lunedì 9 dicembre 2013

Let it Lok: A “U’PAES MI!”

È martedì 3 dicembre. Mi trovo a Lecce. Appena uscita dalla facoltà ricevo una telefonata da mia madre, che si trova a Montescaglioso, la mia città.
- Fil, non puoi immaginare cosa sta succedendo qua! Un casino! Sta crollando tutto!
Un po’ titubante, chiedo maggiori informazioni, ma ancora non riesco a realizzare l’entità della catastrofe che mia madre mi sta descrivendo; piuttosto mi pare di assistere al racconto di un film, o di un evento lontano anni luce dalla mia realtà.
Allungo il passo. Ho il respiro corto. Sono ansiosa di arrivare a casa: ho bisogno di dare un senso alle parole agghiaccianti di mia madre. Condivido un primo tenue allarmismo con la mia coinquilina, ma non sono ancora realmente toccata.
- Non può essere la mia Monte! – rifletto, rassicurandomi.
Sono a casa. Mi precipito in camera, accendo il pc, accedo su FB.
Davanti ai miei occhi si apre un sentiero buio e deserto verso un immenso senso di vuoto. Una sfilza di foto, video, aggiornamenti di stato, pubblicazioni, avvisi. Non posso credere ai miei occhi. No, non ci riesco proprio. Inizio a vedere qualche servizio su SudItaliaVideo e Montescaglioso.Net: crolli, crepe, strutture che sprofondano, distruzione, compaesani irrequieti, terrorizzati, disperati. Ma non basta: non riesco a realizzare.
Telefono di nuovo alla mia famiglia, come alla ricerca di una conferma. È sufficiente che mia madre risponda al telefono; basta il suo “ Pronto?!” nervoso, preoccupato e un po’ malinconico a farmi percepire il sapore di quel devasto.
È tutto vero: purtroppo non si tratta né di un film, né di un incubo: l’apocalissi sta davvero divorando la mia bella città. E un senso di vuoto sta divorando la mia anima.
Quel vuoto poco a poco si trasforma in una matassa di sentimenti confusi e violenti: inspiegabile a parole l’emozione struggente di vedere la propria città cedere, riempirsi di voragini, CROLLARE. Montescaglioso: “u paes mì”. La mia bella patria, gioiosa e allegra. Il sereno punto di ritrovo di amici, famiglie, giovani, anziani, sparsi nel mondo per il caotico fluire esistenziale.

La tana di sapori, musiche, profumi, ricordi, emozioni, unici, come la sensazionale atmosfera che avverto solo quando sono a casa, tra la mia gente, tra le mura della mia città. Come l’allegro e dolce sorriso dei montesi, quando tutti insieme si intona e si balla una cupa – cupa.
Montescaglioso: la mia oasi, in un continuo e freddo flusso di persone, cose, luoghi. Il mio angolo di pace. Montescaglioso: la città da cui molti sono fuggiti e ora non possono fare a meno di tornarci ripetutamente, aspettando per 11 mesi la prossima estate o il prossimo natale.
Montescaglioso: la città da cui tutti, in fondo in fondo, vorremmo scappare via, ma alla fine nessuno lo fa, semplicemente perché è Montescaglioso e l’amiamo. E tutti quelli che fuggono, prima o poi ci tornano; sempre. O continuano a viverci con il cuore e l’anima.

Cala la notte. Una notte lunga e interminabile, anche per me, che mi trovo a centinaia di km di distanza: è come se fossi in empatia con ogni singolo montese, che sta passando la notte in bianco per la paura, la desolazione o la rabbia. La raffica di immagini continua: la situazione degenera minuto per minuto. E il tempo non passa mai.
Sono arrabbiata nera. La natura non si ribellerebbe, se l’uomo non abusasse di lei, se l’uomo imparasse a sentirsi parte di un universo di cui lui non è il centro, in modo tale da generare una perfetta armonia; se l’uomo imparasse a sfruttare il “potere” per CREARE, non per distruggere.
Troppa incompetenza e poca meritocrazia.
Indignata. Monte, come il resto della Basilicata, sembra un fantasma. Non fa rumore il crollo di una città invisibile.
E poi d’un tratto triste.
Mi abbandono ai ricordi: la Contrada 5 Bocche, l’area colpita dalla frana, è la strada verso un sogno.
“Era un fresco pomeriggio di primavera. Il sole stava tramontando: il cielo era tinto di tutte le più belle sfumature che è in grado di sfoggiare. E io ero proprio lì su quella strada. Sfrecciavo sul motorino con un mio amico. “Diary” degli Angels & Airwaves correva come sottofondo. Eravamo due giovani spensierati fuori dal mondo e ci tenevamo per mano. Cercavamo la felicità. Respiravamo libertà. Innanzi a noi l’immensità del verde e del cielo. Era un sogno. Stavamo volando. Si: Volavamo!”
Non riesco a bloccare le lacrime.
Mi sembra così assurdo tutto ciò!

Passano infinite ore. Buio totale. Non c’è pace; solo i libri sembrano consolarmi un po’. È tutto bloccato in un vulcano che sta per esplodere.
Un bel mattino, appena apro gli occhi, vedo la prorompente bellezza del sole irradiarsi nella mia cameretta. È un nuovo giorno. Un inizio. Ogni volta che il sole torna a brillare dopo un temporale, sembra più lucente e bello di prima. E ciò che occorre a Montescaglioso: sbocciare dal fango, più bella e luminosa che mai, come un fior di loto.
I danni sono immani, quelli agli animi ancor di più. Ma ogni situazione, anche la più tremenda e catastrofica, racchiude in sé un qualcosa di positivo. Occorrono solo un po’ di coraggio, consapevolezza e forza per saper cogliere il fior di loto dal fango e lasciare che questo irradi luce su tutta l’oscurità che lo circonda. Sia, questa apocalisse, non l’apogeo di una situazione di precarietà, abbandono, invisibilità, malgoverno, devasto, bensì un punto di partenza. Il punto da cui iniziare a scalare la vetta per riportare il nostro gioiello nascosto a brillare come non mai. Sia questa catastrofe un lume per tutti noi, montesi e lucani, un input a rompere il silenzio, a porre fine a questa “violenza”, a riprendere la Nostra Terra dalle mani di chi l’ha ridotta ad una nullità. Sia un’occasione per cambiare tutto, realmente; per trasformare tutte le parole di insoddisfazione, critica, malcontento gettate così tra amici, conoscenti, familiari, in FATTI. Basta così con l’era del vittimismo, dei pianti per una terra consegnata alle mani sbagliate. Basta! Sia questa tragedia l’avvio per tutti noi di una nuova era, un nuovo modo di essere lucani: consapevoli, senza paura, e DISPONIBILI  al totale cambiamento di un sistema che ci ha privato già di troppo.
È ora di gridare al mondo intero chi siamo e quanto valiamo! È ora di prendere in mano le redini del destino della nostra amata terra con sicurezza, coraggio e consapevolezza. È ora di combattere: abbiamo già pianto abbastanza. Ciascuno parta da sé stesso: trasformi l’indignazione e la disperazione in energia positiva per creare. E poi tutti insieme, per far sbocciare il nostro fior di loto. Tutti insieme per svelare la bellezza celata della nostra terra e far si che si irradi ovunque.


Io ho trasformato la mia rabbia e tristezza in creatività; ho riempito il mio senso di vuoto con parole, ricordi, emozioni. Adesso tocca ad ogni Lucano!

Filomena Locantore 

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