La nostra generazione, quando è apparsa sulla scena della società, ormai una quarantina di anni fa, aveva il cipiglio di chi voleva cambiare il mondo e il modo di vivere. Indubbiamente ci abbiamo provato ed abbiamo lottato, ma alla fine abbiamo fallito, non tanto per incapacità nostra, ma perché molti si sono tirati indietro e qualcuno purtroppo ha tradito quegli ideali. Il mondo che volevamo costruire pian piano si è sgretolato sotto i nostri piedi, giorno dopo giorno e adesso stiamo correndo il rischio di lasciare in eredità ai nostri ragazzi solo un pugno di sabbia. In una situazione del genere, è inutile continuare a ripetere, come pappagalli, dei concetti e degli slogan che magari ci provocano una scarica di adrenalina, ma che non hanno più alcun significato, sono solo un rigurgito di orgoglio di un gruppo di anziani nostalgici. Bisogna rintracciare dei modelli che rappresentino qualcosa d'importante, dei punti fermi e solidi su cui edificare qualcosa di nuovo. E bisogna tener presente due concetti fondamentali:
1) non ci possiamo salvare da soli
2) bisogna assolutamente tutelare l'immenso patrimonio rappresentato dai giovani
In tutto ciò la lezione di Paulo Freire assume un significato immenso. Da almeno una decina d'anni, prima da solo, poi insieme ad Elena Sbaraglia, vivo la scuola dal di dentro ed incontro quasi quotidianamente i ragazzi, non solo per insegnare qualcosa, ma anche e soprattutto, secondo quello che dice Freire, per imparare qualcosa da loro. In questo periodo, è inutile nasconderci dietro ad un dito, la scuola è allo sbando e si tiene in piedi solo grazie ad alcuni insegnanti, che resistono eroicamente sul ponte di comando. Fino a quando però sarà possibile? La cultura è stata considerata dai governi e dall'ultimo in particolare, zavorra inutile da buttare in mare, per salvare un'economia resa agonizzante dagli errori e dalla disonestà di chi doveva farla crescere. Dobbiamo tenere presente, come affermava Freire, che è importantissimo "apprendere la realtà come se ci appartenesse" e che senza la conoscenza non ci può essere la libertà.
Ricordiamo e ripetiamoci sempre, quando ci svegliamo la mattina e la sera quando andiamo a letto, che le dittature prosperano condannando le masse all'ignoranza. E' un concetto di vitale importanza e tutto il resto è spread. Non per niente, il primo libro pubblicato da Freire nel 1967 si intitolava "L'educazione come pratica della libertà".
Dario Amadei
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