È martedì 3 dicembre. Mi trovo
a Lecce. Appena uscita dalla facoltà ricevo una telefonata da mia madre, che si
trova a Montescaglioso, la mia città.
- Fil, non puoi immaginare cosa
sta succedendo qua! Un casino! Sta crollando tutto!
Un po’ titubante, chiedo maggiori
informazioni, ma ancora non riesco a realizzare l’entità della catastrofe che
mia madre mi sta descrivendo; piuttosto mi pare di assistere al racconto di un
film, o di un evento lontano anni luce dalla mia realtà.
Allungo il passo. Ho il respiro
corto. Sono ansiosa di arrivare a casa: ho bisogno di dare un senso alle parole
agghiaccianti di mia madre. Condivido un primo tenue allarmismo con la mia
coinquilina, ma non sono ancora realmente toccata.
- Non può essere la mia Monte! –
rifletto, rassicurandomi.
Sono a casa. Mi precipito in
camera, accendo il pc, accedo su FB.
Davanti ai miei occhi si apre un
sentiero buio e deserto verso un immenso senso di vuoto. Una sfilza di foto,
video, aggiornamenti di stato, pubblicazioni, avvisi. Non posso credere ai miei
occhi. No, non ci riesco proprio. Inizio a vedere qualche servizio su
SudItaliaVideo e Montescaglioso.Net: crolli, crepe, strutture che sprofondano,
distruzione, compaesani irrequieti, terrorizzati, disperati. Ma non basta: non
riesco a realizzare.
Telefono di nuovo alla mia
famiglia, come alla ricerca di una conferma. È sufficiente che mia madre
risponda al telefono; basta il suo “ Pronto?!” nervoso, preoccupato e un po’
malinconico a farmi percepire il sapore di quel devasto.
È tutto vero: purtroppo non si
tratta né di un film, né di un incubo: l’apocalissi sta davvero divorando la
mia bella città. E un senso di vuoto sta divorando la mia anima.
Quel vuoto poco a poco si
trasforma in una matassa di sentimenti confusi e violenti: inspiegabile a
parole l’emozione struggente di vedere la propria città cedere, riempirsi di
voragini, CROLLARE. Montescaglioso: “u paes mì”. La mia bella patria, gioiosa e
allegra. Il sereno punto di ritrovo di amici, famiglie, giovani, anziani, sparsi
nel mondo per il caotico fluire esistenziale.
La tana di sapori, musiche, profumi, ricordi, emozioni, unici, come la sensazionale atmosfera che avverto solo quando sono a casa, tra la mia gente, tra le mura della mia città. Come l’allegro e dolce sorriso dei montesi, quando tutti insieme si intona e si balla una cupa – cupa.
Montescaglioso: la mia oasi, in
un continuo e freddo flusso di persone, cose, luoghi. Il mio angolo di pace.
Montescaglioso: la città da cui molti sono fuggiti e ora non possono fare a
meno di tornarci ripetutamente, aspettando per 11 mesi la prossima estate o il
prossimo natale.
Montescaglioso: la città da cui
tutti, in fondo in fondo, vorremmo scappare via, ma alla fine nessuno lo fa,
semplicemente perché è Montescaglioso e l’amiamo. E tutti quelli che fuggono,
prima o poi ci tornano; sempre. O continuano a viverci con il cuore e l’anima.
Cala la notte. Una notte lunga e
interminabile, anche per me, che mi trovo a centinaia di km di distanza: è come
se fossi in empatia con ogni singolo montese, che sta passando la notte in
bianco per la paura, la desolazione o la rabbia. La raffica di immagini
continua: la situazione degenera minuto per minuto. E il tempo non passa mai.
Sono arrabbiata nera. La natura
non si ribellerebbe, se l’uomo non abusasse di lei, se l’uomo imparasse a
sentirsi parte di un universo di cui lui non è il centro, in modo tale da
generare una perfetta armonia; se l’uomo imparasse a sfruttare il “potere” per
CREARE, non per distruggere.
Troppa incompetenza e poca meritocrazia.
Indignata. Monte, come il resto
della Basilicata, sembra un fantasma. Non fa rumore il crollo di una città
invisibile.
E poi d’un tratto triste.
Mi abbandono ai ricordi: la Contrada 5 Bocche, l’area
colpita dalla frana, è la strada verso un sogno.
“Era un fresco pomeriggio di
primavera. Il sole stava tramontando: il cielo era tinto di tutte le più belle
sfumature che è in grado di sfoggiare. E io ero proprio lì su quella strada.
Sfrecciavo sul motorino con un mio amico. “Diary” degli Angels & Airwaves
correva come sottofondo. Eravamo due giovani spensierati fuori dal mondo e ci
tenevamo per mano. Cercavamo la felicità. Respiravamo libertà. Innanzi a noi
l’immensità del verde e del cielo. Era un sogno. Stavamo volando. Si: Volavamo!”
Non riesco a bloccare le lacrime.
Mi sembra così assurdo tutto ciò!
Passano infinite ore. Buio
totale. Non c’è pace; solo i libri sembrano consolarmi un po’. È tutto bloccato
in un vulcano che sta per esplodere.
Un bel mattino, appena apro gli
occhi, vedo la prorompente bellezza del sole irradiarsi nella mia cameretta. È
un nuovo giorno. Un inizio. Ogni volta che il sole torna a brillare dopo un
temporale, sembra più lucente e bello di prima. E ciò che occorre a
Montescaglioso: sbocciare dal fango, più bella e luminosa che mai, come un fior
di loto.
I danni sono immani, quelli agli
animi ancor di più. Ma ogni situazione, anche la più tremenda e catastrofica,
racchiude in sé un qualcosa di positivo. Occorrono solo un po’ di coraggio,
consapevolezza e forza per saper cogliere il fior di loto dal fango e lasciare
che questo irradi luce su tutta l’oscurità che lo circonda. Sia, questa
apocalisse, non l’apogeo di una situazione di precarietà, abbandono,
invisibilità, malgoverno, devasto, bensì un punto di partenza. Il punto da cui
iniziare a scalare la vetta per riportare il nostro gioiello nascosto a
brillare come non mai. Sia questa catastrofe un lume per tutti noi, montesi e
lucani, un input a rompere il silenzio, a porre fine a questa “violenza”, a
riprendere la Nostra Terra
dalle mani di chi l’ha ridotta ad una nullità. Sia un’occasione per cambiare
tutto, realmente; per trasformare tutte le parole di insoddisfazione, critica,
malcontento gettate così tra amici, conoscenti, familiari, in FATTI. Basta così
con l’era del vittimismo, dei pianti per una terra consegnata alle mani
sbagliate. Basta! Sia questa tragedia l’avvio per tutti noi di una nuova era,
un nuovo modo di essere lucani: consapevoli, senza paura, e DISPONIBILI al totale cambiamento di un sistema che ci ha
privato già di troppo.
È ora di gridare al mondo intero
chi siamo e quanto valiamo! È ora di prendere in mano le redini del destino
della nostra amata terra con sicurezza, coraggio e consapevolezza. È ora di
combattere: abbiamo già pianto abbastanza. Ciascuno parta da sé stesso:
trasformi l’indignazione e la disperazione in energia positiva per creare. E
poi tutti insieme, per far sbocciare il nostro fior di loto. Tutti insieme per
svelare la bellezza celata della nostra terra e far si che si irradi ovunque.
Io ho trasformato la mia rabbia e
tristezza in creatività; ho riempito il mio senso di vuoto con parole, ricordi,
emozioni. Adesso tocca ad ogni Lucano!
Filomena Locantore
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