Lo spazio come terzo
comunicatore. No, non è un errore di battitura, non volevamo
scrivere lo spazio come terzo educatore, volevamo scrivere proprio
“comunicatore” perché quando si tratta di relazioni e stili
comunicativi, anche gli spazi parlano, hanno un loro linguaggio, sono un mezzo di comunicazione. Se consideriamo gli spazi che abitano i bambini e le bambine nei nidi e nelle scuole dell'infanzia (ma vogliamo dire anche nelle case e nei luoghi pubblici) questi devono avere un linguaggio chiaro, semplice, riconoscibile nell'immediato, perché il bambino e la bambina possano avviare un dialogo di fruibilità e di agiatezza. Cosa significa? Che se noi basiamo la centralità del bambino sulla sua autonomia, questa può essere esercitata solo se noi adulti rendiamo gli ambienti identificabili per il loro uso, distinguibili tra un angolo e un altro in modo che non si crei confusione nel bambino e nella bambina che stanno ricevendo un messaggio, sperimentando quella funzionalità, quell'abitabilità dello spazio. In un angolo morbido, il tappeto e i cuscini comunicano al bambino e alla bambina rilassatezza, riposo, calma. In un angolo di loose parts, i materiali destrutturati comunicano offrendo opportunità e soluzioni. In un angolo di giochi d'acqua, la comunicazione sarà gioiosa, caotica, molto coinvolgente da un punto di vista emotivo.

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