zerzolla, nei lunghi anni della sventura, non se ne sta certo con le mani in mano ad autocommiserarsi ma, al contrario, costruisce da sé la propria salvezza con azioni sempre molto coraggiose, talvolta addirittura brutali ed esecrabili: per esempio quando uccide la madre perfida con l'inganno o quando, per ben tre volte, decide di sfuggire dalle intenzioni del re innamorato perso della sua bellezza e riesce a seminare, con stratagemmi magici (che altro non rappresentano se non le nostre infinite risorse interiori), i servitori reali che le danno la caccia.
Certo, alla fine dovrà sposarlo quel re invaghito perso - difficilmente a un re, nel Seicento napoletano, potevi opporre impunemente un rifiuto - ma non ho dubbi che una fanciulla così determinata saprà, anche a corte, trovare il modo per esigere i propri spazi di benessere e autoaffermazione proprio come da bambina aveva saputo sottrarsi ai condizionamenti soffocanti della madre prima e dell'educatrice tanto amata poi (e già, anche chi ci vuol tanto bene non è detto che abbia le capacità di ‘lasciarci sbocciare’ come vorremmo e meriteremmo).
Ultima nota: queste favole su Cenerentola sono tutte intrise di sgradevolissima ‘cultura patriarcale’ però poi, nei fatti, sti maschi so' tutti mosci da morire e fanno spesso solo la figura delle belle statuine e dei bimbi capricciosi. La ‘cancel culture’ ce la risparmiamo volentieri ma sempre dovremmo accompagnare la lettura di queste fiabe ‘d'altri tempi’ con riflessioni più ‘contemporanee’.
«Che cosa desideri?» domandò.
Zezolla rispose che desiderava uscir qualche volta di casa, senza che le sorelle lo sapessero.
«Quando vorrai farlo» rispose la fata «vieni alla pianta e ripeti: dattero mio dorato, con la zappetta d'oro t'ho zappato, con il secchiello d'oro innaffiato e con la seta t'ho asciugato. Spoglia te e vesti me! Quando poi vorrai riprendere i tuoi soliti abiti, devi solo cambiare l'ultimo verso e dire: spoglia me e vesti te!».
(La Gatta Cenerentola, Guarire con Basile, Dario Amadei)
Laura Marotta
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