Chi è Dario Amadei, scrittore?
Io sono una persona come tante in effetti. Però cerco di non lasciarmi risucchiare dal frullatore che oggi sta divorando la vita di tanti. Il mondo moderno impone delle regole e dei ritmi a volte disumani che ti trascinano in una specie di grande frullatore che ti fa perdere di vista quello che poi è lo scopo principale della nostra vita: vivere. E questo perché si dedica tutto il tempo al lavoro, al dovere e alla fine non ne rimane per se stessi. Io credo molto nella lettura e nella scrittura come strumenti che permettono alle persone di riscattarsi da questa situazione. La lettura permette di esplorare dei mondi lontani senza muoversi da casa propria e si può leggere sempre. A me le persone che dicono “Ah io non leggo perché non ho tempo” fanno un po’ tenerezza in effetti, perché se si vuole il tempo per leggere si trova sempre: si può leggere la mattina appena ci si sveglia, la sera quando si va a dormire, ma anche durante il giorno nelle pause delle proprie attività. E i libri hanno questa caratteristica, cioè stanno sempre lì ad attendere e le storie non scadono mai. La scrittura poi è uno strumento potente, se si riesce ad uscire un po’ da quella che è la scrittura imposta dalle scuole, dove viene vista come un mezzo che deve essere assunto come una medicina e spesso i ragazzi scrivono mal volentieri proprio perché sviluppano un’idea sbagliata della scrittura che invece è uno strumento importante per ognuno di noi perché ci permette di esprimerci. A volte in maniera palese, altre volte riusciamo ad esternare dei concetti che altrimenti non avremmo il coraggio di esprimere chiaramente e questo perché li possiamo ammantare di una struttura narrativa che li rende unici.
Quando è nata la tua passione per la parola scritta?
Il liceo Virgilio e il fiume Tevere rivestono una grandissima importanza nella mia vita, perché in questo liceo ho fatto le esperienze più importanti della mia giovinezza, che hanno poi condizionato tutta la mia vita futura. Ed è stato proprio qui in questa scuola che ho scoperto il mio amore per la scrittura. La mia aula era una di quelle che guardano sul Tevere. Sono poche le finestre della scuola che guardano sul Tevere ed io ho avuto la fortuna di passare tre anni in una di queste aule, quindi anche questo secondo me è stato un segno del destino. Debbo dire che in quegli anni ho seguito molto poco le lezioni, perché passavo la maggior parte del tempo a guardare fuori dalla finestra l’acqua del Tevere che scorreva. Poteva sembrare una perdita di tempo? Mah, in realtà così non è stato, perché il fiume mi ha regalato tantissimi suoi segreti ed io ne ho confidato moltissimi al fiume. Poi gli anni sono passati, io sono stato coinvolto dalla vita in tante altre storie, in tante altre avventure, però quei momenti passati qui nella scuola a guardare il Tevere sono stati i più importanti della mia vita. Quando ci torno, è inutile dirlo, provo sempre un’emozione molto forte e rimango sempre affascinato dal fiume perché penso che lui sta lì che continua a scorrere tranquillo come già scorreva tranquillo centinaia di anni fa, mentre io nel mio corso verso la foce cominciò a perdere colpi dopo una cinquantina d’anni. Comunque anche adesso quando ho un problema o quando ho qualche novità importante nella mia vita, vengo sempre qui, davanti al Virgilio sulla riva del fiume e confido al Tevere, cerco in lui delle risposte. E devo dire che il fiume, adesso come quando ero ragazzo, è sempre pronto a rispondermi nella maniera più giusta.
Voglio aggiungere due ricordi su tutti, che ho di questo tratto di lungotevere: il primo quando sono venuto la prima volta con mia madre per iscrivermi al primo anno. Venimmo qui un pomeriggio con la sua 500 scassata e quando attraversai il fiume e mi trovai di fronte la costruzione maestosa del Virgilio devo dire che rimasi affascinato ma anche intimorito. Poi un ricordo invece legato più strettamente al fiume: il sabato mattina noi entravamo alle 8 perché poi c’era il collettivo di classe e quindi le lezioni dovevano finire entro mezzogiorno. Mio padre, che lavorava a viale Trastevere, mi accompagnava con la sua macchina e mi lasciava dall’altra parte del fiume. Io ricordo alcune mattine di fine primavera, quasi estate, quando il sabato alle 8 meno un quarto attraversavo questo fiume, c’era una luce, un profumo, un’aria che mi regalavano una grande felicità, una grande speranza per il futuro. Ecco io in quei momenti sentivo veramente che la mia vita futura sarebbe stata meravigliosa.
Perché Cronache di Monterotto?
Monterotto, dov’è ambientato il mio nuovo libro, è un posto immaginario. Rappresenta la trasposizione letteraria di un luogo, di mille luoghi, di infiniti luoghi direi, che fanno parte della mia vita reale. Quindi, qualcuno che conosce le cose più segrete o più palesi della mia vita, leggendo il libro potrebbe riconoscere dei personaggi, delle situazioni, dei posti. Oppure no, perché poi quando si scrive un libro del genere in realtà è bene che lo scrittore lasci sempre un piccolo mistero da decriptare al lettore. Mi è stato detto che i personaggi di Monterotto sono dei personaggi mostruosi e questo fatto un po’ mi preoccupa, perché in realtà questi personaggi definiti mostruosi si possono incontrare nella vita di tutti i giorni. Quindi questo significa che il mondo moderno sta diventando un po’ mostruoso. Io a questo non voglio assolutamente credere.
Monterotto si chiama “rotto” perché un tempo era sicuramente aggiustato. per quale motivo si è rotto io questo non lo so, i motivi possono essere molteplici. Spero che in un futuro, non troppo lontano, torni ad aggiustarsi e questo accadrà solo se tutto noi ci impegneremo. Io mi impegno quotidianamente, ma questo potrebbe in effetti non essere sufficiente. Sono contento di parlare di Monterotto qui a Piazza Navona perché Piazza Navona è uno dei luoghi importanti di Magic BlueRay. Proprio qui tantissimi anni fa, quando avevo 16 anni, una zingara fece la profezia del delfino: mi disse che io sarei morto prima di quarant’anni, dopo aver avuto tre figli da tre donne diverse. C’ho creduto, non c’ho creduto, questo non si può dire in maniera definitiva: anche se razionalmente non ci credo, quella profezia qualcosa mi ha lasciato dentro. La zingara aveva aggiunto che, dopo la mia morte, mi sarei rincarnato in un delfino e il delfino è diventato uno dei personaggi importanti di tanti miei libri ma è diventato anche l’animale che ha creato Magic BlueRay dal nulla. Quindi io ringrazio quella zingara, dovunque lei sia in questo momento. Magari anche se era solamente una ciarlatana, che per tante volte aveva fatto delle profezie false, questa volta invece ha fatto una profezia importante e che si è avverata, almeno in parte.
Quali sono gli aspetti che rendono Cronache di Monterotto un libro ambientalista?
Tutti mi chiedono perché Cronache di Monterotto è un libro ambientalista. In effetti il messaggio è molto preciso anche se è posto in una maniera particolare, che non salta agli occhi in maniera evidente come in altre storie, come ad esempio in Un mondo migliore. È ambientato in un futuro prossimo o lontano, questo non si può dire, io spero sia un futuro lontano, anzi io spero che questo tempo descritto nella storia non venga mai. Si parla della Tecnologia Nera. La Tecnologia Nera è l’equivalente di quello che è la magia nera nei confronti della magia bianca. È un tipo di tecnologia che non ha più come scopo il bene dell’umanità, ma ha solo quello di arricchire chi la produce. La tecnologia ha cambiato la storia dell’umanità: le grandi invenzioni dei primi anni del novecento, che hanno poi attraversato tutto il secolo, hanno veramente cambiato la nostra vita, l’hanno resa migliore. Poi però sono cominciate ad apparire, sulla scena della nostra vita, delle invenzioni che ci hanno in effetti invaso. Ma che se ci fermiamo a riflettere un attimo poi, non sono così utili come sembrano e soprattutto vengono usate in una maniera sbagliata. Potrei fare degli esempi, esempi che fanno parte della vita di tutti i giorni, anche se molti non condivideranno quello che sto per dire. Ad esempio il telefono cellulare. Il telefono cellulare è una bellissima invenzione. Mio padre, che lavorava alle ferrovie, per tanti anni ha studiato la possibilità di telefonare dal treno in stazione (perché si potevano creare delle emergenze, ci poteva essere qualcuno che si sentiva male, oppure semplicemente qualcuno voleva contattare i parenti avvertendoli che stava arrivando). Quindi in questo senso il telefono cellulare, che ha superato l’idea iniziale di mio padre del telefono terra treno, è sulla carta un’invenzione molto utile. Il problema è che poi il cellulare non viene più usato in maniera utile, ma diventa uno strumento quasi diabolico. Intanto è diventato un oggetto di culto. La tecnologia ci propone telefoni cellulari che sono sempre più complessi, hanno miliardi di funzioni, sono sempre più costosi, sempre nuovi così veniamo spinti a buttare quello che abbiamo per comprarne un altro. Quindi ci portiamo a casa questi aggeggi, che sappiamo usare per un centesimo di quelle che sono le loro possibilità e ci stiamo ore ed ore attaccati anche se non ne abbiamo bisogno. Così come stiamo ore ed ore attaccati ad internet, finché praticamente il nostro cervello corre veramente il rischio di essere bruciato. Io sono preoccupato soprattutto per le nuove generazioni, perché vedo che tanti ragazzi giovani stanno finendo davvero schiavi di questa tecnologia che sta annientando le loro coscienze e li sta trasformando in robot. Robot che, tra qualche anno, al di fuori del mondo virtuale e di internet, se le cose continueranno ad andare avanti come stanno andando, non saranno più in grado di fare nulla. Qualche giorno fa siamo andati in una scuola ed io debbo dire che ho raccolto le impressioni dei ragazzi, perché si parlava appunto di questo argomento. In questa scuola hanno adottato Cronache di Monterotto ed una ragazza di tredici, quattordici anni mi diceva che il giorno prima era andata a casa di una sua amica… ecco ora andare a casa di un’amica è da sempre stato un momento importante, di socializzazione, un’occasione per scambiarsi delle confidenze, per fare qualcosa insieme… queste due ragazze invece si sono guardate in faccia e dopo un po’ non sapevano più cosa fare, quindi si sono messa ognuna su un computer diverso e hanno cominciato a chattare tra loro nella stessa stanza. Penso che una cosa del genere non abbia bisogno di alcuna spiegazione, penso sia un episodio che definisce in maniera perfetta quello che è la Tecnologia Nera e quello che, diciamo, è lo scopo di Cronache di Monterotto. Cioè quello di diffondere un messaggio tra i ragazzi per sperare che loro veramente, un domani, sentano dentro la necessità non di distruggere completamente il mondo che hanno avuto in eredità dai loro genitori, ma sentano veramente la necessità di rendere il mondo sempre migliore, al di là di tutte le imposizioni, al di là di tutte le mode, al di là di tutte i condizionamenti.
Come ti immagini i tuoi lettori?
Io ho avuto una grossa fortuna perché negli anni ho incontrato tantissimi dei miei lettori, perché i miei libri sono stati adottati nelle scuole e inseriti nei progetti di lettura e di scrittura. Quindi i lettori più che immaginarli li ho veramente conosciuti. I miei lettori chi sono? Sono ragazzi di tutte le età: i miei libri vengono considerati libri per ragazzi, però in realtà sono rivolti ad un pubblico più vasto, perché anche gli adulti possono trovarci qualcosa d’importante, a patto che siano adulti che sanno ancora sognare. Adulti che non abbiano serrato ancora il cassetto della fantasia, quello famoso, che ci ha descritto un bambino, che sta nella mente di tutti noi e che nei bambini è ben aperto, mentre negli adulti spesso è chiuso, serrato, perché noi adulti corriamo il rischio un po’ di farci coinvolgere e travolgere dalla razionalità. Invece, alcune volte, molto spesso, dovremmo lasciarci andare, perché questo ci fa bene, migliora la nostra vita. E i miei libri, appunto, hanno questo secondo me come caratteristica importante: aiutano la fantasia e permettono alla fantasia di liberarsi e di volare in alto. Spero in futuro di scrivere un libro che definisca bene questo concetto. L’ho già iniziato ed è un libro che ha per protagonista una ragazzina che ad un certo punto, dopo averlo desiderato per anni, riesce ad attraversare la linea dell’orizzonte e lì trova un mondo che l’aspetta e che spiegherà e le farà capire tantissime cose.
Elena Sbaraglia
Leggendo tra le righe, in particolare: "...ho seguito molto poco le lezioni, perché passavo la maggior parte del tempo a guardare fuori dalla finestra l'acqua del Tevere che scorreva. Poteva sembrare una perdita di tempo?" mi hai fatto ricordare una bellissima riflessione che Marguerite Yourcenar ha espresso in un suo libro: "...la strana condizione che é quella dell'intera esistenza, in cui tutto fluisce come l'acqua che scorre, ma cui, solo i fatti che hanno contato, invece di depositarsi sul fondo, emergono dalla superficie e raggiungono il mare..."
RispondiEliminaRoberto
Bellissima riflessione Roberto, grazie! Anche in Banana Yoshimoto c'è un bellissimo brano sull'importanza di vivere in una città con il fiume che accompagna lo scorrere del tempo lasciando inalterati però alcuni momenti della nostra vita.
Elimina