Vi siete mai interrogati sul senso delle frasi “Leggere è importantissimo!”, “Bisogna leggere di più!”?
Familiari ritornelli, a cui le nostre orecchie sono
avvezze sin dalla tenera età, esattamente dalle scuole elementari quando i
maestri iniziano a condannarci a questo aspro “sacrificio” imponendoci la
lettura dei famigerati libri di
narrativa durante le vacanze estive. Quasi un incubo, per la stragrande
maggioranza dei bambini!
- La lettura incentiva la conoscenza
dell’ortografia, delle regole grammaticali, delle strutture sintattiche,
migliora le capacità espressive, quindi l’eloquenza discorsiva; arricchisce il
bagaglio lessicale, nonché quello culturale. - ci ribadivano.
Ma posta in questi
termini la lettura, ad un bambino di soli 7-8 anni, appare paragonabile al
terribile “zimox”, obbligatorio antibiotico da
ingoiare, contro ogni volontà, in caso di mal di gola e febbre. Del
tutto comprensibile, dunque, la negativa reazione fanciullesca dinanzi a questi
“ponderosi malloppi di indecifrabili pagine”, a cui, ovviamente risultano
preferibili i cartoons, i video-giochi, i tablet, i social-networks e chi più
ne ha, più ne metta.
Naturalmente la lettura supera qualsiasi aspetto
accademico, pedantesco: leggere è molto più che apprendere per perfezionare
rigide nozioni linguistiche. La lettura è il passepartout per un mondo tutto
nuovo ed inesplorato. I libri, certo, sono una medicina, un indispensabile sciroppo per non rischiare di
incappare nella triste e grigia sorte dei meccanici allievi del Signor
Gradgrind, severo e occluso maestro protagonista del rinomato romanzo
dickensiano Hard Time. Egli aborrisce categoricamente qualsiasi cosa non sia
esplicabile attraverso i numeri e la
fantasia per i suoi poveri burattini è un dichiarato tabù: guai a chi provi ad osare con la sua
immaginazione e ad infrangere gli inalienabili standard. Ecco a voi uno dei motivi per cui “bisogna
leggere di più” sin da giovanissimi! Ma c’è dell’altro.
Qualche giorno fa, ho avuto il piacere di assistere
ad un interessantissimo incontro letterario presso la Casa Cava nei Sassi di
Matera, dove con grande partecipazione e ammirazione è stato accolto il prof.
Pietro Dorfles, scrittore e critico letterario, autore de “I cento libri”. In
questo libro, egli ci accompagna in un coinvolgente iter attraverso il fascinoso
mondo della letteratura, analizzando i cento capolavori che
meglio incarnano il nostro immaginario letterario condiviso e ineludibile.
Naturalmente la disquisizione non ha potuto lasciarmi indifferente: un
pullulare di riflessioni e spunti ha immediatamente cominciato a sgorgare nel
mio porto sepolto.
“I libri sono un cannocchiale, che ci permette di
guardare lontano” ha affermato il Sig. Dorfles. Splendidamente vero! Quanto, ma
quanto, la nostra mente ha viaggiato attraverso, parole, pagine, capitoli? Nel
passato, nel futuro, nel presente, per mondi esotici, terre sconosciute, remote
civiltà, variopinte culture. Con un libro in mano puoi sentirti cittadino del
mondo nella solitaria solitudine della tua cameretta: misteriosamente il mondo
ti si svela nella sua più estasiante completezza.
E quanti viaggi attraverso la storia e i suoi
orrori, attraverso i peccati e i mali della società, passata e odierna: pensate
per esempio a “Se questo è un uomo” di Primo Levi o alle distopie di Huxley e
Orwell. Ricordate la sua Animal Farm, in cui “alcuni animali sono più uguali
degli altri”? Beh credo non ci sia una migliore allegoria della società
anti-meritocratica in cui siamo intrappolati oggigiorno. Come potremmo penetrare
nelle profonde e oscure viscere del nostro mondo se non attraverso i libri? La
lettura rischiara il passato, il presente e persino il futuro dell’umanità.
Leggere ci mette in contatto con “l’altro”, allarga
i nostri orizzonti, rivoluziona il nostro sguardo verso il mondo, ci consente
di superare barriere di qualsiasi tipo.
Riflettete su “Siddharta” il grande cult capolavoro di Herman Hesse, un
approccio all’esistenza totalmente innovativo e anticonformista, un tempo
inconcepibile per la civiltà occidentale.
Quale arricchimento più auspicabile? Beh in realtà a
mio parere c’è ancora dell’altro. Avete mai riflettuto su quanto leggere
faciliti il viaggio attraverso il luogo più ignoto che ci sia: noi stessi?
I libri sono una lente d’ingrandimento per indagare
la nostra anima. Una chiave per il libero accesso alla nostra introspezione.
Naturalmente, le parole impresse su anonimi fogli di carta, scaturiscono in noi
centinaia di migliaia di emozioni, sensazioni, ricordi, associazioni,
riflessioni, aiutandoci ad avvicinarci sempre più alla nostra essenza. Quante
volte ci siamo immedesimati nei personaggi dei romanzi, interrogandoci su come
avremmo reagito noi al loro posto, cosa avremmo fatto, pensato; saremmo
fuggiti? Avremmo saputo dare una risposta? Avremmo perdonato? Avremmo avuto
paura? Avremmo amato? Ed ecco venire a galla segreti desideri, arcani timori,
dimenticate sofferenze , inconsce ansie. E così una lettura consapevole diventa
un eccellente ed efficace strumento per conoscerci meglio, per mettere a nudo
ciò che realmente siamo, lasciando cadere le maschere a cui ci costringiamo
quando siamo fuori dalla nostra cameretta.
Anche leggere può essere il primo passo per
rivoluzionare sé stessi. Ecco la ragione per la quale quei famosi ritornelli,
in fondo, racchiudono verità imprescindibili.
Filomena Lok Locantore
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