Il blog del contenitore culturale Magic BlueRay vuole raggiungere un pubblico nato per raccontare, con la passione per la lettura e la scrittura, capace sempre di sognare con i libri.
venerdì 25 aprile 2014
venerdì 18 aprile 2014
"Confidenzialmente" Le interviste di Michela Zanarella
INTERVISTA A CARLA DE ANGELIS
Carla De Angelis è nata a Roma nell’ottobre del 1944. Nel 1962 ha
pubblicato i primi versi nella rivista internazionale «Pensiero ed Arte» e
collaborato all’antologia dedicata a Dante Alighieri nel VII centenario nella
nascita. Ha partecipato ad attività artistiche nel sociale, allestito mostre di
ceramica in varie librerie di Roma, al Museo del Folklore e alla mostra dei
Cento presepi che si svolge a Roma, in Piazza del Popolo, Sala del Bramante.
Nel 1995 il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro le ha conferito
l’onorificenza di “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana”. Poesie e
racconti sono presenti in diverse antologie edite da Perrone, Estroverso, David
& Matthaus, Limina Mentis, Delta 3, Pagine, Aletti che l’ha inserita nel
2009 nell’Antologia dei poeti italiani contemporanei. Con Fara ha pubblicato:
Salutami il mare (poesie), il libro dialogato con Stefano Martello Diversità
apparenti (i due libri sono risultati vincitori e finalisti in vari premi), sillogi
nelle antologie Il silenzio della poesia (2007), Poeti profetii (2008) e Chi
scrive ha fede? (2013). Sempre con Fara ha curato con Stefano Martello Il resto
(parziale) della storia e nel 2010 pubblica la raccolta poetica A dieci minuti
da Urano (anche questi due libri sono risultati vincitori in vari premi). Nel
2011 esce Mi vestirei di mare per i tipi di Progetto Cultura. Nel giugno 2012
ha curato con Brigitte Cordes Corviale cerca Poeti (edizioni youcanprint).
Collabora con la Biblioteca “Renato Nicolini” ex Corviale (Roma).
D – È uscito il tuo libro "I
giorni e le strade" edito da Fara Editore, perché questo titolo? Cosa è
racchiuso in questa nuova silloge?
R. Nella premessa del libro ho
scritto che questa raccolta non è a tema, ma racchiude le emozioni del giorno.
C’è nelle parole il desiderio di diminuire l’ansia e la preoccupazione degli
avvenimenti che mi hanno particolarmente colpito, come nella poesia dedicata a
tutte le guerre o a quella che ricorda gli sbarchi e le violenze. C’è anche la mia
storia, i giorni , il mio quotidiano la
gioia e la fatica di viverlo. Scrivere mi ha per un momento sollevato, solo un
momento perché poi la consapevolezza di
non potere operare concretamente per
risolvere mi immalinconisce.
Le strade, le scelte; le strade
scelte, ho scelto io o la vita? .
D - "Le stagioni
passano/immutato resta il tempo", qual è il tuo rapporto con il tempo?
R. Non è facile avere a che fare
con il tempo, spesso mi accorgo di sprecarlo, questo accade quando accendo il
pc e invece di fermarmi a cercare quello per cui l’ho acceso, “navigo” per ore
senza concludere.
La fatica più grande è quella di
vivere e gustare il presente; mi esercito da anni , ma i risultati spesso sono
deludenti; sono sempre con un passo nel passato e due nel futuro. Solo dopo mi accorgo quanto poco ho inciso
sulle cose essenziali, sulla mia
illusione di progresso. Insomma mi sembra di stare in un cerchio dove ritornano
le stesse cose anche se in modo diverso. Non faccio affidamento sui ricordi,
perché penso che il tempo li plasmi a nostro piacimento. Per esempio non farei mai una testimonianza sul
riconoscimento di una persona. Tutto questo è ovviamente il mio pensiero.
Ho molto rispetto non solo per il
mio tempo, ma anche per quello degli altri, ho imparato ad aspettare e ho compreso che ognuno di noi ha i suoi
tempi e lascio agli altri quanto occorre se io, per caso, ho capito prima di
loro.
Il mio rapporto con il tempo non
è di rimpianto, né di rincorsa a usarlo “bene” ogni istante è una opportunità
di vita, anche la noia ne fa parte e non la percepisco negativa.
D – Collabori attivamente con la
Biblioteca Renato Nicolini ex Corviale e conduci degli incontri di poesia, ci
vuoi parlare dell'attività che svolgi?
R.
La Biblioteca Renato Nicolini “ex Corviale” mi ha dato l’opportunità di parlare
di poesia. Ogni secondo mercoledì del mese si alternano poeti che ci offrono i
loro lavori e volentieri si rimettono alle domande e ai commenti del pubblico.
E’ interessante vedere come molte persone, giovani compresi amano avere tra le
mani la carta stampata, alcuni di loro scrivono su quaderni è quasi
commovente. L’obiettivo è quello di
dialogare con tutti e in special modo con il quartiere, sono sicura che
moltissime persone devono ancora acquistare fiducia per aprirsi; è il compito
di questi pomeriggi. Sono affiancata dagli attori della “Scuola di Arte della
Parola” diretta da Angelo Filippo Jannoni Sebastianini e Giovanna Moscetti
che ci offrono la lettura di poeti classici.
D – Cos'è la poesia per Carla De
Angelis?
R. E’ il modo migliore che ho per
esprimermi, è entrare in contatto con la gente, è trasmettere emozioni, suoni è
entrare in modo empatico nel mondo e
sperare che lo stesso accada a chi legge; la lettura e il commento degli
altri offre la possibilità di conoscermi
meglio.
La poesia è un dono, ma poeti si
diventa, è necessario approfondire attraverso
letture e studio per fare di un
testo una poesia.
D – Hai dedicato una poesia al
tuo gatto Oscar, ci racconti com'è nata?
R. E’ stato molto facile scrivere
di Oscar. Sapevo che gli animali quando sono vicino alla fine si nascondono,
nonostante ciò non ho capito che il mio Oscar si nascondeva per questo motivo e
lo cercavo in casa, trovandolo nei posti meno accessibili. Lo prendevo in
braccio e lo accarezzavo, poi una mattina, guardandomi, ha urlato un miagolio e
si è diretto verso la porta di uscita,
ho obbedito, ho aperto la porta e lui si è andato a morire sotto un
albero. E’ stato un grande dolore, questa mia poesia vuole essere un atto
riparatore e un ringraziamento per tutte
le volte che mi ha dormito accanto con il musetto sul palmo della mia mano, per
tutte le volte che mi ha accolto quando
tornavo a casa, il saluto più bello e disinteressato che io abbia mai avuto.
D – Nella raccolta ci sono
diverse dediche, mi ha colpito molto la poesia con cui hai omaggiato Franca
Rame. Cosa ti ha portato a scrivere questi versi?
R. Non amo scrivere poesia e
difficilmente riesco a farlo su tema dettato, ma questa volta quando il
Direttore della Biblioteca “Renato Nicolini” ex Corviale Antonio Trimarco mi ha proposto di scrivere un testo su Franca Rame, in
occasione di una serata dedicata a lei, non ho avuto tentennamenti, perché ho
conosciuto Franca
Rame, l’ho sempre seguita e ammirata per la sua lealtà e coraggio. Ancora oggi non dimentico le sue parole; la sua lettera di dimissioni da senatrice
sono un esempio di grande rispetto verso
se stessa e gli altri. Ha avuto il coraggio di vivere senza accettare
compromessi. Una vita, un esempio da seguire.
D – Prossimi impegni?
R. Terminato il lavoro presso la
pubblica amministrazione continuo a scrivere, a organizzare eventi oltre a
quelli in programma nella Biblioteca “Renato Nicolini” ex Corviale a maggio ci
sarà una bella presentazione in Campidoglio del libro “Pazziando” edito FARA;
sto imparando a suonare uno strumento e vorrei riprendere a modellare la creta,
forse sono solo sogni, ma senza sognare non so vivere.
Michela Zanarella
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martedì 15 aprile 2014
Scrittura creativa e dislessia
Qualche giorno fa eravamo in una classe per il
laboratorio di scrittura creativa e al termine, la conversazione con la
maestra, mi ha molto colpito. Mi ha detto che non aveva mai visto lavorare così
bene quei suoi tre bambini con DSA. Non li aveva mai visti sorridere come
sorridono quando ci siamo noi in classe, mai aveva visto quella mano alzata per
intervenire nel dibattito, mai si era immaginata quell’impegno nel dettato per
non perdersi nemmeno una parola della storia.
E mi sono chiesta: ma noi cosa abbiamo fatto di
così speciale? Si, perché quando si fa scrittura creativa con Dario Amadei
tutti sono entusiasti, tutti sono partecipi, nessuno rimane indietro, si isola
o si rattrista, anzi si vive un clima talmente esplosivo, che qualche volta è
difficile ritrovare l’ordine. Ma si tratta di caos creativo e non ci sono
problemi.
Quest’anno non è la prima volta che ci capita di
accomunare la scrittura creativa alla dislessia.
In un altro corso, una bambina ci ha confidato di
essere seguita perché non sa scrivere, ma con noi si diverte tanto a raccontare
storie e non ha paura di sbagliare le doppie; un ragazzo “che ha problemi” a
seguire e a “mantenere l’attenzione”, come ci dice un’altra insegnante, è
talmente preso dalla scrittura creativa che per due ore non si alza dalla
sedia, interviene alzando la mano, aspetta il suo turno mentre ascolta i
compagni e poi ogni settimana viene con una storia tutta sua, scritta a casa,
per regalarla a Dario.
E allora il pensiero che a Dario frulla da anni in
testa, forse non è poi così tanto un’utopia. Anzi, ne siamo proprio convinti:
la scrittura creativa è un’arteterapia che dovrebbe diventare “materia
didattica” accanto alla grammatica, alla storia e alla geografia.
Imparare a far fluire le idee in maniera spontanea,
ascoltare e far proprio il pensiero degli altri verso un traguardo comune,
sentirsi i protagonisti di quanto si sta realizzando, allargare i propri
orizzonti, relazionarsi con i compagni
senza sentirsi giudicati, sono tutte proprietà della scrittura creativa che
sviluppano e arricchiscono la crescita personale della persona.
La scrittura creativa abbatte le barriere della
diversità e come ci insegnano la talpa Moletta di Edizioni Angolo Manzoni, casa
editrice torinese che fa leggere ad alta leggibilità e il bellissimo libro di
Pasquale De Caria, “Il vicolo delle lettere ribelli”, di Edizioni Graphofeel, quello
che bisogna curare sono i pregiudizi e l’ignoranza di una società che spesso
non sa includere, ma solo allontanare.
Elena Sbaraglia
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lunedì 14 aprile 2014
Voci di quartiere
"Il ponte dei sospiri" di Alfredo Tagliavia
Confesso: mi piace fare lunghe
passeggiate da solo, specie la domenica mattina, se profuma di anticipo di
primavera, spesso scelgo percorsi già noti, forse per marcare il territorio
come gli animali randagi, o almeno luoghi di cui ho sentito già parlare tante
volte, per trasformare l’immaginazione in realtà, avere la giusta misura dei pensieri
in libertà. A volte, confesso, camminando per il mio quartiere, avvistando in
lontananza qualche conoscente, cambio rapidamente marciapiede, lo faccio ben
prima che lui possa accorgersene, non per antipatia, solo perché non mi va di
interrompere il vortice dei pensieri che ispira la passeggiata, non scambiarlo
con i convenevoli più o meno formali di un incontro casuale della domenica, e le vecchie melodie mi aiutano sempre tanto,
confesso…
Per
il “Ponte dei Sospiri” (per ora non si svela il mistero del nome) si parte da
una piazzetta, confesso che è famosa solo perché ha un nome ben più importante
di lei, oltre che per un negozio che sforna dolci e pizze a tutte le ore, da lì
s’imbocca una discesa, il panorama già cambia, chi lavora con i suoni se ne
accorge per il passaggio dal rumore al silenzio: sprazzi di campagna non addomesticata
si aprono a destra e manca, il panorama diventa un po’ brullo, selvaggio, le
macchine passano assai rare, il loro rumore è via via sostituito dal
cicaleccio, il ronzio delle prime api che escono a primavera, il sole si fa più
forte, gli spazi d’ombra radi. Ormai siamo già in un’altra piazzetta, al termine
della discesa, una ex borgata costruita quasi sul livello del fiume: trent’anni
fa confesso che qui giravano tipi poco raccomandabili, ragazzi di strada, oggi
non è più così, se ne apprezza la tranquillità, prima c’era un grande spiazzale
di terra battuta in mezzo all’erba, l’ideale per giocare a pallone, io ed i
miei amici il sabato pomeriggio ci andavamo, c’erano un bel po’ di siringhe in
terra, a volte arrivava un tipo che faceva paura, i grandi ci dicevano che era
una persona pericolosa, violenta, in realtà era solo un poveretto, noi però a quell’epoca
credevamo ai grandi, scappavamo o ci nascondevamo dentro i cancelli aperti dei
garage, poi facevamo capolino pian piano. Dalla piazzetta parte una breve
traversa e s’incrocia il “Chilometro”, una strada lunga e stretta, non ci passa
un’anima, a parte qualche ciclista che va a rilento: anche questa è un’altra
strada che non porta da nessuna parte, Martino Testadura l’avrà certamente
percorsa qualche volta. Proseguendo verso sinistra si vedono solo piccoli
cespugli di erba brulla da entrambi i lati, muriccioli bucati dai quali escono
fiotti di lucertole velocissime, confesso che quando mi camminano quasi sui
piedi mi mettono sempre allegria, non so perché, sarà forse la loro velocità
vitale, oggi però non si gira a sinistra, si continua dritto per dritto e ce lo
si trova proprio davanti, eccolo lì, in tutta la sua inutile imponenza, il
“Ponte dei Sospiri”. Lo fecero chiudere, poi lo hanno riaperto, una quindicina
d’anni fa, riuscendo a renderlo un po’ più stabile, come non si sa. Sotto al
ponte passa una ferrovia, sembra quella di un piccolo paese di campagna,
accanto ai binari del treno una piccola fattoria in miniatura, una casetta
colonica a due piani, i panni sempre stesi ad asciugare in giardino, un orto
con tanto di agrumeti, galline e animali da cortile, due cani che abbaiano e
fanno la guardia, non si sa bene a cosa, a volte abbaiano al sole, altre volte
al passante, quello dal pelo più chiaro spesso si arrampica fino all’estremità
della sferragliata del ponte, confesso che quando fa così mi fa sobbalzare di
spavento. Sull’altro lato del Ponte dei Sospiri – e qui confesso: si svela il
mistero del nome – c’è quasi sempre qualcuno fermo, lo sguardo fisso immobile
all’orizzonte (sfrecciare di macchine di un vialone di periferia), quasi sempre
ha grossi bustoni pieni di cianfrusaglie assortite, come chi è venuto da molto
lontano trascinandosi un gran peso appresso, quasi sempre non è italiano, sospira
strane litanie in un dialetto indecifrabile, a volte accenna un lieve canto
dolente, poi riprende a fatica i suoi bustoni, si rimette in movimento, una
volta finito il rituale dei sospiri al panorama. Confesso che per uno scrittore
(o scrivente) è sempre sconveniente citare nomi di luoghi o persone non
puramente casuali, l’immaginazione dovrebbe essere fervida, la fantasia volare,
ma in questo e solo in questo caso si farà un’eccezione, il luogo che si
avvista dal Ponte, davanti al quale ci s’imbatte, scese le scale, attraversato
il vialone periferico di macchine, è così unico e particolare da dover venire
nominato senz’altri giri di parole: la Chiesa di Santa Passera.
La Chiesa è una
costruzione di milletrecento anni fa, una casupola in legno, poco più di venti
metri, due scalette d’accesso, un luogo di culto sempre chiuso, tranne la
domenica a quest’ora, quando le due piccole campane sul comignolo si svegliano
da un sonno millenario, iniziano a suonare dopo chissà quanto tempo, le
porticine si aprono. La Messa scivola via veloce, non desta molto l’attenzione,
sono più catturato dalla vista di uno scenario sempre immaginato e mai visto,
il soffitto tipicamente medievale, romanico credo (ma di queste cose non me ne
intendo, confesso), l’anticamera se possibile ancora più spoglia della
chiesetta, colori scuri e ingialliti. Devo aver letto da qualche parte che c’è
un piano inferiore con una cripta, e un altro piano sotterraneo, ma qui di
tutto questo non si vede neanche l’ombra, forse dovrei partecipare ad una
visita guidata… per dove sarà la via degli inferi? Alla fine della Messa la
chiesa si è riempita, una trentina di persone al massimo, tutte di una certa età:
confesso che accade spesso di trovarmi in mezzo a persone col doppio dei miei
anni o anche più, quando di domenica me ne vado alla ricerca di luoghi
sconosciuti, anche se non capisco perché non ci siano quasi mai giovani, è così
bello vagare senza meta immaginando una città che non c’è più (o forse non c’è
mai stata). Oggi poi ho camminato ben poco, da casa mia dodici minuti di buon
passo cronometrati, per ritrovarmi in questo mondo altro di altri tempi.
All’uscita della chiesa il sole si è fatto più forte, comincia a far caldo in
questo preambolo di primavera, si assiste ad una scena incredibile. Mentre
un’allegra famigliola – circa trenta persone ben pettinate e vestite a festa –
aspetta con pazienza che l’assemblea esca per prepararsi al battesimo di un
nuovo venuto, spunta fuori dai rovi, solo qualche metro più in giù, una donna
dall’aspetto assente ma sorridente, i capelli spettinati sul bel viso in
evidenza, veste solo i pantaloni, sopra è completamente nuda, si copre i seni
con i lunghi capelli ondeggianti al vento, il frastuono familiare per qualche
lungo secondo diventa silenzio, imbarazzo evidente, la donna passa in mezzo
alla folla così com’è, nuda, fa un cenno al taxi che sta arrivando a Vicolo di
Santa Passera, sorride con naturalezza, entra dentro l’automobile con il mondo
attonito intorno – e anch’io, confesso. Forse era una prostituta, forse un
transessuale, non so, mi ha fatto ricordare che il Vangelo della domenica
ascoltato distrattamente era quello della Trasfigurazione, così ho preferito
pensare che fosse un’apparizione, un’immagine antica spuntata fuori dal tempo,
magari si nascondeva dentro la chiesa da almeno mille anni, chi lo sa. E poi,
anche se fosse stata una prostituta o un trans, Gesù non sarebbe rimasto in
silenzio di fronte a lei, non avrebbe provato imbarazzo per la sua nudità, ci
si sarebbe messo a parlare sicuramente, forse anche a ridere o scherzare, chi
lo sa, magari ci sarebbe pure salito su quel taxi – o forse è solo che mi piace
pensare così, confesso. Adesso mi sento un po’ stordito dalle emozioni, sento
proprio il bisogno di tornare a casa e di farlo in fretta, sarà che la Sindrome
di Stendhal prende anche nei luoghi dove si è sempre vissuto? confesso che non
ho altre spiegazioni plausibili. Dalla Magliana ai Grottoni a piedi è un
attimo, la salita è ripida però, sembra quasi di non camminare né avanti né
indietro, fortuna che di macchine ne passano pochissime, s’incrocia solo
qualche ciclista della domenica sul lato opposto, discesa libera. Sul lato
destro c’è uno dei prati più grandi del quartiere, è lo stesso che si vede dal
balcone di casa mia, sono trent’anni che i politici locali lo dicono, su quel
campo brullo ci costruiranno splendidi campi da tennis,da golf, parchi pubblici,belle
panchine, ma è sempre rimasto tale e quale e confesso, la cosa non mi dispiace.
Devo passare ancora davanti a un ipermercato, è aperto, fuori c’è sempre uno
straniero, un omone alto e grosso che chiede l’elemosina, una rassegnazione che
stona con la sua imponente figura, anche lui sospira sempre qualcosa, vorrei
consigliargli di trasferirsi al Ponte dei Sospiri, magari gli porterebbe
fortuna, chi lo sa… Quanti “sospiratori” come lui ho incontrato soltanto
stamattina?, confesso, non le ho contate ma sono tanti, cinque, sei o sette
persone davanti alle quali lo sguardo si ritrae, un po’ si nasconde, e non va
bene. Voglio andare a casa, la domenica a quest’ora sento il bisogno di mettere
su un po’ di vecchio jazz, o di bossanova suonata dalle big band degli anni
Sessanta: dopo un sogno lungo un intero quartiere è ora di riaccostarsi alla
realtà.
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domenica 13 aprile 2014
Let it Lok: Primavera
La mia stagione preferita è
finalmente arrivata. Non è magica la Primavera ? Con i suoi colori, i suoi profumi, le
sue melodie. Il tepore del Sole, dopo mesi di incertezza, diventa sempre più
sicuro e avvolgente. La natura canta, è gioiosa: si veste di splendenti fiori
dai colori più svariati, vivaci e intensissimi; danza a ritmo di cinguettii e
schiamazzi di bambini spensierati. L’esistenza è più allegra: la gente sorride
di più, perché è sufficiente l’affascinante magnificenza del Sole ad attenuare
una “cattiva” giornata, a trasformare, rivoluzionare, rinnovare.
La parola primavera deriva dal
latino [primo], che naturalmente significa “inizio”: e cosa è più elettrizzante
ed emozionante di un inizio? Quando tutto è ancora da scoprire, da assaporare,
da vivere: tutte le più belle e forti emozioni pervadono l’anima,
risvegliandone persino la più tenebrosa e infima essenza. Una nascita. La fine,
comporta sempre un po’ di amarezza, tristezza, malinconia, e persino
disperazione, o follia. L’unico aspetto positivo di una fine è essere
consapevoli che al 100% ci sarà la possibilità di un nuovo inizio, sempre e
comunque, nell’interminabile ciclo della vita.
Il morfema [ver], invece, deriva
da una radice indoeuropea e significa “splendente, ardente”.
Dunque, l’etimologia cela in sé
il segreto della magia della bella stagione. La Primavera è inizio,
inizio di splendore. Per tutto e tutti. Per l’intera esistenza.
Io sono profondamente affascinata
dall’incanto primaverile: mi ha sempre portato buone novelle; anche cattive,
che nel tempo sono diventate persino più squisite delle buone. In primavera
sono nati entrambi i miei genitori, coloro ai quali devo la più immensa
gratitudine per avermi dato l’opportunità di contemplare la bellezza della
vita. Era maggio quando nacque la mia sorellina, un piccolo batuffolo con le
labbra a cuoricino, che stravolse la mia infanzia: una delle sorprese più
fantastiche che la vita potesse riservarmi. Era aprile quando iniziò la mia
prima vera storia d’amore: avevo 15 anni, lui 16. Era un tiepido pomeriggio
primaverile, il sole al tramonto conferiva un’atmosfera troppo fiabesca e noi
due ragazzetti ci baciammo timidamente, nascosti in un angolo vicino casa mia,
proprio mentre mio nonno passava di lì col suo pandino verde. Conoscevamo
ancora poco della vita e per questo eravamo teneramente spensierati.
Era fine marzo quando intrapresi
il mio primo viaggio all’estero, insieme alla mia classe: indimenticabile gita
a Praga. Fu la prima volta che sperimentai una sensazione, o meglio uno stato
dell’essere, di cui avevo sempre sentito parlare e di cui avevo letto in
numerose occasioni nei romanzi o nei libri di storia, qualcosa di
indiscutibilmente supremo: la libertà. Avevo appena compiuto 18 anni: era ora
di iniziare a familiarizzare maggiormente con questo astratto concetto,
trasformandolo in qualcosa di più, per esempio un ideale di vita. Da allora
diedi avvio ad una fase totalmente nuova della mia esistenza: mi costò caro,
carissimo. Ma era l’unica via per raggiungere la gioia di conoscermi un po’
meglio ed essere un po’ più me stessa, e non quello che gli altri si
aspettassero che io fossi.
Era primavera, l’anno scorso,
quando decisi di scrollarmi definitivamente di dosso tutti i residui del
rancore, la disperazione, la tristezza, l’inquietudine, l’ansia che
appartenevano ormai ad una fase passata. Il mio migliore amico, mi prese per
mano, mi guardò negli occhi e proferì: “Sorridi. Devi sorridere: la vita è una,
la gioventù è fuggente. Non ne vale la pena perdersi questo miracolo,
aggrappandosi ai fardelli del passato. Metabolizza, espelli e vai avanti.
Intrepida come la più imponente delle navi. Senza paura. E sorridi! Sempre!” E poi
mi abbracciò forte.
Da allora trascorro la maggior
parte sorridendo e ridendo, persino a crepapelle. Certo, i momenti di tristezza
non mancano, ma dopo riesco sempre a sorridere. E vado avanti, intrepida come
la famosa nave.
Anche la Primavera 2014 sta
andando, e già rilascia i suoi primi doni. Momenti di singolare felicità,
estasi. Tanto per cominciare ho riscoperto l’ebbrezza del respiro, e se poi
questi sono due e procedono all’unisono, il paradiso è molto più vicino:
semplicemente da brivido. Evadere dalla monotonia quotidiana verso le spiagge
salentine, fuggire controvento verso la meta della spensieratezza, e perdersi
in un mondo completamente a parte, lontano da qualsiasi complicazione, dubbio,
ansia. In riva al mare tutto ha un suono differente, e l’eternità di
quell’istante non appare un’idea irrealizzabile. Poi arriva l’inaspettata
novità, e tutto prende una piega differente, ma l’ardore della Primavera non
cessa.
È Primavera qui e ora. Smuovetevi
dai divani, dai social network, dalla tecnologia nera; uscite, andate a
passeggiare, in un parco, in riva al mare, in una campagna. Lasciatevi affascinare
dalla magia primaverile. Correte a dare INIZIO al vostro SPLENDORE!
Filomena Lok Locantore
venerdì 11 aprile 2014
Seminario di scrittura creativa Step by step a Nettuno
Preparatevi ad un evento davvero suggestivo!
Nella cornice del Forte Sangallo di Nettuno, nella Sala Sigilli, con il mare che ci osserva nella sua maestosità, il prossimo 19 agosto alle ore 16.30, nell'ambito del NettunoPhotoFestival, Magic BlueRay terrà un workshop di scrittura creativa sulla tecnica Step by step di Dario Amadei.
Nella cornice del Forte Sangallo di Nettuno, nella Sala Sigilli, con il mare che ci osserva nella sua maestosità, il prossimo 19 agosto alle ore 16.30, nell'ambito del NettunoPhotoFestival, Magic BlueRay terrà un workshop di scrittura creativa sulla tecnica Step by step di Dario Amadei.
La partecipazione è gratuita ma è necessario prenotare.
Per info clicca qui
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venerdì 4 aprile 2014
Dislessia: Da KO a OK! Il font ad alta leggibilità EasyReading
Sono dislessico e collaboratore editoriale. Binomio
impossibile? Assolutamente no. Le case editrici si sono presto accorte che un
collaboratore dislessico è un’opportunità. Perché quello che va bene per
un dislessico va benissimo per tutti i lettori.
di Massimo Rondi
pubblicato su State of Mind
Avete mai pensato che allo specchio le lettere KO
diventano esattamente il contrario?
OK
Mi viene in mente che
Leonardo da Vinci (mancino e dislessico) era capace di scrivere al contrario,
da destra verso sinistra e dall’ultima pagina verso quella iniziale (“Storiedi normale dislessia” di Rossella Grenci e Daniele Zanoni).
La scrittura è una
convenzione recente per il nostro cervello. Non è intuitiva neppure la
“direzione”, da sinistra a destra o da destra a sinistra.
E il modo di leggere
“dislessico” potrebbe essere giusto in un altro sistema di scrittura.
Secondo le stime più
recenti la dislessia oggi interessa almeno il 10% della popolazione mondiale,
ovvero circa 700 milioni di persone. E la dislessia può apparire sotto molte e
diverse forme, rendendo difficile la diagnosi quando il problema si manifesta.
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