sabato 18 gennaio 2014

Let it Lok: "Il consumismo: le origini del male"

“La differenza tra avere e essere non è un’alternativa che si imponga al comune buon senso. Sembrerebbe che l’avere costituisca una normale funzione della nostra esistenza, nel senso che,per vivere,dobbiamo avere oggetti. Inoltre, dobbiamo avere cose per poterne godere. In una cultura dove la meta suprema sia l’avere, come può esserci un’alternativa tra avere ed essere? Si direbbe, al contrario, che l’essenza dell’essere sia l’avere; che, se uno non ha nulla, non è nulla.”
(“Essere o Avere”- Erich Fromm)

Ho scelto questo breve passaggio dal saggio di Erich Fromm per introdurvi a uno dei principali fattori, in mia opinione, causa della profonda crisi individuale e spirituale che l’umanità sta attraversando. Una delle bestie più temibili, che sta divorando ogni singolo individuo, lentamente, silenziosamente o meno. Il male: il male che ci sta privando, inconsciamente, della quintessenza della vita.
La nostra società vive l’illusione del lusso a tutti costi. L’unica frenesia possibile per ogni individuo sembra essere proprio di primeggiare come consumatore e l’ideologia consumistica sembra fermare paradossalmente, ogni progresso. La vita si annulla nel bisogno cronico di acquistare continuamente nuovi beni e nuovi servizi con scarso riguardo all’effettiva necessità che si ha di essi, alla loro durata, alla loro origine o alle conseguenze ambientali della loro produzione e smaltimento. Il consumismo è dovuto ad ingenti somme spese in pubblicità con lo scopo di creare sia il desiderio di seguire una moda, un trend, sia il conseguente sistema di auto-compiacimento che ne deriva. Il materialismo è uno dei risultati finali del consumismo. Siamo ormai abituati a non vedere il consumismo interferire nelle nostre scelte o nella nostra vita sociale, rimpiazzando i bisogni dettati dal buon senso, sostituendo la necessità di una famiglia stabile, di una vita in comunità e di sane relazioni umane con un artificiale ed insaziabile ricerca di denaro necessario a comprare sempre più cose, per lo più inutili, che siamo stati portati a desiderare. Cose progettate per non durare, o per passare di moda in tempi sempre più brevi.


Ma quando ebbe origine questo meccanismo perverso, che non fa che allontanarci dalla Vita?
Già Marx aveva individuato nel capitalismo una tendenza al consumo che aveva chiamato feticismo della merce, però per vedere il consumismo come fenomeno di massa bisognerà aspettare circa un secolo.
Infatti è nel secondo dopoguerra che questa tendenza prende il sopravvento, modificando radicalmente la vita socio-economica e lo stampo culturale del mondo Occidentale. Com’è risaputo nella seconda metà del 900 nei paesi industrializzati le condizioni di vita migliorarono enormemente, grazie ad un vertiginoso aumento della produzione mondiale. Tale sviluppo si presentò in particolare negli Stati Uniti, usciti “fortificati” dal conflitto mondiale, permettendo alla loro economia di assumere una posizione dominante. Questo benessere rese possibile un grande aumento dei consumi privati in tutti gli strati sociali, tale da provocare l’esplosione dei consumi di massa, grazie alle innovazioni tecnologiche, all’immissione sul mercato di nuovi prodotti (es. la televisione), a nuove ed efficaci forme di vendita (es. la vendita a rate) e l’aumento di occupazione e retribuzioni, fattori che permisero lo sviluppo e l’affermarsi della società dei consumi.
Ciò comportò conseguenze economiche quali per esempio, l’aumento della domanda, e a sua volta dell’offerta, e quindi della produzione e dei profitti, l’esigenza della pubblicità e delle ricerche di mercato e infine, la commercializzazione, la comunicazione e la distribuzione grazie anche alla crescente diffusione dei mezzi di comunicazione di massa. Dal punto di vista sociale e culturale il concetto di consumo era legato sia alla disponibilità di un reddito, sia alla volontà di spenderlo, totalmente o in parte: questo è l’aspetto che più colpisce del mutamento della mentalità sociale. Difatti, fino a quel momento, i valori più diffusi erano stati la parsimonia e la frugalità! Con la società di consumi, invece, non esisteva più distinzione tra bisogni primari e secondari, e, grazie all’influenza della pubblicità, una nuova categoria era stata introdotta, quella dei bisogni indotti.
Volendo penetrare ancora più in profondità, le vere origini del “male odierno” sono attribuibili ad Edward Bernays, un nipote americano di Sigmund Freud, il quale utilizzò alcune teorie sviluppate dallo zio sugli esseri umani per riuscire a controllare e manipolare le masse in tempo di pace e di democrazia (o presunta tale). Di ritorno da una conferenza di pace tenutasi a Parigi nel 1926, infatti, Bernays si rese conto che se la propaganda era riuscita ad ottenere tali livelli di consenso in tempo di guerra in Europa, sicuramente poteva farlo anche in America in tempo di pace. Egli fu il primo a mostrare alle corporations americane come creare nella gente il bisogno di cose di cui non avevano bisogno, semplicemente facendo in modo di associare le merci di consumo di massa ai loro desideri inconsci, soddisfacendo o facendo credere di soddisfare i loro più reconditi ed egoistici desideri, così da renderli “felici” e, quindi, mansueti. Insomma, l’inizio dell’era consumistica, oggi più dominante che mai, può essere considerata figlia del “dispotismo” e “nipote” della psicoanalisi. Il trarre profitto dalla manipolazione mediatica dell’opinione pubblica è stata studiata a tavolino. Del resto è strana l’idea che da un giorno all’altro si possa essere diventati tutti dei convinti consumisti.

Inutile stupirci, piangerci addosso, imprecare contro chi ci ha reso schiavi di un contorto sistema.
Perché, piuttosto, non iniziare un percorso inverso e disintossicarsi da questo malvagio virus che ci ruba l’essenza vitale?

Senza utopiche ambizioni di rivoluzionare il sistema sociale, ma semplicemente a partire dall’idea di rivoluzionare noi stessi, un passo alla volta. In primis prendere atto della situazione a cui siamo costretti: guadagnare per vivere, o meglio, consacrare la vita alla ricerca del denaro: accantonare le nostre attitudini, le nostre passioni, le nostre libertà in nome di un dio fatto di metallo e carta filigrana. Siamo pronti a tutto: rubare, ingannare il prossimo, picchiare, persino uccidere pur di ottenere denaro. Per cosa? Comprare, comprare, comprare e ancora comprare: riempirci fino a soffocare, di effimeri beni a cui è vincolata la nostra felicità. E poi lamentarci, incessantemente di una vita che non ci rispecchia, una vita che è l’esatto contrario di quella che desideriamo. La vita contiene già nel suo splendido mistero tutto ciò di cui abbiamo bisogno per essere felici. Semplicemente non ne siamo consapevoli: ci ostiniamo a preferire delle effimere insegne. Riflettete, meditate: quante volte avete toccato il basso per il denaro? Quante? Immagino innumerevoli. Ma niente paura: cambiare è possibile! Non vi dico di abbandonare completamente la vita materiale per dedicarvi a una vita ascetica, di digiuno e sacrificio; il mio è semplicemente un invito a non rendere la ricerca di denaro il vostro primario scopo di vita: vi perdereste il bello di vivere!

Filomena Locantore

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