martedì 3 settembre 2024

Atelier di lettura

ATELIER di lettura…LEGGERE, ASCOLTARE, NARRARE, OSSERVARE, SFOGLIARE…LE PAGINE DI UN LIBRO nel nido Peter Pan di Monte Mario a Roma

La lettura di libri con immagini, nelle sue varie forme, come un silent book, è uno degli strumenti educativi più duttili e stimolanti che le educatrici possono usare con i bambini del nido. Leggere ad alta voce ai piccoli ogni giorno apporta dei benefici nello sviluppo del bambino tra cui un importante incremento del linguaggio. Non solo, aumenta il livello di attenzione, migliora la memoria e sviluppa l’amore e l’interesse verso i libri.
Leggere ad alta voce fa crescere l’intelligenza! Il progetto delle educatrici del nido Peter Pan di Monte Mario a Roma nasce dall’obiettivo di far appassionare i piccoli, alternando momenti di lettura animata a suoni collegati al testo scelto. Si tratta di un’esperienza sensoriale concreta di riproduzione di situazioni piacevoli, di sollecitazioni motivazionali, di affinamento delle competenze in una visione globale in cui aspetti emozionali e cognitivi sono strettamente intricati.
“Durante il laboratorio abbiamo notato quale interesse abbiano i bambini a guardare le immagini di un libro, aiutandoli a scoprire i diversi mondi che hanno da offrire e il modo più bello per sfogliarli ed apprezzarli. Abbiamo osservato che la magia prende corpo ogni volta che nelle pagine compaiono figure affascinanti e mondi tridimensionali". La magia della comunicazione è nelle parole e al tempo stesso nel silenzio: esse regalano storie, racconti e viaggi sollecitando la fantasia e il pensiero creativo.
L’onda di Suzy Lee... Questo silent book racconta la storia dell’incontro di una bambina con il mondo del mare: prima osservato curiosamente dall’esterno, poi sfiorato timidamente e infine “giocato” fra spruzzi e scherzi, con la compagnia di un buffo gruppo di gabbiani. Fino a quando i loro mondi si incontrano con un’onda che colora tutto di azzurro, e si possono raccogliere le conchiglie come il regalo di un nuovo amico…
La forza educativa della narrazione è rappresentata mirabilmente da un’antica tradizione delle donne del Guatemala: durante la gravidanza raccontano al nascituro i nomi delle piante e tutto ciò che appartiene all’ambiente naturale, man mano che incontrano nel cammino piante fiori animali. L’incontro con il mare è un po’ qualcosa di ancestrale, perché per nove mesi il bambino ha condiviso lo stesso ambiente di un pesciolino. Per cui quando arriva l’onda a riempire di azzurro è come un ricrearsi di un particolare equilibrio, che si può toccare con mano nelle immagini appositamente tracciate. E come se tracce mnemiche venissero a rinforzarsi e a dare spazio al gioco. Attraverso la narrazione si contribuisce alla formazione della personalità in armonia con tutto ciò che ci circonda.
Angela Melillo

lunedì 19 agosto 2024

La cura delle storie tra immagini e parole

Gli albi illustrati sono scrigni meravigliosi e trasformativi, pieni di immagini e parole, aprendoli si scoprono strade che accedono a mondi interni e paesaggi interiori di cui, spesso non possediamo le chiavi. Dove finiscono le parole e le immagini che leggiamo, ascoltiamo e guardiamo attraverso un albo illustrato? Si depositano dentro di noi, come piccoli semi, poggiando sulle nostre storie e con calma germogliano portandoci nuovi inaspettati punti di vista.
Lo sanno bene i bambini che, dopo aver usufruito della lettura ad alta voce di un albo illustrato, hanno premura di parlare, urgenza di raccontare cosa, quella storia ascoltata e ammirata, ha sollecitato in loro... ricordi del passato, intuizioni per il futuro.
I bambini sono maestri in questo, prendono avidamente tutto ciò che c’è da prendere in una lettura fatta insieme. Rimanendo in relazione con loro, durante la lettura, si scopre che sono in grado di condividere idee, soluzioni, nuove storie, la bellezza di ciò che hanno contemplato, sono generosi nel restituire e donare i loro racconti, le loro narrazioni e i ricordi vissuti.
Ma cosa succede se offriamo, come lettura, un albo illustrato ad un adulto?
L'albo illustrato viene sempre erroneamente considerato un "libro per bambini".
Questo stereotipo è duro a morire, perché l'albo è uno strumento che non si conosce ancora abbastanza, perché i libri con le "figure" fanno pensare ad una facilità di fruizione, perché mettere in gioco noi stessi non è mai facile.
Lo sa bene chi si rivolge a me come psicoterapeuta, quando nella stanza delle parole all'improvviso tiro fuori questo strumento potente e complesso.
La prima reazione è sempre scettica, incredula: "dottoressa perché un libro per bambini?". Quando poi ci immergiamo insieme nel testo e nelle illustrazioni, quello che ho tra le mani diventa un meraviglioso ponte tra me e la persona che ho di fronte, tra la persona e il suo inconscio.
Un ponte capace di portarci nelle trame della sua storia, per ri-narrarla insieme, al di là di ciò che è giusto o sbagliato, dove intrecciare nuovi vissuti, diversi punti di vista su quella stessa storia, attraverso i sentiti che quella storia e quelle immagini hanno fatto risuonare.
Lo sa bene, anche, chi partecipa ai miei gruppi di “Libroterapia illustrata”, il gruppo diventa una cassa di risonanza di vissuti “altri”, dove i membri del gruppo possono rispecchiarsi o aprirsi a nuove possibilità, all’interno del “cerchio magico” (AMADEI, SBARAGLIA, 2020).
Quando si legge insieme un albo illustrato o un silent book, e se ne condividono le impressioni, i pensieri, le emozioni provate, questo strumento diventa un ponte su cui, tutti i partecipanti al gruppo, possono salire per esprimere ciò che sentono per narrare la propria storia, per potersi concedere di ri-narrarla a sé stessi con nuovi sguardi facendosi guidare da opportunità che non avevano mai considerato prima di ascoltare gli altri.
Condurre questi gruppi (di bambini e adulti), di cui io stessa faccio parte, in cui mi metto in gioco, mi fa stare in una posizione privilegiata di “custode di storie” e portatrice di possibilità, attraverso quel meraviglioso oggetto che è l’albo illustrato.
Tornando alla metafora del ponte vorrei ricordare che, in questa prospettiva, esso diventa un collegamento tra adulto e bambino, adulto e adulto, adulto/bambino e albo illustrato.
Ciò che rende potente queste opere d’arte, quali gli albi illustrati, è la relazione che hanno con l’essere umano in ogni fase del ciclo di vita.
Se, come sostiene Jella Lepman, i libri sono “educatori silenziosi”, prendersi cura dei bambini attraverso la letteratura è il modo migliore per accompagnarli nella crescita, dargli la possibilità di imboccare quei “ponti sospesi tra immagini e parole” (TERRUSI, 2012), come luoghi aperti, tempo di ricerca, incontro, scoperta e avventura; in questa prospettiva l’albo illustrato è uno strumento con enormi potenzialità. (VECCHINI, 2019).
dr.ssa Luana De Quattro, psicoterapeuta, biblioterapeuta, insegnante


Bibliografia:
D. Amadei, E. Sbaraglia, (2020), Nati per raccontare. Castelvecchi, Roma.
J. Lepman, (2018), Un ponte di libri. Sinnos, Roma.
M. Terrusi, (2012), Albi illustrati. Leggere, guardare, nominare il mondo nei libri per l’infanzia. Carocci, Roma.
S. Vecchini, (2019), Una frescura al centro del petto. L’albo illustrato nella crescita e nella vita interiore dei bambini. Topipittori, Milano.

martedì 23 luglio 2024

Coding, una risorsa efficace e preziosa

Viviamo nell’era dei cosiddetti “nativi digitali”, in cui i bambini, sin da piccolissimi, familiarizzano con i dispositivi offerti dal mondo della tecnologia, spesso non sufficientemente controllati dalle famiglie riguardo ai tempi di utilizzo e, man mano che crescono, anche relativamente ai contenuti, per cui si passa facilmente dall’uso all’abuso, con grossi rischi a livello fisico, cerebrale, relazionale.
Ma non per questo dobbiamo demonizzare la tecnologia che, utilizzata in modo consapevole e adeguato e, parlando di bambini, sotto l’occhio vigile degli adulti, costituisce una risorsa preziosa in ogni ambito dell’apprendimento. Gli strumenti digitali e i contenuti multimediali che popolano oggi la nostra vita quotidiana sanno catturare l'attenzione dei bambini e ragazzi e comunicare con loro in modo efficace e diretto. La tecnologia a scuola è una risorsa preziosa, capace di trasformare l’apprendimento in un'occasione di crescita agile e divertente e fornisce inoltre strumenti di qualità, in grado di promuovere l'uso della memoria, lo sviluppo della fantasia e della curiosità, assecondando i bisogni didattici degli alunni.
Nel lontano 2002 la nostra scuola ha introdotto la tecnologia e l’informatica come corso opzionale pomeridiano alla Scuola Primaria, allestendo il laboratorio informatico-multimediale con apposite postazioni per i bambini, mentre dal 2004 questa disciplina è stata inserita nel curricolo scolastico, ben prima dell’esistenza delle Indicazioni Nazionali e della legge 107/2015, chiamata anche della “Buona Scuola”.
Dal 2017 abbiamo cominciato anche con i bambini dell’ultimo anno della Scuola dell’Infanzia, inserendo tecnologia e informatica nel “Progetto continuità” con la Primaria.
Poi, un validissimo corso di formazione per educatrici e insegnanti del settore 0-6 su “Coding e pensiero computazionale” ci ha condotto a capirne l’importanza nell’apprendimento e nella didattica. Seguendo le indicazioni della bravissima formatrice e attivandoci con l’acquisto di alcune Bee bot e la preparazione di reticolati, servendoci di storie e fiabe note ai bambini, abbiamo iniziato nel 2018 un vero e proprio progetto di coding, lavorando sempre in continuità con i bambini di 5 anni della Scuola dell’Infanzia e le prime 3 classi della Primaria. Non solo, ma abbiamo anche attuato un approccio alla pixel art, che avvicina gradualmente sempre più alla codifica ed è un’ulteriore modalità per accompagnare i bambini allo sviluppo delle competenze computazionali.
Dopo la battuta d’arresto dovuta alla pandemia e la successiva ripresa molto cauta, abbiamo continuato il percorso di tecnologia e di informatica, sospendendo momentaneamente il coding, in vista di una formazione e preparazione più approfondita e sostenuta che ci ha portato a un salto di qualità non indifferente.
Durante l’anno scolastico appena trascorso, mentre le docenti nelle varie classi hanno utilizzato il coding e la pixel art, l’insegnante di tecnologia e informatica ha reintrodotto i reticolati e le Bee bot con le classi dei più piccoli, mentre ha avviato gli alunni delle classi 4^ e 5^ all’uso della piattaforma Scratch, validissima per imparare a programmare e migliorare le proprie abilità di coding. I bambini infatti hanno imparato a programmare animazioni, giochi e storie interattive e condividere il risultato del loro lavoro con gli altri.
Qual è l’obiettivo da raggiungere e quali sono i vantaggi che gli alunni possono ricavarne? L’intento è quello di promuovere in ogni bambina e bambino la capacità di approcciarsi alle situazioni in modo analitico, di trovare e pianificare le soluzioni più adatte, dopo aver individuato i vari aspetti del problema. Il coding, infatti, si basa su attività finalizzate ad apprendere il pensiero logico e analitico orientato alla risoluzione di problemi. Di fronte a ogni situazione in cui è richiesta una procedura da elaborare, la costruzione di una sequenza di operazioni e un insieme di connessioni da stabilire, il pensiero computazionale fornisce un fondamentale supporto.
La tecnologia e le attività informatiche, come programmare un piccolo video gioco sulla piattaforma Scratch o altra simile, rendono gli alunni capaci non di programmare meccanicamente, bensì apprendendo, attuando delle strategie mentali per risolvere situazioni.
C’è inoltre un altro risvolto di fondamentale importanza: il coding favorisce l’apprendimento cooperativo perché viene utilizzata con frequenza la modalità di lavoro in gruppo o in coppie e questo permette ai bambini di potenziare le proprie abilità sociali, ma anche di rafforzare la loro autonomia perché, come dice Vygotskij, “ciò che i bambini sanno fare insieme oggi, domani sapranno farlo da soli”.
Il coding, infine, è un prezioso alleato per quanto riguarda l’inclusione, perché attira e coinvolge i bambini con fragilità e bisogni speciali e permette di attivare la classe o sezione in modalità diversificata, permettendo a questi bambini di acquisire con più facilità competenze di tipo matematico e di orientamento spaziale.
Per concludere, la bellezza e il valore aggiunto del coding stanno nel fatto che non si tratta di una particolare disciplina, ma di un metodo didattico, che ha due fondamentali caratteristiche: la trasversalità e l’interdisciplinarietà. Possiamo pertanto utilizzarlo sicuramente nella sfera logico-matematica, ma anche in quella linguistico-narrativa, nell’ambito dell’arte, utilizzando la pixel art, ma anche in quello della geografia, della storia, dell’attività motoria, e così via. Spesso a scuola costruiamo grandi reticolati con scotch carta sui pavimenti e le Bee bot sono sostituite da bambini che rivestono il ruolo di pedine viventi, mentre i “programmatori” forniscono le coordinate di movimento e danno le indicazioni necessarie per raggiungere la meta.
Per il prossimo anno scolastico ci siamo prefissi un’ulteriore sfida: approdare alla robotica, ancora più coinvolgente per i bambini, che dovranno impegnarsi a costruire e programmare piccoli robot. L’obiettivo è quello di condurli sempre più al “learning by doing”, potenziando le loro capacità di decodificare i linguaggi della programmazione, imparando a prendere dimestichezza con istruzioni sequenziali e metterle in pratica.
Sento già in me la… scossa elettrica dell’entusiasmo e vedo gli occhi dei bambini luccicare per la soddisfazione!
La coordinatrice Suor Mariapaola Campanella

lunedì 15 luglio 2024

La continuità, un valore inestimabile

La continuità ha nella vita della scuola un’importanza fondamentale, che viene spesso sminuita e presa in considerazione quasi solo in vista dei passaggi dei bambini da un ordine di scuola all’altro. È una visione alquanto riduttiva rispetto al valore molto più ampio e incisivo che può avere la continuità, se attuata in tutta la sua accezione e la sua ricchezza.
Il concetto di continuità educativa, che ha un significato più vasto rispetto alla continuità didattica, si riferisce a una dimensione di sviluppo e maturazione di ogni bambina e bambino, che avviene in maniera graduale e attraverso fasi successive, in cui quelle che seguono sono il prodotto di quelle precedenti.
La continuità, pertanto, è dotata di un valore irrinunciabile, a patto che si tengano presenti tutte le articolazioni possibili, sia di tipo pedagogico-didattico che organizzativo.
Lavorare in un istituto scolastico che abbia al suo interno vari ordini di scuola, a cominciare dai servizi educativi 0-3 sino alla Scuola Primaria, ai fini del lavoro di continuità è una risorsa preziosa, di cui non tutti possono fruire, soprattutto per motivi logistici, poiché in molti casi i plessi scolastici sono ubicati in posti diversi.
Alla scuola San Francesco di Sales abbiamo sempre attuato percorsi di continuità, inizialmente volti soprattutto a facilitare i passaggi dei bambini da un ordine di scuola all’altro, progettando momenti di lavoro insieme e spazi condivisi fra nido e infanzia, fra infanzia e primaria per dare l’opportunità ai bambini di conoscere la realtà dell’ordine di scuola successivo, gli insegnanti e gli ambienti. Questa fase, articolata in più giornate e in varie attività concordate fra le insegnanti ed educatrici, era poi sempre seguita dall’organizzazione degli Open Days aperti alle famiglie e finalizzati alla scelta della futura scuola.
Dopo la promulgazione della Legge n. 107 del 13 luglio 2015 con cui lo Stato ha istituito il “Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni”, reso poi attuabile col Decreto Legislativo n. 65 del 13 aprile 2017, il team pedagogico di educatrici del Nido e docenti della Scuola dell’Infanzia ha intrapreso percorsi di formazione e ha cominciato a sperimentare l’attuazione del Polo Zerosei. Ma con la pubblicazione delle “Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei” del novembre 2011 si è dato vita non solo a momenti formativi più intensi e mirati, ma anche a gruppi di lavoro misti, composti da educatrici e docenti, per la stesura in un vero e proprio Progetto Polo Zerosei d’istituto, in cui il discorso della continuità ha un ruolo veramente centrale.
Cominciando a lavorare insieme, a progettare collegialmente percorsi educativi e didattici comuni, a programmare momenti di attività in cui i più piccoli lavorano con i più grandi, riprogettando gli spazi interni ed esterni perché possano essere fruibili da tutti, a un certo punto ci siamo posti la domanda: «Perché zerosei e non zeroundici, dal momento che la nostra realtà scolastica comprende anche la scuola Primaria?».
E così abbiamo allargato i nostri orizzonti con l’obiettivo di assicurare una continuità ad ampio raggio, che permetta ad ogni bambina e bambino:
-di sentire “suo” ogni ambiente dell’edificio scolastico, sentendosi “a casa” ovunque, in grado di “abitare” e vivere a 360° la sua scuola;
-di applicare ogni giorno il vecchio proverbio africano «per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio», facendo sì che ogni bambina e bambino si senta al centro di relazioni positive non solo con i compagni, le educatrici o insegnanti del proprio gruppo, ma con tutti gli altri bambini e figure adulte della scuola; attuare in pratica quello che le Linee pedagogiche su citate chiamano “ecologia delle relazioni”, non solo in riferimento al settore Zerosei, ma aprendolo a tutta la scuola.
Il lavoro di continuità, pertanto, non è più relegato solo a momenti particolari, come in occasione delle giornate di Open Day, ma è parte integrante di tutto l’anno scolastico. Il curricolo verticale d’istituto e il Progetto Polo Zerosei sono costruiti collegialmente in questa ottica, inoltre ogni anno si sceglie una tematica trasversale e multidisciplinare, che non solo fa da “trait-d’union” tra le varie discipline o attività educative, ma coinvolge tutta la scuola in progetti e lavori fra gruppi misti. I temi trattati riguardano sempre gli ambienti della natura, la sostenibilità, la salvaguardia, facendo riferimento all’Agenda europea 2030.
È facile, girando per la scuola, imbattersi in gruppi di lavoro di età molto diverse, in cui ai bambini della classe 4^ affiancano i “cuccioli” di due anni, o in una sezione di scuola dell’infanzia il gruppo dei “nanetti” più piccoli o una classe di più grandi e via dicendo. Sono esperienze bellissime e irrinunciabili.
Questo percorso sta facendo crescere molto anche il team di insegnanti ed educatrici, nelle reciproche relazioni, nel saper progettare e lavorare insieme, nel verificare i percorsi fatti con l’aiuto di una adeguata documentazione, nel realizzare, insomma, un buon lavoro di squadra.
In tutto questo le famiglie dei bambini sono non solo informate, ma coinvolte attivamente, vivendo con loro momenti laboratoriali, condividendo i loro spazi in varie occasioni dell’anno e avendo l’opportunità di rendersi conto, attraverso la documentazione visiva, dei percorsi fatti.
Valorizzare e curare in ogni aspetto la continuità nella scuola è un investimento che non ha prezzo e i risultati che si raccolgono sono veramente sorprendenti, cominciando dal clima sereno che si respira in ogni ambiente, ma anche per le competenze che i bambini raggiungono e la capacità di entrare in relazione con gli altri, sviluppando abilità di cooperazione e di mentoring.
La coordinatrice Suor Mariapaola Campanella

venerdì 21 giugno 2024

Lo “spazio appartamento” dei piccoli

Chi non ricorda l’incanto degli ambienti raffigurati dalla maestria disneyana in quel capolavoro che è stato il film di “Biancaneve”? Sette seggioline intorno al tavolo, sette piccoli bicchieri, piatti, posate, una cucina artigianale su misura, e poi i lettini, i comodini, tutti gli elementi dell’arredo… in una atmosfera sognante!
Ecco, sembra questa l’atmosfera che si crea nello “spazio appartamento” dei piccoli, dove loro diventano i protagonisti a 360 gradi per la gestione delle attività che caratterizzano la vita quotidiana di una casa “in miniatura”.
Rappresentare: è la capacità di riprodurre, con qualsiasi forma espressiva, figurativa o plastica, elementi riferiti alla realtà oggettiva. Ricostruendo gli ambienti domestici si fornisce uno spazio di rappresentazione che consente una molteplicità di schemi derivati dalla fantasia dei bambini, che amplificano quelli appresi nella realtà familiare di ciascuno di loro. Diventa possibile operare un’assunzione di ruoli che, stravolgendo le dinamiche reali, consente di veicolare costruzioni simboliche fortemente significative all’interno di uno spazio ludico, di per sé rassicurante e riconoscibile.
In questo modo, giocare nell’appartamento dei bambini diventa, per le operatrici e gli operatori della scuola dell’infanzia, un’occasione irripetibile per cogliere sfumature del vissuto quotidiano che viene riportato nella rappresentazione di ciascuno, sulla scorta del modeling proprio, mostrando i limiti ma anche le potenzialità e le aspettative riprodotte nel canovaccio messo in scena ogni qualvolta si accede a questo spazio.
Diventa, così, possibile, entrando in punta di piedi nel gioco, lasciarsi trasportare dal gioco stesso e fornire nuovi stimoli, ampliare gli schemi e restituire ai piccoli protagonisti del momento il riconoscimento delle loro potenzialità, sulle ali della fantasia.
Angela Melillo

domenica 7 aprile 2024

Laboratorio “Oggi decido io”. La bellezza del “fare da soli” ma… insieme

Tra le finalità che le Indicazioni Nazionali del 2012 individuano per la Scuola dell’Infanzia, ha un notevole rilievo il promuovere nei bambini e nelle bambine lo sviluppo dell’autonomia, spiegando che cosa significa questa conquista: «avere fiducia in sé e fidarsi degli altri; provare soddisfazione nel fare da sé e saper chiedere aiuto o poter esprimere insoddisfazione e frustrazione elaborando progressivamente risposte e strategie; esprimere sentimenti ed emozioni; partecipare alle decisioni esprimendo opinioni, imparando ad operare scelte e ad assumere comportamenti e atteggiamenti sempre più consapevoli».
Tutti sappiamo che l’espressione “Aiutami a fare da solo” è uno dei più grandi insegnamenti di Maria Montessori e possiamo quasi dire che queste poche parole sintetizzano un po’ tutta la sua linea pedagogica, che mira a stimolare l’indipendenza e la libertà di scelta del bambino, favorendone lo sviluppo del senso di responsabilità e consapevolezza.
Il laboratorio “Oggi decido”, sperimentato dall’anno scorso in modo molto proficuo, non solo è un momento educativo in cui ogni bambino o bambina coglie la sfida di scegliere e organizzare delle attività in piena autonomia, mettendo alla prova se stess*, ma anche un momento di cooperazione con i coetanei, provenienti anche dalle altre sezioni e di età diverse. Offre inoltre alle insegnanti una grande opportunità per preziose osservazioni di cui fare tesoro nel quotidiano svolgimento delle giornate scolastiche, approfondendo la conoscenza e le abilità di ogni bambin* e il suo modo di relazionarsi con gli altri. 
Condividendo con me le sue osservazioni e riflessioni, la maestra Giulia scrive: «Vorrei continuare a vivere l'esperienza del laboratorio “Oggi decido io” perché mi offre sempre interessanti spunti di riflessione. È una grande occasione per osservare l'autonomia e il senso di autoefficacia dei bambini, che in diversi contesti, nelle attività quotidiane, a volte con tempi più brevi, appaiono meno in evidenza, difficili da cogliere con sicurezza. Alcuni bimbi, appena fatto il loro ingresso, hanno esordito chiedendo: “Cosa dobbiamo fare?”, con l'espressione scettica e un po' preoccupata di chi si sente senza una guida, di chi non ha un'indicazione precisa da seguire. “Quello che volete, con i materiali che preferite, nel modo che vi piace” ho risposto io, e a quella risposta uno di loro ha replicato: “Allora mi fermo un attimo e ci penso”. Si sono poi formati diversi sottogruppi: in un caso tre amiche, provenienti dalla sezione Gialla, una volta scelti i materiali che sembravano loro più interessanti, si sono organizzate sul lavoro da svolgere e si sono addirittura divise i compiti, facendo oltretutto attenzione a non sprecare carta. Appare molto più chiara anche la capacità di attenzione e concentrazione di ogni bambin*: i bimbi dal temperamento più calmo sono rimasti concentrati molto più a lungo sulla stessa attività, mentre, invece, i bimbi più vivaci hanno voluto provare subito attività diverse, per poi fermarsi in un secondo momento su quella preferita. Sono stati molto evidenti i percorsi di autoregolazione e autovalutazione dei bimbi durante tutto il periodo delle attività e anche l’aspetto emotivo del momento. Guardavano soddisfatti le loro opere, chiedendo però l'approvazione dell'insegnante o del loro amico seduto lì vicino. Alla mia domanda “Sei soddisfatto? Ti piace?”, non solo hanno risposto affermativamente ma hanno anche saputo motivare la loro risposta. Offrendo loro svariati tipi di materiale, ne hanno potuto sperimentare in maniera totalmente libera e indipendente l’utilizzo e l’efficacia secondo l'obiettivo che si erano dati: “La colla è troppo appiccicosa su questa carta (carta velina)…. Prendo quest'altra (cartoncino)”. Una bambina mi ha colpito in particolare modo perché, dopo essere stata per molto tempo impegnata a ritagliare piccoli pezzetti di carta di vario colore e incollarli sul foglio, alla domanda della sua amica che le chiedeva cosa avesse rappresentato, lei ha risposto: “Non lo so cosa ho fatto…Anzi sì, ho fatto quello che sentivo”».
Che dire se non che ogni frase, anzi ogni parola, va presa in considerazione da tutto il team pedagogico per diventare motivo di riflessione, di confronto e di valutazione del percorso in atto?
Alla voce della maestra Giulia si aggiunge quella della maestra Viola: «Liberi di muoversi negli ambienti delle tre sezioni e di adoperare il materiale destrutturato messo a disposizione, i bimbi e le bimbe imparano a gestire e ad organizzare il proprio tempo e le loro attività, scevri da condizionamenti esterni e ad utilizzare oggetti e strumenti a loro piacimento, implementando parallelamente la fantasia e l’immaginazione. Questo crea un vero e proprio circolo virtuoso che ha un impatto estremamente positivo sul bambin* che, diventando protagonista attiv* delle proprie scelte e facendo da sé, acquisisce maggiore consapevolezza e fiducia nelle proprie abilità, mostrandosi sempre più consci* nell’utilizzo della componente spazio-tempo».
Anche la maestra Assunta, che accompagna ogni volta il laboratorio con un delicato e rilassante sottofondo musicale, mi comunica il suo entusiasmo e la sua soddisfazione nel vedere i bambini e le bambine lavorare in un clima di cooperazione in cui i più grandi aiutano i più piccoli, insegnando loro tecniche e strategie e prendendosene cura, non con l’aria di chi, essendo più grande, ne sa di più, ma con un fare amorevole e protettivo. 
Non mi dilungo e concludo, ma ci sarebbe ancora molto da dire per esprimere la nostra meraviglia che si rinnova sempre perché i bambini non finiscono mai di stupirci col loro mondo magico e pieno di sorprese e noi ci emozioniamo ogni volta, sperimentando con i nostri occhi veri e propri…miracoli!
Suor Mariapaola Campanella e le docenti del Polo Zerosei

domenica 24 marzo 2024

“Non siamo solo donne, siamo storia”

“Non siamo solo donne, siamo storia”
Incontro di bibliolettura interattiva sulla discriminazione di genere Presso il Municipio roma xiii aurelio con le scuole del territorio
a cura di Dario Amadei e Elena Sbaraglia