“La differenza tra avere e essere non è un’alternativa che si imponga
al comune buon senso. Sembrerebbe che l’avere costituisca una normale funzione
della nostra esistenza, nel senso che,per vivere,dobbiamo avere oggetti.
Inoltre, dobbiamo avere cose per poterne godere. In una cultura dove la meta
suprema sia l’avere, come può esserci un’alternativa tra avere ed essere? Si
direbbe, al contrario, che l’essenza dell’essere sia l’avere; che, se uno non
ha nulla, non è nulla.”
(“Essere o Avere”- Erich Fromm)
Ho scelto questo breve passaggio
dal saggio di Erich Fromm per introdurvi a uno dei principali fattori, in mia
opinione, causa della profonda crisi individuale e spirituale che l’umanità sta
attraversando. Una delle bestie più temibili, che sta divorando ogni singolo
individuo, lentamente, silenziosamente o meno. Il male: il male che ci sta
privando, inconsciamente, della quintessenza della vita.
La nostra società vive
l’illusione del lusso a tutti costi. L’unica frenesia possibile per ogni
individuo sembra essere proprio di primeggiare come consumatore e l’ideologia
consumistica sembra fermare paradossalmente, ogni progresso. La vita si annulla
nel bisogno cronico di acquistare continuamente nuovi beni e nuovi servizi con
scarso riguardo all’effettiva necessità che si ha di essi, alla loro durata,
alla loro origine o alle conseguenze ambientali della loro produzione e
smaltimento. Il consumismo è dovuto ad ingenti somme spese in pubblicità con lo
scopo di creare sia il desiderio di seguire una moda, un trend, sia il
conseguente sistema di auto-compiacimento che ne deriva. Il materialismo è uno
dei risultati finali del consumismo. Siamo ormai abituati a non vedere il
consumismo interferire nelle nostre scelte o nella nostra vita sociale,
rimpiazzando i bisogni dettati dal buon senso, sostituendo la necessità di una
famiglia stabile, di una vita in comunità e di sane relazioni umane con un
artificiale ed insaziabile ricerca di denaro necessario a comprare sempre più
cose, per lo più inutili, che siamo stati portati a desiderare. Cose progettate
per non durare, o per passare di moda in tempi sempre più brevi.
Già Marx aveva individuato nel
capitalismo una tendenza al consumo che aveva chiamato feticismo della merce,
però per vedere il consumismo come fenomeno di massa bisognerà aspettare circa
un secolo.
Infatti è nel secondo dopoguerra
che questa tendenza prende il sopravvento, modificando radicalmente la vita
socio-economica e lo stampo culturale del mondo Occidentale. Com’è risaputo
nella seconda metà del 900 nei paesi industrializzati le condizioni di vita
migliorarono enormemente, grazie ad un vertiginoso aumento della produzione mondiale.
Tale sviluppo si presentò in particolare negli Stati Uniti, usciti
“fortificati” dal conflitto mondiale, permettendo alla loro economia di
assumere una posizione dominante. Questo benessere rese possibile un grande
aumento dei consumi privati in tutti gli strati sociali, tale da provocare
l’esplosione dei consumi di massa, grazie alle innovazioni tecnologiche,
all’immissione sul mercato di nuovi prodotti (es. la televisione), a nuove ed
efficaci forme di vendita (es. la vendita a rate) e l’aumento di occupazione e
retribuzioni, fattori che permisero lo sviluppo e l’affermarsi della società
dei consumi.
Ciò comportò conseguenze
economiche quali per esempio, l’aumento della domanda, e a sua volta
dell’offerta, e quindi della produzione e dei profitti, l’esigenza della
pubblicità e delle ricerche di mercato e infine, la commercializzazione, la
comunicazione e la distribuzione grazie anche alla crescente diffusione dei
mezzi di comunicazione di massa. Dal punto di vista sociale e culturale il
concetto di consumo era legato sia alla disponibilità di un reddito, sia alla
volontà di spenderlo, totalmente o in parte: questo è l’aspetto che più
colpisce del mutamento della mentalità sociale. Difatti, fino a quel momento, i
valori più diffusi erano stati la parsimonia e la frugalità! Con la società di
consumi, invece, non esisteva più distinzione tra bisogni primari e secondari,
e, grazie all’influenza della pubblicità, una nuova categoria era stata
introdotta, quella dei bisogni indotti.
Volendo penetrare ancora più in
profondità, le vere origini del “male odierno” sono attribuibili ad Edward
Bernays, un nipote americano di Sigmund Freud, il quale utilizzò alcune teorie
sviluppate dallo zio sugli esseri umani per riuscire a controllare e manipolare
le masse in tempo di pace e di democrazia (o presunta tale). Di ritorno da una
conferenza di pace tenutasi a Parigi nel 1926, infatti, Bernays si rese conto
che se la propaganda era riuscita ad ottenere tali livelli di consenso in tempo
di guerra in Europa, sicuramente poteva farlo anche in America in tempo di
pace. Egli fu il primo a mostrare alle corporations americane come creare nella
gente il bisogno di cose di cui non avevano bisogno, semplicemente facendo in
modo di associare le merci di consumo di massa ai loro desideri inconsci,
soddisfacendo o facendo credere di soddisfare i loro più reconditi ed egoistici
desideri, così da renderli “felici” e, quindi, mansueti. Insomma, l’inizio
dell’era consumistica, oggi più dominante che mai, può essere considerata
figlia del “dispotismo” e “nipote” della psicoanalisi. Il trarre profitto dalla
manipolazione mediatica dell’opinione pubblica è stata studiata a tavolino. Del
resto è strana l’idea che da un giorno all’altro si possa essere diventati
tutti dei convinti consumisti.
Inutile stupirci, piangerci
addosso, imprecare contro chi ci ha reso schiavi di un contorto sistema.
Perché, piuttosto, non iniziare
un percorso inverso e disintossicarsi da questo malvagio virus che ci ruba
l’essenza vitale?
Senza utopiche ambizioni di rivoluzionare
il sistema sociale, ma semplicemente a partire dall’idea di rivoluzionare noi
stessi, un passo alla volta. In primis prendere atto della situazione a cui
siamo costretti: guadagnare per vivere, o meglio, consacrare la vita alla
ricerca del denaro: accantonare le nostre attitudini, le nostre passioni, le
nostre libertà in nome di un dio fatto di metallo e carta filigrana. Siamo
pronti a tutto: rubare, ingannare il prossimo, picchiare, persino uccidere pur
di ottenere denaro. Per cosa? Comprare, comprare, comprare e ancora comprare:
riempirci fino a soffocare, di effimeri beni a cui è vincolata la nostra
felicità. E poi lamentarci, incessantemente di una vita che non ci rispecchia,
una vita che è l’esatto contrario di quella che desideriamo. La vita contiene
già nel suo splendido mistero tutto ciò di cui abbiamo bisogno per essere
felici. Semplicemente non ne siamo consapevoli: ci ostiniamo a preferire delle
effimere insegne. Riflettete, meditate: quante volte avete toccato il basso per
il denaro? Quante? Immagino innumerevoli. Ma niente paura: cambiare è
possibile! Non vi dico di abbandonare completamente la vita materiale per dedicarvi
a una vita ascetica, di digiuno e sacrificio; il mio è semplicemente un invito
a non rendere la ricerca di denaro il vostro primario scopo di vita: vi
perdereste il bello di vivere!
Filomena Locantore
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