Il risveglio di Oirad
Il suono insistente del telefono svegliò Oirad che stava
sognando in bianco e nero come gli capitava di fare da quando la sua mente era
avvolta da una nebbia benzodiazepinica.
- Pronto ma chi è a
quest’ora? – sussurrò mentre avvertiva distintamente che la sua diastolica stava
superando allegramente il livello di guardia sotto il quale l’aveva appena
faticosamente ricacciata.
Ma chi poteva essere, se non la stessa voce gracchiante che
lo aveva perseguitato anche la sera prima al momento di andare a dormire e lo
perseguitava in ogni istante della sua vita?
Oirad sapeva che quella voce non esisteva veramente, era una
specie di mostro mitologico, un Minotauro che nasceva nel profondo del suo
inconscio e gli azzannava dolorosamente l’anima.
- Devi liberartene! – gli ripeteva sempre il professor
Avenarius – È una lotta all’ultimo sangue, devi renderti conto che non potete
sopravvivere entrambi, ormai devi scegliere tra te e lei.
Ma Oirad non aveva la forza di reagire e così anche quella
mattina, come ogni mattina la voce lo stava massacrando, inondandolo di frasi
sconnesse che era impossibile ricomporre in un discorso minimamente sensato…
- Male forte, terribile, tu non capisci… dolore
irresistibile… - biascicava la voce come un vecchio vinile graffiato che basculava
orrendamente senza rompersi mai.
Oirad sentiva un cerchio d’acciaio, una specie di garrota
che gli stringeva le tempie, sempre più forte costringendolo ad urlare anche se
dalla sua bocca spalancata non riusciva ormai ad uscire alcun suono.
Disperato afferrò la boccetta dello Stranzepam, deciso ad
ingollare l’ennesima compressa, l’unica che forse avrebbe potuto dargli un po’
di temporaneo sollievo, ma quando alzò lo sguardo per un attimo, vide il
Brancico che fluttuava in aria davanti a lui e sembrava chiamarlo.
Il nostro eroico amico senza pensarci un attimo lo strinse
tra le mani, lo azionò e si lasciò avvolgere dalla luce calda che si
sprigionava da quello strumento meraviglioso.
Immediatamente la voce svanì nel silenzio e Oirad si ritrovò
sulla riva di quel mare che sapeva cullarlo dolcemente ed era l’unico luogo dove
riusciva ad essere se stesso.
Dario Amadei
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