venerdì 5 gennaio 2024

Lo spazio come terzo comunicatore

Lo spazio come terzo comunicatore. No, non è un errore di battitura, non volevamo scrivere lo spazio come terzo educatore, volevamo scrivere proprio “comunicatore” perché quando si tratta di relazioni e stili comunicativi, anche gli spazi parlano, hanno un loro linguaggio, sono un mezzo di comunicazione. Se consideriamo gli spazi che abitano i bambini e le bambine nei nidi e nelle scuole dell'infanzia (ma vogliamo dire anche nelle case e nei luoghi pubblici) questi devono avere un linguaggio chiaro, semplice, riconoscibile nell'immediato, perché il bambino e la bambina possano avviare un dialogo di fruibilità e di agiatezza. Cosa significa?
Che se noi basiamo la centralità del bambino sulla sua autonomia, questa può essere esercitata solo se noi adulti rendiamo gli ambienti identificabili per il loro uso, distinguibili tra un angolo e un altro in modo che non si crei confusione nel bambino e nella bambina che stanno ricevendo un messaggio, sperimentando quella funzionalità, quell'abitabilità dello spazio. In un angolo morbido, il tappeto e i cuscini comunicano al bambino e alla bambina rilassatezza, riposo, calma. In un angolo di loose parts, i materiali destrutturati comunicano offrendo opportunità e soluzioni. In un angolo di giochi d'acqua, la comunicazione sarà gioiosa, caotica, molto coinvolgente da un punto di vista emotivo.
Se consideriamo, invece, gli spazi abitati da noi adulti, per gli incontri con le famiglie, piuttosto che quelli per le riunioni tra colleghe e colleghi, la comunicazione spaziale dovrà essere priva di equivoci, di sovrapposizioni, riservata. Lo spazio non dovrà avere ostacoli fisici, bisognerà predisporre l'ambiente con il giusto numero di oggetti (sedie, appoggi vari), esattemente per il giusto numero di persone che lo abiteranno. In questo modo, il luogo, prima ancora che la nostra voce, parlerà di accoglienza, di attesa dell'incontro, di condivisione e di comprensione e distenderà gli animi se, magari, sono preoccupati, o contrariati.
Dario Amadei e Elena Sbaraglia

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